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Il Manifesto di Napoli – 2

Creato il 18 settembre 2013 da Albix

Il Manifesto di Napoli – 2Un altro importante argomento che sta a cuore ai poeti del Manifesto di Napoli è quello della letteratura italiana studiata a scuola. Come argutamente osserva Angelo Ruggeri, uno dei fondatori del Manifesto:  “la letteratura italiana è immensa e solo una
piccola parte è inserita nei programmi scolastici e quindi viene fatta conoscere  alla gente. Una grossa selezione fu fatta nel momento dell’unità italiana ad opera dei ministri della pubblica istruzione fra i quali il notissimo De Sanctis. Essendo l’Italia stata unificata dalla Monarchia dei Savoia costoro vollero che nelle scuole del Regno si insegnassero solo gli autori favorevoli al regno e se non lo erano li si fecero diventare falsando la storia personale degli artisti e l’interpretazione delle loro opere. Sugli scrittori viventi in quel tempo si procedette in modo anche più brutale, riuscendo a far diventare monarchico lo stesso Carducci e guerrafondaio il Pascoli. Furono ridotti alla miseria gli scrittori mazziniani ed erano la  maggioranza in Italia. ancora oggi autori grandi come Tomasseo,  De Roberto, Sacchetti, Rovani, Imbriani e tanti altri sono pressochè sconosciuti al pubblico. E Mazzini chi lo conosce? e Cattaneo?  Senza contare che molti e buoni poeti considerati “minori”, che sono la grande ricchezza della nostra letteratura,  sono del tutto ignorati e se anche nei loro paesi natali qualche strada e piazza è dedicata ad essi,  nondimeno, se si va a indagare, si scoprirà che essi  sono al tutto sconosciuti agl stessi loro concittadini.”

E chi di noi non ha sofferto, studiando sui programmi scolastici, a causa delle imposizioni relative a scelte non sempre felici ed
azzeccate? E quando, non di meno, i programmi si concentrano su autori indubbiamente validi (è il caso, ad esempio di Dante, Petrarca, Leopardi,  Pascoli e tanti altri), è l’apparato critico ad essere carente e fuorviante nello studio e nella comprensione delle opere degli autori.

Osserva ancora Angelo Ruggeri: ” Se poi si vanno a esaminare le Storie della letteratura e i commenti critici sulle opere che si fanno studiare, si constaterà qualcosa di ancora più deprimente: in gran parte tali commenti derivano da quelli scritti all’alba
dell’unità d’Italia dai ministri dei Savoia, il De Sanctis ed altri che trasformarono in monarchici e reazionari quasi tutti i nostri poeti ed ignorarono totalmente i repubblicani e i mazziniani. Riuscirono a far diventare monarchico persino il Carducci e guerrafondaio il Pascoli! Disgraziatamente la scuola italiana ha conservato il suo carattere autoritario e conservatore fino ai nostri giorni. Si imputa oggi ai giovani l’indifferenza verso la politica  e la mancanza di ideali e di ambizioni che non siano quelle  orientate verso del successo economico da ricercarsi con ogni mezzo. Non potrebbe essere che sia la nostra scuola, specchio fedele della nostra società, a trasmettere ai giovani quel pessimismo, quella sfiducia verso il mondo e verso gli uomini  che si imputa ai poeti, i quali sono le prime vittime di questo “male sociale” semplicemente perché essendo dotati di una
sensibilità più viva e  una intelligenza più acuta per primi avvertono le incongruenze, le ingiustizie, le assurdità quotidiane fra le quali siamo costretti a vivere?”

E la critica del Ruggeri non si limita a questo, ma si estende persino alla scelta stessa delle opere da inserire nelle “famigerate” antologie scolastiche. Conclude infatti lo scrittore e critico letterario: “Più volte io mi sono chiesto se sia ragionevole e saggio imprimere nelle menti dei giovani dei licei e persino delle elementari le belle ma tristissime poesie del Passero solitario, Alla
Luna, Il Sabato del Villaggio, Canto di un Pastore Errante nell’Asia,  A Silvia, che sono poi le sole che essi studiano di questo grande poeta, e vengono loro presentate senza alcuna  altra spiegazione sull’origine di tanta infelicità, che non sia quella del suo povero corpo malato e l’incomprensione di un padre reazionario e spilorcio alla follia. Poi, pescando nei ricordi di scuola, mi sono accorto che è vizio congenito di quelli che fanno i programmi scolastici andare a scegliere per le antologie le poesie più tristi, le più sconsolate o le più tragiche che i nostri poeti abbiano mai scritto”.


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