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Il nastro bianco

Creato il 18 luglio 2014 da Jeanjacques
Il nastro bianco
Cos'è l'arte? Qualcosa di assolutamente inutile, scriveva Oscar Wilde nella magnifica prelazione di quel magnifico romanzo che era Il ritratto di Dorian Gray. Ed inutile lo è veramente, perché potremmo comodamente vivere senza di essa. Ma come vivremmo? Male. Ci mancherebbe una parte fondamentale di noi, quella che ci fa interrogare e che ci fa porre delle domande che forse non ci saremmo mai posti. Al che si ritorna alla domanda iniziale, circa cosa essa sia realmente. Ma non nel senso concreto, perché l'arte si pone in maniera astratta nelle menti, infatti io volevo porre un quesito circa cosa rende delle 'cose' classificabili come 'arte' delle opere d'arte a tutti gli effetti. Per me l'arte non è declinabile solo al bello, per me l'arte è, nella sua bellezza (e minima parte, perché nulla è assoluto e quantificabile) qualcosa che riesce a porre una visione diversa circa il proprio tempo o il proprio vissuto. Infatti è per questo che film, libri e dir si voglia non si possono vedere con la nostra ottica di uomini degli Anni Zero, un'occhiata va sempre declinata circa il periodo in cui tali opere sono state concepite. Questo è il motivo per cui amo un regista come Haneke, perché col suo sguardo ha saputo compiere un ritratto impietoso circa l'odierna borghesia, con film secchi e asciutti che non lasciano speranza alcuna. E lo fa alla grande pure con questo, il suo primo film che sono riuscito a vedere al cinema - e vedere al cinema un film moderno in bianco e nero mi fece sentire molto figo, ammetto.In un villaggio protestante, fra il 1913 e il 1014, dopo che il medico del villaggio cade da cavallo a causa di una corda tesa nell'erba, si susseguono dei fatti atroci e senza apparente motivazione. La vita delle famiglie ne è turbata e l'ordine naturale delle cose nel paesello viene stravolto...Vi dico immediatamente che non si scoprirà mai il colpevole. Faccio questo doveroso spoiler per chiarire fin da subito alcuni concetti con un certo tipo di spettatori. Questo non è un thriller. Chi si aspettava un [più che legittimo, sia chiaro] prodotto convenzionale, farebbe meglio a cambiare film e a non sprecare due ore della sua esistenza in una visione che molto probabilmente riterrà uno spreco di tempo. Haneke non fa film convenzionali, quelli del regista austriaco non sono film da vedersi la sera per passare il tempo. E nulla di male verso quei film, che pure io adoro e consumo, anche perché voglio estraniarmi fin da subito da un'ottica snobista e ammettere che anche i film 'commerciali' necessitano di intelligenza e talento per essere fatti a dovere - come ogni cosa, alla fine. Ma quelli di Haneke sono così, sono film che proseguono anche dopo la visione, perché ti lasciano addosso così tanti interrogativi da farti vedere il mondo stesso con un'ottica diversa. E con questo film ci riesce perfettamente, anche se a una prima occhiata può sembrare il suo film meno duro e 'ostico'. Ma non è così. Con lui raramente le cose sono quello che sembrano. Qui, allora, cosa sono? Una simbolica ed esplicita riflessione del passato, su cosa ha condotto certi abitanti a compiere certi atti e un'allegoria di un attualissimo modo di vivere. Nel villaggio vivono famiglie di tutti i tipi: quella della levatrice, quella del dottore e anche quella di un ricco signore della zona. Tutti vivono secondo un loro modo personale e diversissimo, ma sono comunque tutti simili in qualcosa. Ognuno di loro nutre delle gelosie, dei rancori e dei segreti che non può esternare alla luce del sole. Tutto si svolge nell'ombra, così come il misterioso aguzzino nell'ombra compie i suoi agguati ed i suoi tranelli, mai troppo espliciti ma comunque abbastanza forti per chi è particolarmente sensibile - lo ammetto, la scena delle sevizie sul bambino handicappato è stato un colpo davvero sleale. Tutti loro sono schiavi di questo loro male interiore ed è per questo che gli 'attentati' feriscono tanto, perché rivelano una natura che già esiste e che continuerà ad esistere nella cultura di lingue teutonica. Quella di una severità opprimente ed oppressiva che si ribalterà sui figli dei diretti interessati, i futuri uomini che dopo la Guerra che si scatenerà in quel periodo, contribuiranno a crearne una ancora più grande. Infatti il sottotitolo originale è Eine deutsche Kindergeschichte - una storia tedesca di bambini - che si rispecchia nei figli del conte, quelli su cui graveranno i sospetti a un certo punto del film e sui quali, per uno strano e assurdo sistema educativo, verrà posto sul braccio il nastro bianco del titolo. E crescendo essi apporteranno sui bracci degli ebrei un nastro similare, più decorato ma molto più terribile, dando inizio così a uno dei genocidi più grandi che la Storia moderna possa ricordare. Il giovane dottore, voce narrante della vicenda, alla fine annuncerà che dopo aver lasciato il paese non ha più fatto ritorno, ma non è questo ciò che importa. Tutto il mondo è paese, in ogni città ci sono le medesime ipocrisie e segreti (come dirà invece la moglie del conte) perché, fondamentalmente, la verità è questa: siamo tutti colpevoli. Non c'è nessun essere umano che si salvi, a nessuna età, tutti covano il male dentro di loro e, quando non lo operano, sono comunque rei di volgere lo sguardo o di far finta di nulla. Ad Haneke non serve un volto e un nome per creare il macellaio perfetto, questo ruolo può perfettamente ricadere su ogni personaggio. Ed è per ciò che questo film mette così tanta paura.Non c'è mai un solo colpevole in ogni storia così come non c'è mai un'unica soluzione. Restano solo i superstiti e la vergogna della loro memoria.Voto: Il nastro biancoIl nastro biancoIl nastro biancoIl nastro biancoIl nastro biancoIl nastro bianco

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