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Il taccuino del giovane cinefilo presenta “Avengers: Age of Ultron” di Joss Whedon

Creato il 08 maggio 2015 da Alessiamocci

L’ormai 21° membro del “club del miliardo” è un prodotto che riesce ad intrigare, grazie ad alcuni fattori vincenti.

Innanzitutto una trama ben pianificata, che ospita coraggiose rielaborazioni di stampo biblico (se non addirittura cristiano), allusioni alle ideologie totalitarie cui Ultron, villain del caso, comunque dalle facoltà intellettive superiori alla media (cinematografica), fa implicitamente riferimento (i deboli impediscono neanche tanto la protezione, quanto l’evoluzione della specie umana, che per raggiungere la “pace e l’equilibrio” dovrebbe quindi essere sterminata), e, per rimanere in campo etico, la tangibile superiorità morale della Visione, androide in cui si doveva incarnare lo “spirito” del nemico.

Come nel capitolo precedente, la sceneggiatura risulta di rilievo, densa di humour e non certo cesellata “a blocchi carraresi”, bensì arricchita di riflessioni pertinenti, realmente sentite. E queste ultime son permesse grazie all’efficacia dei caratteri contrastanti (tra cui figurano Tony Stark, Thor, Bruce Banner, Captain America, Natasha Romanoff, Occhio di Falco, Nick Fury…): sui dubbi di ognuno, sulle vicende personali, sulle difficilmente eliminabili rivalità dovute a diverse visioni del mondo (in fondo è grazie al desiderio di sicurezza di un solo Vendicatore se Ultron prende forma sul Pianeta Terra) e delle priorità e tattiche d’azione, si distende l’alleanza contro la comune minaccia e la convinzione sempre più ferma che “insieme” sia l’unico motto che possa veramente applicarsi agli Avengers.

Si percepisce il richiamo di una vita semplice, privata, taciuta, fatta di affetti e amori di coppia, se non addirittura familiari, stimolato anche dalle allucinazioni indotte nelle menti dei protagonisti da Wanda Maximoff (gemella di Pietro, frutto, come la sorella, di un esperimento scientifico, che nel suo caso l’ha dotato di una prodigiosa velocità).

La guerra insomma non la si vuole vincere solamente per trionfare a livello globale… ma anche “per permettere ad Occhio di Falco di tornare a casa e finire di pavimentare il solarium”, come nota acutamente Marianna Cappi.

Joss Whedon è un regista capace di mantenere ben saldi gli equilibri (tra direzione in sé, soggetto e sceneggiatura, tutti aspetti curati dal suddetto), e di reggere magistralmente il confronto colla creatura capostipite della serie, fatta della stessa pasta e dalle stesse mani.

Non si può certo dire che vi sia carenza di ritmo, o di magistrali sequenze di combattimenti, montate in un turbinio indiavolato cui fanno da spettacolare corredo effetti speciali che meriterebbero perlomeno la nomination ai prossimi Oscar.

I cinefili musicofili avranno sicuramente scorto la presenza pure di alcune citazioni colte: si ode in più momenti l’eco gelida dell’”I’ve got no strings” (riassumibile nelle parole “Eppur non cado giù”) tratto dal leggendario Pinocchio disneyano, oltre alle musiche corali (in questo il Kyrie dalla Berliner Messe) del Maestro estone Arvo Pärt, autore che in questi ultimi tempi sta divenendo sempre più omaggiato (cfr. Mia madre di Nanni Moretti e Foxcatcher di Bennett Miller).

Sorge con gradita naturalezza il dubbio sulla legittimità da parte della critica italiana di assegnare al lungometraggio voti la cui media corrisponda a 1 stella e mezza, come testimonia MyMovies (si è sproloquiato a proposito di “abbuffate indigeste ed inarrivabili primi capitoli”).

Non ci resta che sperare in due sequel (“Infinity War: Parte 1 e 2″ probabilmente non più soggiacenti alle multiformi abilità di Whedon), di fronte ai quali si possa continuare a provare entusiasmo e, in definitiva, a sognare. Perché, a conti fatti, il potenziale di cui son dotati film di questo calibro è davvero notevole, e ontologicamente fedele alla natura della settima arte.
Voto al film:

Written by Raffaele Lazzaroni

Info

Youtube Il taccuino del giovane cinefilo

Recensione di Marianna Cappi


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