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Il taccuino del giovane cinefilo presenta “Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick” di Ron Howard

Creato il 23 dicembre 2015 da Alessiamocci

Il Premio Oscar Ron Howard adatta col suo 23esimo lungometraggio per il cinema l’unico romanzo di Nathaniel Philbrick disponibile anche in traduzione italiana, “In the Heart of the Sea: The tragedy of the whaleship Essex” (2000), vincitore del National Book Award per la saggistica.

Con “Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick” non siamo quindi di fronte ad una diretta trasposizione del capolavoro di Herman Melville (come nel caso invece del celebre film di John Huston del 1956), bensì ad una ricostruzione immaginaria (fondata tuttavia sugli scritti autentici di alcuni sopravvissuti all’avventura oceanica) del racconto che l’anziano Thomas Nickerson (Brendan Gleeson) avrebbe esposto nell’arco di una notte al giovane Melville (Ben Whishaw), alla ricerca di un buon soggetto che gli permettesse di replicare il successo della prima pubblicazione e desse, non certo in ultima istanza, pace e ristoro alle anime agonizzanti di entrambi.

Attraverso la narrazione dell’unico superstite al tempo ancora in vita, assistiamo all’ultima impresa della baleniera Essex, salpata da Nantucket (nel Massachusetts) al tramonto del 1819 sotto il comando del capitano George Pollard Jr. (Benjamin Walker), rampollo di buona famiglia da decenni coinvolta nell’estrazione del preziosissimo olio dai capi dei possenti cetacei, “l’oro nero” dell’illuminazione sette-ottocentesca.

Primo ufficiale della nave è l’impavido Owen Chase (Chris Hemsworth), da molti etichettato impunemente come perenne “inesperto” campagnolo, ma in realtà emblema di una personalissima ottemperanza al buon senso e della più estrema risolutezza di fronte le missioni più rischiose e appetibili, altresì paladino di una razionale insubordinazione marinaresca che lo porterà fin da subito a scontrarsi con la cieca cocciutaggine di Pollard, sul ponte solo per motivi di sangue e non per talento naturale.

Incrementa a dismisura la tensione vissuta dall’equipaggio lo scontro mortale avvenuto dalle parti dei banchi estremi del pacifico centrale, dove fra centinaia di capodogli si trova anche la famigerata balena bianca, la più grossa e inferocita di tutte, inspiegabilmente dotata di un’intelligenza e una spavalderia tali da mettere KO l’imbarcazione e costringere i cacciatori ad un disperato ripiegamento a colpi di remo.

L’insostenibile dilatazione di questo viaggio, lontano dalla famiglia, dalla salute e persino dalle norme civili, divorerà orribilmente le coscienze dei marinai e ne guasterà la carne (è ormai di pubblico dominio la notizia che il primattore, notoriamente ben scolpito, si sia sottoposto ad una rigorosissima dieta di appena 500 calorie al giorno per risaltare la crudezza di quei giorni indelebili).

Alternando sentite riflessioni sulla dignità, il coraggio, l’arroganza, l’affetto fraterno, a ben architettate sequenze d’azione, animate da ammirevoli effetti speciali e catturate dall’autoriale fotografia di Anthony Dod Mantle, capace di tinteggiare l’inquadratura con gran disinvoltura, macchiandola, annacquandola o illimpidendola a seconda delle logiche drammaturgiche, Ron Howard si concede la libertà di attingere appieno alla propria passione per le “soggettive oggettuali”, denotate da inusitati punti di ripresa, scelta estetica che, coadiuvata da un elaboratissimo mixaggio sonoro, getta con calibrata prepotenza lo spettatore all’interno di quest’inferno liquido, ponendolo a distanza molto ravvicinata da epifanie che mal si addicono a stomaci sensibili.

Purtroppo, i sopraelencati sforzi non hanno attizzato a sufficienza il pubblico, di certo non quello americano (responsabile dei miseri 18 milioni di dollari rastrellati in patria), così come quello straniero (incasso worldwide: 68 milioni). Rimane la difficilmente soddisfabile speranza che il Regno Unito, il Giappone e (una volta programmata l’uscita) la Cina possano risanare il debito lasciato dal cospicuo budget di 100 milioni.

Voto al film

Written by Raffaele Lazzaroni


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