Magazine Diario personale

Il mostro pane quotidiano

Da Sogniebisogni

Poteva andar peggio, poteva piovere (E infatti piove)
Un'allegra notte al Museo

Quando il 30 gennaio scorso incautamente scrissi «Non può piovere per sempre» non ero conscio che il mostro Ugabaruda IV intercettasse il mio blog dalla faccia nascosta della Luna, ove tutti i rispettabili invasori spaziali si rintanano tradizionalmente. La malvagissima carogna deve averla presa come una sfida personale perché non si è mai visto un tempo tanto smargiassamente escrementizio a Roma dai tempi dell’imperatore Vespasiano, che pure di merda se ne doveva intendere. E così da giorni la pioggia flagella i pantanosi asfalti della capitale, contribuendo a muffire le mie camicie e concedendo anche al sottoscritto una vivace colorazione gorgonzolesca con eleganti striature erborinate e sentori di putrido.
Ad aggravare la situazione, oggi si celebrava la Notte dei Musei che non manca mai di dimostrare come gli italiani si addensino magicamente a guisa di imbufaliti armenti ovunque compaia anche il riflesso dell’ombra della parola «gratis». Mentre normalmente l’idea di andare a bighellonare mezz’ora in un museo pagando 6 euro fa accapponare le gengive dello spettatore medio di Amici, che dovrebbe in ogni caso esservi condotto coattivamente da quattro gendarmi con i pennacchi e con le armi, la gratuità della Notte dei Musei stimola un’estrema voracità culturale nella più larga massa di inverosimili connaisseur mai scaturiti dai vomitoi della metropolitana.
Truzzi improbabili, che meglio si ambienterebbero negli oscuri angiporti retrostanti a qualche discobar dell’hinterland, sgomitano in una calca mortale da ora di punta con cinquantenni artistoidi in sciarpetta di cachemere e dame di sanvincenzo con oreficerie di famiglia. Non manca ovviamente la fauna studentesca dal sedicente bonghista in libera uscita al secchione dagli integerrimi foruncoli alla fuorisede strappona sacrata all’acchiappo.
All’esterno del museo, scelto esclusivamente in base alla disponibilità di parcheggio, lunghe file di inumiditi si sbattono reciprocamente in faccia ombrelli mezzi rotti di qualsiasi dimensione e colore. All’interno, un sovraffollato purgatorio, dove la folla mette a sacco le sale, bagna, rovescia e fracassa tutto quello su cui riesce a mettere i piedi, sedendosi sopra sculture etrusche o usando broccati del XVI Secolo per asciugare le calosce. I custodi alternano momenti di pazienza gandhiana, probabilmente ispirati dalla vana promessa di straordinari, a scatti di ultraviolenza verbale degni di un Borghezio romanesco. Insomma la Notte dei Musei è una tradizione a Roma e, come si dice da queste parti ‘na camboggia.
Ricapitolando: ho preso la pioggia, ho visto una mostra di fotografie a Trastevere e ora che ho assunto un’aspirina per asciugarmi le malevole umidità vegane, sento di dover dedicare un minuto al mostro Ugabaruda IV, giusto il tempo di fargli il gesto dell’ombrello, mai venuto più al caso di così, e di infilarmi sotto le coperte allo scoccare della mezzanotte. Domani è un altro giorno, di maggio si spera.


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