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Il trono vuoto di R. Andò

Creato il 08 marzo 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

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Uno degli uomini politici più importanti del paese, il leader dell’opposizione, il rappresentante politico di una fetta importante di società, improvvisamente, nel cuore della notte, all’insaputa della moglie e del suo segretario personale, abbandona tutto e fugge da Roma, dalle asfittiche correnti di partito, dai sondaggi negativi e, soprattutto, dal potere. Un potere divenuto, ormai, grigio e sfibrato, riflesso incolore di un’idea smunta e spuntata, impoverito nei suoi ideali più intimi, un potere che non genera ma degenera, una forza senza impeto né anima, in breve, un trono vuoto. Stanco di seguire una scia incolore, incapace di tratteggiar nuove parabole o tracciare un nuovo corso, Enrico Olivieri, recide di colpo, con la sua fuga, quell’impotenza che sta portando lui e il suo partito a perdere nuovamente le imminenti elezioni. Ma non è il fallimento dell’uomo politico a dettar il suo passo, non soltanto, Olivieri è mosso, nel suo fuggire, dalla consapevole incapacità di evitare l’assordante fallimento della politica. Una politica in cui ritmi e pulsioni sono scanditi da un senso sottile di paura e incertezza, e la legittimità su cui si regge risulta sempre meno solida e credibile, manifestando, quella iato che separa l’essere dal dover essere, l’idea dalla forma. Il pieno dal vuoto. Intanto a Roma, la moglie Anna e il fedelissimo segretario di Olivieri, storditi e fortemente disorientati per quanto avvenuto, tentano una soluzione temporanea, che possa così far da ponte all’eventuale ritorno del leader. Olivieri, difatti, ha un fratello gemello, Ernani, un professore di filosofia, dimesso recentemente da un ospedale psichiatrico e col quale non si vede da tantissimo tempo, da quando, giovani, si innamorarono della stessa ragazza, Danielle. Qui appare, con forza ineludibile, al di là del brillante espediente narrativo, l’altra faccia della politica. Il pseudo – segretario, il gemello, accettando di assumere l’identità del fratello scomparso, si veste da uomo politico e rompe, scuotendo le coscienze, gli schemi immobili nei quali si era incagliato il partito, ignora le paure e dà un senso profondo alle parole, componendo accordi che rilasciano una musica finalmente nuova, suadente, irresistibile. Sussurra, potremmo dire, “qualcosa di sinistra”, ritrova e dà coraggio, riempie il vuoto, coprendo quella cacofonia che ha risuonato negli ultimi estenuanti anni. Si affida alla poesia e alla filosofia: recita le opere di Brecht, cita Eraclito, Goethe, Talleyrand, si scaglia contro l’economia moderna «fondata sul calcolo e sul profitto» e, ai giornalisti che insistono per sapere con chi si alleerà, risponde «che in parlamento ci sono la mafia e la camorra», e che quindi «l’unica alleanza possibile è con la coscienza della gente». Emerge così un’immagine speculare, una politica che, mettendo al centro del suo agire il cittadino, operando con efficace semplicità per il bene comune, dovrebbe sottrarsi al calcolo, alla convenienza, alla connivenza, al malaffare, all’illegalità, all’immoralità. La letteratura è anche politica, e Roberto Andò, regista siciliano, al suo esordio da romanziere, traccia questa modernissima favola filosofica consapevole dell’inscindibile legame tra le due arti. Ambedue, letteratura e politica, si occupano dell’individuo, sia come persona, sia come animale sociale che trova la sua compiutezza, la sua forma migliore, nello stare insieme in società. La letteratura così può veicolare quei bisogni o quel sentire, che la politica, ascesa troppo in alto, distante dal reali, non riesce più ad ascoltare. La letteratura riposiziona, centrandole, quelle tematiche che il mondo politico, ormai atrofizzato, ha eluso.
In questo brillante esordio narrativo, lo scrittore siciliano sferza, tratteggiandola impietosamente, la classe politica italiana, ridotta oramai a un vaniloquio balbettante, rimarcandone limiti e fallimenti. Il trono vuoto non ammonisce, non biasima esclusivamente quello che è divenuta oggi l’arte del governo, inetta e senza un sogno, ma è un richiamo, potente, forse un rimprovero, alla sinistra italiana, quel partito che non sa più parlare al cittadino, alla persona, quel partito di uguaglianze e di diritti, che pare abbia smarrito definitivamente la strada. La ritroverà?
Dal libro Il trono vuoto è stato tratto il film Viva la Libertà.

di Christian Dolci


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