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Il Mercoledì degli Scatoloni – tecniche narrative: narrazione in seconda e terza persona

Creato il 16 aprile 2014 da Visionnaire @escrivere

Ed eccoci ancora qui con i nostri consigli agli scrittori tratti dagli Scatoloni in Soffitta.

Oggi parleremo di:

Tecniche narrative: narrazione in seconda e terza persona

Per la narrazione in prima persona si consiglia di leggere l’articolo precedente!

NARRAZIONE IN SECONDA PERSONA

Tecnica narrativa che usa il “tu”, rivolgendosi al personaggio principale (il narratario).

Viene utilizzata principalmente nelle guide e nei manuali, nei libro-game, nei giochi di ruolo.
In epoca moderna però ha preso piede anche in narrativa, spesso impiegata in racconti brevi, o in capitoli dove l’autore (o il personaggio narrante della storia) decide di rivolgersi direttamente al protagonista.

Il grande pregio di questa tecnica (se usata sapientemente!) è di far immedesimare totalmente il lettore nel protagonista.
Infatti si costringe chi legge a entrare in tutto e per tutto nei panni del soggetto di cui si narra.

Dà anche una forte sensazione di intimità, come se il narratore stesse sussurrando all’orecchio del lettore e lo stesse accompagnando per mano lungo la storia.

Il suo grande difetto è quello di risultare straniante.
Di primo impatto, infatti, il lettore ha la sensazione che il narratore gli si stia rivolgendo direttamente, che quel “tu” sia rivolto a lui.
Così, quando legge dei dettagli che non gli appartengono (sensazioni che non prova, o fattezze fisiche che non ha etc), si sente “sbalzato fuori” dalla storia.

 
Un autore che è riuscito a padroneggiare questa tecnica è Jay McInerney. Nel suo le mille luci di New York la seconda persona fa affondare il lettore nello scenario descritto, lo trascina talmente con sé da fargli addirittura provare gli effetti di alcune droghe.
Ad esempio:

La notte ha ormai girato quell‘impercettibile chiavetta con cui si passa dalle due alle sei del mattino.
Tu sai benissimo che il momento è arrivato e passato, ma non sei ancora disposto ad ammettere di aver superato il limite oltre il quale tutto è effetto collaterale gratuito e paralisi di terminazioni nervose.
A un certo punto avresti potuto decidere di fermarti, ma sei andato oltre su una coda di cometa di polvere bianca, e adesso stai cercando disperatamente di cavalcarla.
In questo momento il tuo cervello è uno schieramento di soldatini boliviani. Sono stanchi e infangati per la lunga marcia attraverso la notte. Hanno i buchi nelle scarpe, hanno fame. Hanno bisogno di sostentamento, di un po‘ di Tiramisu Nazionale.

Questa piccola guida è opera di:

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    Bee

    Chi sonoSono una più che trentenne emotiva e compulsiva. Mentalmente iperattiva, ma fisicamente vegetante. Fumo come il proverbiale turco. Adoro i cartoni animati, perdo troppo tempo in rete. Parlo da sola (anche in pubblico), faccio i crucipixel a penna. E ogni tanto scrivo, per lo più storie che non hanno un finale.

NARRAZIONE IN TERZA PERSONA

Ci sono vari tipi di narrazione in terza persona, diversificati a seconda di quanto il narratore stia “appiccicato” ai suoi personaggi.
Una prima, fondamentale distinzione è tra terza persona limitata e terza persona onniscente.

Iniziamo dalla onniscente, che non ha sottocategorie.

 
Il narratore onniscente, come dice la parola stessa, sa tutto.
Il suo punto di vista non è veicolato da uno dei personaggi, a cui resta accanto durante tutta la storia, e quindi non ha limitazioni.
Conosce i pensieri di tutti personaggi; conosce tutti gli eventi, passati, presenti e futuri, anche quelli di cui nessun personaggio è al corrente; può focalizzarsi su qualsiasi personaggio in qualsiasi momento o anche su eventi in cui non compare alcun personaggio.

In pratica, è un Dio.
Un Dio che può esprimere il suo personalissimo parere, dando alla narrazione un tono soggettivo, o rimanere in disparte ad osservare le cose, dando alla narrazione un tono oggettivo.

La soggettiva ha un tono quasi colloquiale, come le voci fuori campo nei film, e può assumere di volta in volta un accento polemico, o ironico, o benevolo, a seconda dei sentimenti che vogliamo trasmettere al lettore.
Quella oggettiva è talmente impersonale (non parla “attraverso” i personaggi, e nemmeno “attraverso” il giudizio del narratore) da essere ideale solo per i testi in stile giornalistico.

Il tipico esempio di narratore onniscente è il Manzoni nei Promessi sposi.

Infatti questa tecnica narrativa permette di presentare al lettore un quando storico e un’ambientazione che non sarebbe possibile descrivere solo attraverso i PdV dei personaggi: informazioni che i protagonisti già hanno e di certo non si mettono ad analizzare, informazioni che i protagonisti non hanno perché i fatti accadono in altre città, avvenimenti che devono ancora accadere, motivazioni politiche, analisi storiche etc.

Il pregio di questa tecnica è di poter creare un’ottima ambientazione e di poter presentare gli eventi in modo lineare e completo.
Il difetto è che “sballotta” il lettore, saltando di palo in frasca nel corso della storia. Inoltre impedisce l’immedesimazione con i personaggi e rischia di eliminare completamente la suspense che invece si ottiene con altre tecniche.

La terza persona limitata si “limita” invece al punto di vista di un personaggio, ovvero narra solo gli eventi di cui quel personaggio è testimone.
Si può dividere, a sua volta, in narrazione focalizzata o narrazione multipla.

La terza persona focalizzata permette all’autore di raccontare la storia come narratore esterno, ma attraverso gli occhi di un solo protagonista, accedendo ai pensieri e alle emozioni del personaggio e vedendo gli eventi dalla sua prospettiva.
La storia è quindi filtrata dal personaggio, che dà una visione soggettiva di quello che avviene.

Questa tecnica è simile alla narrazione in prima persona, in quanto espone la personalità del protagonista e utilizza una prospettiva strettamente personale, tuttavia mantiene un maggiore distacco tramite l’uso della forma grammaticale in terza persona.
Inoltre il narratore può scegliere di esprimere opinioni (cosa che non può fare con la prima persona), dando un ulteriore distacco dal personaggio che segue o creando addirittura una contrapposizione delle due “voci”.
Oppure può scegliere di spiegare cose che al lettore è necessario far sapere, ma che il protagonista non conosce.

Ad esempio, scrivendo:
Claudio credette di aver fatto l’occhiolino più sensuale che si fosse mai visto, ma in realtà la sua espressione pareva più simile a un tic nervoso
un narratore in terza persona focalizzata, che segue da vicino la vita di Claudio, può a un certo punto “intromettersi” per creare un effetto (in questo caso comico) che altrimenti non avrebbe.

L’aspetto positivo della terza persona è la possibilità che viene concessa al narratore di sperimentare linguaggi più articolati e costruzioni particolari che con la prima persona non sarebbero possibili, magari perché il protagonista non può usare un certo linguaggio per questioni di background .
Rispetto alla prima persona lascia maggiore libertà e rende più semplice la caratterizzazione dei vari personaggi e la loro descrizione.

Inoltre è indispensabile usare la terza persona in quei casi in cui la prima persona è impossibile da realizzare, ad esempio quando il protagonista ha limitate capacità linguistiche o intellettive (un bambino molto piccolo, una ragazza autistica, un uomo affetto da sindrome di down etc).

La terza persona focalizzata ha un limite: obbliga il narratore a rimanere attaccato al personaggio attraverso cui narra la storia, o a mantenersi comunque a una certa distanza. Il protagonista deve sempre essere presente, esattamente come per la narrazione in prima persona.

I pensieri e le sensazioni riguardano solo il protagonista, mentre gli altri personaggi vengono descritti esternamente.
I pensieri e le emozioni di altri personaggi possono eventualmente essere resi con dialoghi o riflessioni a cui il narratore partecipa, o attraverso testimonianze di cui viene a conoscenza (legge una lettera, gli viene riferito qualcosa, guarda un’intervista etc).

Le descrizioni degli ambienti rimangono “ancorate” agli spostamenti del protagonista, seguono i suoi movimenti o analizzano i luoghi dove lui si trova.

Tutto ciò che il protagonista non conosce o non vede viene escluso dalla narrazione.

Per quanto riguarda le sensazioni e i pensieri del protagonista, si riconoscono tre tipi di introspezione o, tecnicamente, penetrazione psicologica.

- penetrazione assente (“oggettiva” o “cinematografica”) :il narratore non entra nei pensieri del protagonista, può intuirli solo dai suoi comportamenti.

Esempio:
Claudio si ammirò a lungo nello specchio da bar. Si girò e indirizzò un occhiolino alla ragazza al bancone.
Lei scoppiò a ridere e uscì dal locale.
Claudio si alzò. Lasciò due dollari di mancia alla ragazza in fuga e si riavviò verso casa, la testa incassata nelle spalle.

Intuiamo che Claudio è un vanitoso, ma che le sue aspettative sono eccessive, e intuiamo che la ragazza non ha trovato sensuale l’approccio, anche se il narratore non ci dice cosa sta pensando né l’uno né l’altra.

Pro: velocizza il ritmo della narrazione senza doversi addentrare nella mente dei personaggi; permette al lettore di farsi una propria opinione degli eventi, senza doverlo indirizzare.
Contro: la narrazione non permette immedesimazione; il lettore può fraintendere i comportamenti dei personaggi; occorre conoscere molto bene la gestualità umana.
Perfetta per: scene veloci, scene d’azione, scene in cui il personaggio perde il controllo del corpo (scatti d’ira, possessione etc), scene con tono “misterioso”.

- penetrazione leggera: ogni tanto il personaggio esprime “in testa” (non ad alta voce) i propri pensieri.

I pensieri vanno scritti in prima persona e al presente, come un discorso diretto. Devono essere divisi dalla narrazione, usando il corsivo o le virgolette.
In questo tipo di penetrazione è meglio evitare pensò/riflettè/si accorse etc, perché danno una sensazione poco naturale.

Esempio:
Claudio si ammirò a lungo nello specchio del bar, studiò il proprio volto fino a essere soddisfatto di ciò che vedeva: “Sì, oggi sono proprio un figo. La conquisterò”.
Si girò e le indirizzò un occhiolino sensuale. La ragazza scoppiò a ridere e uscì dal locale.
“Ecco, è addirittura scappata”. Si alzò, lasciò due dollari di mancia alla ragazza in fuga e si riavviò verso casa, la testa incassata nelle spalle.

Pro: i pensieri vengono espressi solo quando è necessario o quando si vuole enfatizzare una scena, rendendo scorrevole la narrazione; sembra che il personaggio “pensi” davvero, dando un senso di naturalezza.
Contro: l’immedesimazione con il personaggio non è facile da ottenere; il pensiero “spezza” il ritmo; nelle scene con forte coinvolgimento emotivo questo tipo di penetrazione risulta insufficiente.
Perfetta per: la via di mezzo, non troppo veloce, ma nemmeno estremamente incentrata sulle sensazioni e sui pensieri.

- penetrazione profonda: i pensieri sono parte integrante della narrazione e la completano. Come una prima persona, ma con i verbi diversi.

Esempio:
Claudio si ammirò nello specchio da bar: sì, stava da Dio, avrebbe di certo fatto colpo. Si girò e indirizzò un occhiolino alla bonazza al bancone. Se l’avesse ignorato non sarebbe sopravvissuto.
Lei scoppiò a ridere e uscì dal locale.
Ecco, era addirittura scappata. Lui si alzò. Due dollari? Sì, potevano bastare. Li lasciò di mancia alla ragazza in fuga e si riavviò verso il suo tugurio, la testa incassata nelle spalle e il morale a terra.

Pro: i pensieri del personaggio non spezzano la narrazione; totale immedesimazione del lettore, che vive le emozioni assieme al protagonista; le sensazioni del personaggio vengono veicolate da ogni scena si decide di descrivere, e da ogni dettaglio che vi si inserisce.
Contro: il filtro del personaggio potrebbe sembrare la voce del narratore; il personaggio deve essere ben costruito e coerente con sé stesso, altrimenti la narrazione risulta piatta o inverosimile; il linguaggio del protagonista deve essere consono al suo status.
Perfetta per: scene con forte coinvolgimento emotivo e scene in cui le sensazioni del protagonista siano di fondamentale importanza.

C’è infine la terza persona multipla, che dà di volta in volta “voce” a personaggi diversi, utilizzando le varie tecniche della terza persona focalizzata a seconda del personaggio che si segue.

Viene utilizzata soprattutto nei romanzi lunghi e con molti personaggi, dove una limitazione a un solo PdV impedirebbe di seguire l’intera vicenda.
Questo tipo di narrazione permette di dare una visione d’insieme più completa e di descrivere meglio i vari protagonisti della storia, i loro punti di vista e le loro personalità. Offre una visione a più ampio raggio, permettendo di raccontare la storia da angolazioni diverse.

Risulta ideale anche per le descrizioni, non avendo i limiti imposti dalla terza persona focalizzata e potendo mostrare ambientazioni diverse a seconda della diversa posizione dei personaggi.
Basta ricordare di non approfittare troppo di questa possibilità, trasformando il testo in una lunghissima descrizione senza approfondimento delle emozioni dei personaggi.

La difficoltà maggiore di questa tecnica sta nel differenziare le voci.
Sia nelle scene “piccole”, quando due personaggi si ritrovano a fare qualcosa insieme, sia nelle parti “ampie”, in cui uno dei personaggi fa da voce narrante.

Nelle scene “piccole” il tranello si trova soprattutto nel far capire chi sta facendo cosa, senza rendere il testo una lista infinita di pronomi personali e possessivi.

Per esempio, mi ritrovo con Claudio e Marta davanti a un caffè.

Errore numero uno:
Claudio giocherellò con la tazzina. Marta cincischiò la bustina di zucchero. Prendeva tempo in attesa che il cameriere arrivasse.

Chi dei due?
Qui devo specificare, con un pronome o “la donna” o altro.

Errore numero due:
Claudio giocherellò con la tazzina. Marta cincischiò la bustina di zucchero. Lui guardò il bancone. Lei carezzò il cucchiaino. Lui si riavviò i capelli. Lei prendeva tempo in attesa che il cameriere arrivasse.

Lui, lei, lui, lei. O, anche, l’uomo, la donna, l’uomo, la donna.
Qui è il caso di “mettere insieme” le varie azioni e dividere quelle di lui da quelle di lei (Claudio giocherella, guarda il bancone, si riavvia i capelli. Intanto Marta cincischia, carezza e prende tempo), oppure di farli parlare per rendere chiara la scena.

Errore numero tre:
Claudio giocherellò con la tazzina. Marta cincischiò la bustina di zucchero. Lui guardò il bancone. Lei carezzò il cucchiaino. Il ragioniere si riavviò i capelli. La bionda naturale perdeva tempo in attesa che il cameriere arrivasse.

Capita spesso (giuro!) che, per evitare i pronomi o “l’uomo/la donna” e simili, si decida di inserire una descrizione del personaggio. Molte volte una descrizione che non si era mai fatta prima.
Il lettore ride di fronte a trucchetti così evidenti, sono da evitare come la peste!

Nelle scene “ampie”, magari interi capitoli descritti via via da protagonisti differenti, la difficoltà sta nel creare diverse personalità per personaggi diversi.

Se due personaggi vedono il mondo alla stessa maniera, sembrerà che a parlare sia sempre e solo uno dei due.
E’ necessario marcare le differenze: utilizzare un tipo di narrazione differente, o fare esprimere i personaggi con linguaggio diversi, magari con una certa cadenza, creare per ognuno qualche gesto tipico, dare motivazioni diverse e reazioni diverse e obiettivi diversi.

Tutti i personaggi devono avere caratteristiche precise per essere ben distinti dagli altri.

Un primo, banale trucco è dividere le parti in cui il PdV cambia.
Che sia una riga o un capitolo, uno stacco visivo è necessario per ottenere anche uno stacco mentale.

Un vero trucco è quello di far trarre conclusioni contrastanti ai vari protagonisti su uno stesso evento.

Ad esempio, dopo aver assistito a una lite tra ex fidanzati, Claudio crede che Marta abbia ragione e Filippo sia un borioso antipatico che le mette le mani addosso.
Filippo, invece, pensa che Claudio sia accecato dall’amore per Marta e non veda la realtà, ovvero che Marta gli ruba i soldi.
Marta invece vede Claudio come un idiota e Filippo come l’uomo perfetto, convinta che la ami più di quanto la ama Claudio.

Un altro trucco è quello di far rivaleggiare due protagonisti, in modo che il lettore debba trovarsi a parteggiare per uno dei due e quindi debba provare “simpatia” per uno dei protagonisti. In questo modo si cattura l’attenzione di lettore e lo si mantiene inchiodato alle pagine.

Usando l’esempio dei tre, il lettore prima o poi dovrà fare il tifo per il bonaccione Claudio o per lo sfrontato Filippo. O addirittura potrà sperare che Marta scappi con Laura.

Inevitabilmente, tenderà a parteggiare per il personaggio che gli sta più simpatico e sarà incentivato a continuare la lettura per vedere chi la spunta.

 
 

Questa piccola guida sulla terza persona è opera di:

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    Luna

    Chi sonoSono una una persona profondamente lunatica. Un giorno sono la donna più felice del mondo, quello dopo vedo tutto nero. Amo leggere, scrivere e lamentarmi di quello che mi circonda.

Inoltre, si ringrazia per le fondamentali correzioni:

  • Immagine Avatar

    kapello

    Chi sonoScribacchino in erba, sperduto nel cemento di una metropoli carente di clorofilla, ballatore legnoso, ben più di un ramo brullo, ingenuo idealista.


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