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Il linguaggio per l'eternità.

Creato il 14 marzo 2012 da Blogdispiccioli @blogdispiccioli

Il linguaggio per l'eternità.

Cueva de Las Manos - Argentina

Immaginare il futuro del nostro pianeta è una scommessa sempre più difficile. L'imprevedibilità dei mutamenti connessi all'espansione del genere umano ha avuto un impatto incredibile sulla terra, alterando, in molti casi, il suo equilibrio naturale. Immaginare la sorte degli esseri umani è qualcosa di ancora più incerto. Cosa resterà? Cosa verrà tramandato alle generazioni future? Il desiderio di trasmettere il nostro pensiero e la nostra esperienza, sta vivendo una nuova fase di scambi in tempo reale. L'era della comunicazione globale. Ma se dovessimo confrontare la preistoria della comunicazione con l'attuale tecnologia, le impronte delle mani nelle caverne argentine vincerebbero clamorosamente la sfida contro i nostri tablets. Ipotizzando un improvviso crollo delle fonti energetiche, i nostri files, le rubriche, i messaggi, i tweet, i blog, andrebbero perduti in un istante, mentre le impronte sarebbero ancora lì. Qualcuno potrebbe pensare che questo non costituisca un problema, ma c'è chi ha analizzato concretamente questa eventualità. I maggiori tentativi di garantire una trasmissione di informazioni, però, non sono dedicati alla nostra cultura o al miracolo evolutivo della specie.

Il linguaggio per l'eternità.

L'ingresso di Onkalo


Ad Onkalo, in Finlandia, nel giro di cento anni verrà costruita la più grande opera specificatamente concepita per una durata che si avvicina al fantascientifico: 100.000 anni. Non è un santuario della nostra civiltà, è un punto di raccolta di scorie radioattive. A quasi cinquecento metri di profondità verranno collocate e sigillate centinaia di tonnellate di rifiuti altamente pericolosi. Centomila anni sono il periodo necessario affinché cessi la radioattività degli scarti, ed è a quella durata che mira il progetto finlandese. Quando verrà completato, nel XXII secolo, questo enorme sarcofago scavato nella roccia verrà richiuso, come una tomba faraonica, per non essere mai più riaperto.Sembra una follia? Negli sguardi degli ingegneri addetti ai lavori c'è una certa lucidità nel descrivere gli intenti. Eppure, durante le interviste, sui loro occhi scende un'ombra. Sanno quanti rischi può correre questa opera in un lasso di tempo così lungo. Loro, certo, non ne vedranno nemmeno la fine. Questa consolazione non allontana l'enorme senso di responsabilità che poggia sulle loro spalle. In centomila anni, qualcosa può andare storto. Il rischio più grande rimane sempre quello di un'intrusione umana, di persone col nostro stesso senso di curiosità spinte a scoprire che cosa nascondono le viscere buie di Onkalo. Qui inizia il problema che più lascia percepire la vertigine dell'ignoto. Come comunicare, come avvertire che quello è un posto pericoloso? Qualsiasi previsione di avere una continuità della nostra civiltà si sbriciola davanti ad una scadenza tanto sbalorditiva. Per questo motivo sono numerosi i progetti per comunicare con il futuro. Adibire alcune stanze iniziali ad una sorta di anticamera informativa, dove avvisi scritti in tutte le lingue e pittogrammi espliciti segnalino la presenza di pericolo. Altri progetti sostengono la necessità di creare un ambiente che evochi la sensazione di pericolosità, più che posizionare degli espliciti "markers". Una valle di spine di cemento potrebbe suscitare molta più inquietudine di qualsiasi cartello di divieto. Ma anche in questo caso ci sono diverse scuole di pensiero. Segnalare in qualsiasi modo una zona a rischio, non ha mai fermato l'audacia degli uomini. Perciò molti studiosi ritengono che alla chiusura di Onkalo, ci si debba dimenticare di esso. Come se non ci fosse mai stato, così da non stuzzicare la curiosità di nessuno per migliaia e migliaia di anni. Il problema di comunicare a livelli così lontani dalla nostra realtà è stato oggetto di molti dibattiti nel corso della storia.

Il tentativo più spettacolare è sicuramente quello del progetto Voyager e del suo Golden Record. Il programma Voyager, lanciato nel 1977, mirava allo studio di Giove e Saturno grazie all'impiego di due sonde spaziali che, recentemente, sono uscite dall'orbita del sistema solare. Su queste due sonde sono posti due dischi per grammofono, contenenti numerose registrazioni. Una commissione guidata da Carl Sagan, astronomo e scrittore, fu appositamente costituita per questo progetto. Sagan aveva già partecipato ad un' opera simile nel 1972 sulla sonda Pioneer 10, che recava una targa di saluti da parte del genere umano: ci sono un uomo ed una donna ed una cartina stilizzata del nostro sistema solare. Il Golden Record aveva un'aspirazione ancora più grande, ovvero lasciare che fossero anche i nostri suoni a presentarci. 55 lingue diverse per portare un saluto all'universo, suoni di animali e di città, immagini del nostro pianeta, e una selezione di musiche da tutto il mondo, inclusi un canto notturno degli Indiani Navajo, Beethoven e Blind Willie Johnson. Sul disco sono riportate delle istruzioni per farlo suonare, grazie all'utilizzo di codici binari e di illustrazioni. L'esperimento, a detta della critica, ha un rilievo di carattere puramente simbolico, dato che la sonda impiegherà quasi 40.000 anni prima di avvicinarsi alla prossima stella. Un progetto studiato per l'eternità, come quello di Onkalo, ma con un intento ben diverso.

Il linguaggio per l'eternità.

Jorge Luis Borges


Tutte le società nella storia hanno avuto la necessità di trasmettere i propri valori e di affermarli anche nel futuro. Quello che resterà, incastrato nelle profondità della terra o nello spazio remoto, racconterà qualcosa che non spiegherà appieno chi eravamo. 
L'eternità, un gioco o una faticosa speranza, come scriveva Borges, si spalanca nel suo mistero davanti ai nostri occhi e ai nostri limiti.
(grazie a Fabio per avermi suggerito Into Eternity, il documentario che racconta la storia di Onkalo)
Alessio MacFlynn

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