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Il sogno eretico

Creato il 19 maggio 2011 da Emanuelesecco

Buonasera! Buonasera a lorsignori!
Stasera voglio raccontarvi una storia molto
molto molto molto molto molto importante
e chi… E chi se ne frega!

È inutile. Dopo una giornata seduto alla scrivania sui libri non c’è niente di meglio che stendersi a letto a leggere il libro che si tiene sul comodino.
Molti mi chiedono chi me lo fa fare di continuare a versare sangue e sudore su materie umanistiche e che, nella loro insignificanti menti, non troveranno mai uno sbocco lavorativo che mi permetta di vivere in maniera dignitosa.
Be’… ‘fanculo. Meglio vivere povero ma consapevole ché ricco e mentalmente ameba. Mi trovo a digrignare i denti al solo pensiero, ma in fondo chi se ne frega… meglio per me e peggio per loro.
Le pagine assorbono la debole luce emanata dalla piccola lampadina, unica luce in camera mia. Gli occhi scorrono sulle pagine, compiendo impercettibili movimenti in avanti e indietro.
Non leggo tutte le lettere, no. Riesco a visualizzarne solo 2 o 3 alla volta, lasciandone sfocate 3 o 4 attorno ad esse. Da queste poche lettere poi potrò capire/intuire quello che sto leggendo. Niente falsa modestia… a tutti succede così, solo che non se ne rendono conto.
Dove avevo letto una cosa del genere? Ah sì, il libro è sulla scrivania. Uno dei tanti che ho letto per poter superare gli esami che mi attendono.
Prendo in mano il cellulare e tocco lo schermo touch-screen. Porco Giuda! Sono le 2… sapevo io che sarebbe andata a finire così. E domani chi si sveglia più?
Chiudo il libro, spengo la luce e mi metto finalmente a dormire.
Dopo qualche minuto riesco finalmente a trovare una buona posizione. A quel punto mollo gli ancoraggi e mi perdo nel mare del sonno…

Annunciatemi al pubblico prima di subito con espressioni di giubilo.
Annunciatemi al pubblico anche se dubito che tutti quanti mi seguano
Giù negli inferi, su con gli animi, giù seguitemi giù sempre più
Giù negli inferi, su con gli animi, giù seguitemi giù, giù...

fradolcino

Eccomi qui.
Degli eretici sono il capo.
Numerose le mie folle.
La libertà di pensiero, la regola.
L'uguaglianza, la vita.
V'è scritto, fuori dalla porta: “Il fuoco ti investirà”.

La situazione sta degenerando molto in fretta. I miei seguaci sono smaniosi di far tacere coloro che ci vogliono far tacere. Ogni volta mi trovo a dirgli che non è così che si agisce, ma puntualmente l’esasperazione prende il sopravvento.
Poveri, come li capisco. Anch’io una volta ero come loro, appena uscito dalla conformità e con la voglia di stravolgere le cose. Poi avvenne il cambiamento: diventai il capo della congrega, la guida per molte persone che non vogliono più sottostare al volere di individui sgradevoli e somiglianti a porci che si abbuffano di scarti nella porcilaia.
Forse è meglio che vi racconti come si è potuto giungere ad una situazione del genere.

Contestazioni negli atenei, cortei, No-qualcosa-Day,
ma il re si gratta gli zebedei
[…]
L’opposizione ha il K-way,
fa più acqua di un Canadair.

La situazione era degenerata nel giro di pochi anni. Il nostro paese era diviso in due: coloro che detenevano il potere da una parte e dall’altra quelli come me che si ribellavano ad un tale comportamento da parte delle istituzioni.
Il popolo non aveva più voce in capitolo e pian piano anche la cultura cominciava ad essere denigrata. Molti campi di studio vennero considerati delle amenità inutili. L’istruzione perdeva via via sempre più peso.
Avevamo persino fondato un giornale libero riportando le notizie senza passare da filtri giornalistici di alcun tipo.
Cominciammo a ribellarci sempre di più, e questo alla casta non piacque.

4 colpi al quorum. Riposi in pace il referendum in saecula saeculorum.
Scomunicammo in nome di Dio un libro di Dan Brown sul priorato di Sion dando l’avvio ad una messa a morte da Crozza ad Andrea Rivera passando per Harry Potter e fu brusio di volantini sovversivi.
Fummo costretti ad adottare metodi repressivi quindi fiato sul collo! C’è la galera per chi porta le tasche perché nelle tasche non c’è controllo! 

Tutti coloro che venivano trovati con addosso una copia del nostro giornale venne chiuso in gabbia. Le città cominciarono così a spopolarsi sempre di più.
La nostra testata morì velocemente grazie all’azione congiunta di istituzioni e corpi di polizia, diventati ormai l’esercito di una setta sempre più vogliosa di dominare i corpi e le menti di noi tutti.
Molti esponenti delle forze dell’ordine tentarono di far ragionare i propri superiori. In galera anche loro!

In nomine Libertatis vincula edificamus.
In nomine veritatis mendacia efferimus.

L’informazione di stato ormai era perduta per sempre. Il popolo veniva rincoglionito ogni giorno con programmi televisivi insulsi e giornali buoni solo come carta da culo.
Noi venimmo additati come il nemico supremo per la democrazia. Così la chiamavano, bel coraggio.
Non ci restava che la clandestinità. Come risposta alle norme repressive votate dal governo decidemmo di incontrarci in segreto per mandare avanti la nostra protesta. Tuttavia, più di affissare qualche volantino provocatorio alle porte delle chiese di molte città, non potemmo fare di più.
Ci sentivamo come dei moderni Illuminati, o meglio, dei moderni eretici. Costretti alla clandestinità dai poteri superiori. Molte volte gli infami tentarono di trovare, inutilmente, i nostri nascondigli. Eppure la città era letteralmente tappezzata di indizi, ma a coloro la cui mente era ormai incasellata in un modello di governo risultavano incomprensibile.
I controlli erano sempre più rigidi, e ogni tanto qualcuno dei nostri veniva beccato e sbattuto in gattabuia. Molti di loro vennero anche costretti a fare abiura delle proprie idee.
Dopo qualche anno si passò alle pubbliche esecuzioni.
Molte volte erano gli stessi genitori che arrivavano al punto di denunciare i propri figli. Molte mogli tradirono i rispettivi mariti, e fratelli e sorelle i proprio consanguinei.
Per i politicanti la parola d’ordine era: controllo!
Persino la Chiesa si uniformò al nuovo regime, sciogliendo il segreto confessionale e consegnando molti dei nostri compagni alla ghigliottina.

 

E sono cose come questa che fanno perdere la testa.
Ti fanno perdere la testa per farti perdere.
Non perdere la testa, non devi perdere la testa, […] non devi perdere.

 

Sto ripensando a tutta la storia, con un fumetto che illustra al pubblico tutti gli avvenimenti, quando uno dei nostri adepti entra in sede sbattendo la porta e gridando allo scandalo.
Alcuni dei sodali corrono a calmarlo chiedendogli cosa ci fosse da urlare sì tanto. Dopo qualche minuto di inutili vaneggiamenti afferma che un altro dei nostri è stato catturato dalle milizie cittadine.
“Ecco… un altro eretico perduto”, penso con tristezza.
Il sodale terrorizzato lentamente si alza e mi si avvicina, per bisbigliarmi quella che è forse la più cattiva delle notizie. Il catturato è stato appeso per i piedi ad un lampione, scuoiato, e lasciato lì a marcire con inchiodato al petto un cartello sul quale erano scritte queste parole: “Ero un eretico, ora sono morto”.
Sono sconvolto. La violenza della soppressione si è evoluta in un qualcosa che non ci saremmo mai immaginati.
Il sodale mi disse anche che era cominciata una perquisizione a tappeto delle città nelle quali si sospettava sorgessero organizzazioni clandestine come la nostra, e che in molte città gli eretici catturati erano stati bruciati al rogo.
È tornata l’inquisizione. E poi gli eretici saremmo noi… come si dice quando il criminale uccide quello che secondo lui è un criminale?
-Basta!-, dissi. -È ora di finirla! Avvisate le altre sedi, domani usciremo allo scoperto!-

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Portiamo il dito medio di Galileo,
portiamolo alla testa del corteo,
nessuno sarà più chiamato babbeo,
se lo infilerà nei pressi del perineo. 

Stiamo tutti ripetendo quelle parole e portando a spalla l’altare con il dito medio di Galileo Galilei, simbolo della nostra ribellione al sistema.
Siamo in decine di migliaia.
Le torce che molti di noi tengono in mano non riescono a svelare i nostri volti incappucciati.
Sembra di essere in una processione di altri tempi. Tutti vestiti con la propria tunica rossa, il simbolo della nostra eresia. Sembriamo un lago di sangue che invade le strade o una lingua di fuoco ormai decisa ad ardere tutto ciò che si oppone al libero pensiero.
Le milizie non sanno che fare. Non si erano mai trovate davanti ad un numero così grande di eretici. Sono però convinto che lo scontro non tarderà ad arrivare.
Ecco… dalle prime file sento arrivare delle grida. La battaglia è iniziata.
Sono sicuro che perderemo…  ma sono fiero, come capo di tutto questo, di averne fatto parte.

Mi bruci per ciò che predico,
è una fine che non mi merito,
mandi in cenere la verità
perché sono il tuo sogno eretico…

 

Beep beep!
Dannata sveglia…
Apro lentamente gli occhi.
Vedo delle sagome sfocate chine verso di me.
Lo stupore è così tanto da farmi strofinare gli occhi tirando uno sbadiglio.
Le figure si mettono a fuoco, e si rivelano essere dei capi incappucciati di rosso.
Urlo dal terrore.
Sei mani si appoggiano sul mio petto impedendo i miei deboli tentativi di scappare.
Uno dei tre, tenendomi sempre più forte, urla: –Ora basta, smettila!-
Mi fermo. Ho il fiatone.
-Chi siete? Che volete da me?-
Non riesco a capirci niente.
-Chi siamo? Non ci riconosci?-
-No!-, gli rispondo. Sono sempre più confuso.
-Come no?! Ci hai ordinato di prepararci per la processione mentre tu andavi a riposare…-
All’improvviso mi è tutto chiaro.
Sento un dolore improvviso al cranio. Sono ricordi di sogno e di anni passati a lottare contro il regime che si impongono a forza tra le sinapsi. Mi scende un filo di sangue dal naso.
Il dolore è insopportabile, ma necessario. So di non poter più tornare indietro.
La crisi finisce dopo pochi secondi. Sono intontito dal male.
-Tutto bene, capo?-
Alzo lo sguardo verso le tre figure incappucciate. Ora li riconosco… sono tra i miei sodali più fidati.
-Sì… ora sì…-
I tre tirano un sospiro di sollievo.
Mi alzo dal letto, continuando a fissarli.
-Passatemi la tunica, per favore.-

Accetti ogni dettame senza verificare ti credi perspicace ma sei soltanto un altro dei babbei e ti bei…

 

 

E.


Questa specie di racconto mi è stato ispirato da Michele Salvemini (in arte, Caparezza) e dalle sue canzoni: Tutti Dormano, Annunciatemi al Pubblico, La Ghigliottina, Non Mettere le Mani in Tasca, La Ghigliottina (ancora), Il Dito Medio di Galileo, Sono il tuo Sogno Eretico e Il Dito Medio di Galileo (ancora).
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