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Il popolo delle libertà: dalla nascita nel 2008 ad un lungo crepuscolo

Creato il 20 settembre 2013 da Postpopuli @PostPopuli

di Alberto Giusti

Erano le elezioni del 2008, quando Silvio Berlusconi salì sul “predellino” della sua auto blu, circondato dalla folla, e annunciò la nascita di un nuovo soggetto politico, originato dalla fusione di Forza Italia e Alleanza Nazionale. A quelle elezioni il nome del “Popolo delle Libertà” comparve sulla scheda, ma fu un mero cartello elettorale; nei primi anni di governo il Pdl fu fondato a tutti gli effetti come un partito vero, strutturato e capillare sul territorio. Oltre ai pregi, i difetti: l’unione di due partiti tanto diversi come FI e AN delineò l’esplodere delle correnti.

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A cinque anni di distanza, quel progetto di creare un grande contenitore per tutte le aspirazioni del centrodestra italiano sembra sostanzialmente fallito. È stato dichiarato morto dal suo stesso fondatore: Berlusconi ha rilanciato Forza Italia, i cui manifesti campeggiano sui cartelloni pubblicitari delle grandi città italiane. In tanti se ne erano già andati: soprattutto gli ex AN di Fratelli d’Italia, con la Meloni e Crosetto, per non parlare di Futuro e Libertà per l’Italia, la creatura di Fini e Bocchino, non pervenuti alle ultime elezioni.

Ma la situazione attuale del centrodestra italiano ha un che di paradossale. In questo momento, il PDL sta ottenendo benefici massimi in cambio di sforzi minimi: è il partner minoritario della coalizione di governo ma sta raggiungendo i risultati che si era prefissato, Imu in primis; scarica sempre la responsabilità dei provvedimenti scomodi e cerca di prendersi il merito della stabilità del governo. Ha ricevuto ministri, sottosegretari, con tutti i benefici che derivano dall’occupazione di posizioni di governo. Rispetto alle precedenti elezioni, infatti, è in crescita nei sondaggi. Così, mentre Berlusconi ad agosto preparava “la difesa estrema” contro la decadenza da senatore, il PDL si è spaccato fra coloro che volevano usare questo come pretesto per far cadere il governo e coloro che invece si battevano per far passare un’altra linea, quella della separazione dei destini di Berlusconi e del suo partito: giornalisticamente, i falchi, con in testa Daniela Santanchè, e le colombe, come Angelino Alfano. Tra i due gruppi, nel vertice di Arcore del 24 agosto scorso, sono i primi ad aver avuto la meglio, e così da allora lo stato maggiore del Pdl non fa altro che dichiarare “se Berlusconi decade il governò cadrà”, con varie sfaccettature a seconda della notizia del giorno.

Domandiamoci dunque:venuto questo benedetto giorno in cui sapremo che ne sarà di Silvio, e potremo finalmente (spero) tornare ad occuparci d’altro in questo paese, che ne sarà del Pdl? Per come stanno messe oggi le cose, sembra che nella Giunta del Senato Berlusconi sia largamente in minoranza, e che il suo destino sia segnato. Dunque, logica vorrebbe che una volta messa la questione ai voti, il governo cada. E se questo governo cade? La domanda vera che mi pongo è questa: è davvero possibile che tutti i parlamentari e gli esponenti del PDL accettino di buon grado di perdere la partecipazione al governo, magari rischiando il seggio conquistato da meno di un anno se si torna a votare, solo per le vicende personali di Berlusconi? Io non credo che sia possibile, perché voglio rifiutare la visione che inquadra i pidiellini come una grigia massa di faccendieri ai servizi del capo. Dunque, nel momento di ipotetica caduta del governo, una parte di costoro potrebbero rifiutarsi di seguire le sorti del Cavaliere, e voler sostenere comunque il governo Letta, o un probabile secondo governo Letta nato dalle ceneri del primo. Da qui potrebbe finalmente prendere forma il futuro centrodestra italiano; da qui i “moderati”, quelli veri, potrebbero farsi riconoscere, e decidere di prendere di nuovo parte alla gestione del paese, ma senza i lacci e lacciuoli che da 20 anni ne condizionano in realtà l’azione.

Forse solo allora questo paese potrà riprendere una dialettica politica costruttiva: quando un blocco di potere deciderà che è venuta l’ora di rimpiazzare, nella propria scuderia, un cavallo a fine carriera.

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