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Il segreto della pizza

Creato il 30 novembre 2012 da Bagaidecomm @BagaideComm
IL SEGRETO DELLA PIZZASe si parla di Italia non si può non parlare di cucina.  Mangiare non è solo un elemento essenziale del nostro modo di essere, della nostra identità nazionale, ma attorno alla cucina stessa si è sviluppata una cultura del cibo: tradizioni, prodotti, tipicità, regole sia nella preparazione che nella degustazione. Voglio parlare oggi di pizza, di una pizzeria in particolare e di un modo di fare pizza che mi piace pensare rispecchi il concetto di italianità, la mia idea di Made in Italy se volete. Quella che qui voglio fare non è una mera recensione a scopo pubblicitario e per “discolparmi” vi pongo qualche domanda: se parlo di un artista non sto implicitamente dicendo di andare a vedere i suoi quadri? Se elogio un film o un regista non sto invogliando a vedere la pellicola? Se discuto di un libro non sto invitando a leggerlo? Trattando di un ristorante non posso far altro che suscitare quantomeno curiosità sui piatti che propone. Tutto questo sproloquio per introdurre un discorso fatto un paio di ore fa (mentre scrivo rintoccano le 2 di notte) con il proprietario di una pizzeria di Cantù che mi racconta della sua attività, della crisi, del perché ha aperto e di come lavora. Innanzi tutto ci tiene a precisare che non è un pizzaiolo, ma un informatico, che per anni si è occupato dei sistemi di banche, supermercati, negozi e pizzerie avendo così la possibilità di maturare esperienza nel settore in qualità di esterno; un background insolito ma proprio perché diverso comporta un’evoluzione rispetto alla norma. Mi spiega infatti come il metodo di preparazione della pasta segua canoni precisi, gli stessi principi dell’originaria lavorazione partenopea ottocentesca, senza mai subire cambiamenti sostanziali e arrivando così ai nostri giorni. Ogni pizzaiolo ancora oggi prepara la pasta la mattina per consumarla la sera stessa per evitare che marcisca: questo breve lasso di tempo impedisce però agli enzimi di trasformare la maggior parte degli zuccheri composti, presenti nella farina, in zuccheri semplici, lasciando sostanzialmente quest’ingrato compito al nostro sistema digerente che fa lavorare di più lo stomaco per scomporre gli zuccheri e aumentare la salivazione facendoci venire sete (non è quindi per il lievito che poi ci sentiamo appesantiti). Il trucco per alleggerire la pasta (e qui sta’ l’innovazione) è abbassare le temperature. Quello che mancava ai pizzaioli del XIX° sec. era il frigorifero: con temperature più basse la pasta si conserva fino a quattro giorni, gli enzimi hanno così il tempo per fare il loro lavoro mentre i batteri del lievito sono rallentati evitando di trasformare i panetti in blob giganteschi. Quest’idea nuova, trovata semplicemente cercando, senza studi approfonditi o altro, unita all’uso di materie prime di qualità e l’accostamento intelligente di combinazioni classiche e innovative sono secondo me i punti forti di quello che dovrebbe essere, e fortunatamente in parte già è, il Made in Italy e non solo per la cucina ma anche in altri campi come ad esempio il design. Non è cultura anche tessere collegamenti tra ambiti diversi e creare del nuovo così come rifarsi alle tradizioni (leggi in questo caso prodotti tipici e chilometro zero)? Visioni antitetiche che possono però convivere. Mi ha fatto particolarmente piacere questa chiacchierata perché ho potuto trovarvi anche la testimonianza di un piccolo imprenditore che riesce ad affrontare la crisi basandosi su principi che in periodi come quello attuale passano in secondo piano: innovazione e qualità anche a discapito di guadagni maggiori. Non so voi ma a me fa star bene sapere che nonostante tutti i problemi di questo paese ci siano piccole realtà come questa che magari non navigheranno nell’oro, ma riescono ad andare avanti.
Per approfondirehttp://www.winpizze.it/enzima/
Jacopo Borghi

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