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Impressioni sparse. Ovvero della mia prima volta al Salone del Libro di Torino

Creato il 23 maggio 2013 da Temperamente

Impressioni sparse. Ovvero della mia prima volta al Salone del Libro di TorinoFatico a riordinare le idee e soprattutto a dire qualcosa di sensato. Come ogni prima volta anche quella al Salone del Libro è un’esperienza che ti lascia addosso un mix di sentimenti contrastanti: emozione, senso di spaesamento (ma chi li ha mai visti così tanti libri tutti insieme?), incredulità, estrema insoddisfazione per non aver visto/fatto tutto quello che volevi, stanchezza, voglia di ritornare il prossimo anno con idee più chiare e programmi dettagliati su come muoversi.

Cercherò di condensare nella cronaca di una giornata di Salone le mie impressioni, ma dal momento che mi era impossibile sceglierne una, ho deciso di parlarvi di tutto come se lo avessi vissuto in una giornata sola, perché, a conti fatti, cosa importa se una cosa l’ho fatta venerdì, sabato o domenica? Credo poco. Orari e giorni, tutto sarà arbitrario in questo racconto, tranne le mie impressioni.

Ore 9: Faccio il mio ingresso al Salone. La coda è impressionante. Ringrazio il cielo di non doverla fare. Al mio biglietto hanno provveduto altri e io mi scanso la trafila della coda, peraltro sotto l’acqua, perché in questi giorni, ahimè, a Torino sembra marzo. Un diluvio biblico dall’inizio alla fine. Se nel Salone si sta bene, indubbiamente la città ci ha rimesso, perché nessuno ha osato mettere piede fuori.

Impressioni sparse. Ovvero della mia prima volta al Salone del Libro di Torino
Ore 9.30: primo impatto con il padiglione degli stand degli editori. Ma quanti sono? E come farò a non perdermi qui in mezzo? Li girerò in lungo e in largo per un numero di ore imprecisato (tante) incapace di non fermarmi a sfogliare tutto ciò che mi attrae e in particolare ciò che non trovo facilmente in libreria. Editori che non ho mai sentito nominare ce ne sono proprio tanti. E sì, mi vergogno un po’ della mia ignoranza. Scopro qualcosa di interessante, altro decisamente meno. Alcuni stand sono davvero belli, molto ben pensati, altri sono pieni di gente, asfittici, soffocanti.

Ore 10: mi affaccio al mio primo incontro: “Di cibo, letteratura e altre umane soddisfazioni”. Ci sono Carlo Petrini, presidente di Slow Food, Simonetta Agnello Hornby e Massimo Carlotto. Il tema mi è caro: la cucina in letteratura. Cosa significhi “cucina” per Slow Food si sa, la novità è che oggi questo concetto è tradotto letterariamente in una piccola collana, edita dalla stessa associazione, nella quale grandi autori narrano i loro piatti del loro cuore, non solo attraverso le ricette ma anche attraverso la storia di quei piatti nella loro vita.

Ore 11: Il bello degli incontri al salone, scopro, è che durano poco. Mezz’ora, massimo un’ora e via. Per me che ho sempre sofferto l’insensata lunghezza di certi eventi questa brevità è una manna dal cielo. Riprendo il mio giro.

Ore 12: Ora di pranzo. Odori si propagano dall’area Casa CookBook, la zona culinaria del salone, quella che abbina cibo e letteratura. Vedo una folla radunarsi attorno alla cucina allestita nel padiglione 1: c’è Benedetta Parodi che cucina. Decido di andare a pranzare anch’io. La fila al ristorante è incredibile. Salone del libro, please, per l’anno prossimo organizzatevi meglio sul versante pasti: non si può mica perdere tutto quel tempo per pranzare!

Ore 14: Il Salone per i bimbi mi aspetta: mi tuffo nel Bookstock Village, l’area riservata ai libri per ragazzi, ai laboratori e agli incontri per i più giovani. Riempio la mia borsa di cataloghi, trascinandola per il resto della giornata con il rischio di lussarmi una spalla, mi intrufolo nei laboratori per i bimbi: li osservo disegnare mostri, leggere sdraiati su una montagna di cuscini. Mi affaccio nella redazione del Bookblog dove una redazione di studenti tra i 12 e i 18 anni collabora con i giornalisti de La Stampa per creare un blog dedicato agli eventi del Salone.

Ore 16: Mi tocca l’ora amara. Al Salone ci sono state in questi giorni 330 mila persone, ma gli italiani ahimè, fiere a parte, non leggono. Partecipo all’incontro del Forum del libro dedicato alla promozione della lettura in Italia. Viene prospettata, nonostante il numero impressionante di persone fuori da quella sala, una situazione davvero preoccupante. Interrogativi molti, risposte poche; ma all’incontro si uniscono le voci di editori, librai, insegnanti, lettori alla ricerca di soluzioni. E questo mi piace.

Ore 17: il mio giro prosegue. Nello stand della RAI c’è De Gregori che improvvisa un piccolo concerto. E’ qui per presentare l’audiolibro al quale ha prestato la voce: Cuore di tenebra della Emons.

Ore 18: Scopro la zona cioccolatosa del Salone. Mi chiedo come ho fatto a non pensarci prima: a Torino il gianduiotto è il principe dei cioccolatini. Una zona dedicata doveva averla per forza. E infatti mi ci immergo. Assaggio, compro e mi dirigo soddisfatta verso l’auditorium: se voglio assistere allo spettacolo serale devo mettermi in coda.

Ore 19,30: entro in auditorium. E’ un grande teatro, un’area completamente a sé rispetto alle altre sale, più calate nel blocco dei padiglioni. Nell’auditorium si respira un’aria più raccolta. Mi preparo alla presentazione del libro di Serena Dandini, Ferite a morte, raccontato in maniera emozionante dalle voci di Daria Bignardi, Concita De Gregorio, Lella Costa, Chiara Gamberale, Germana Pasquero, Maura Misiti e Barbara Stefanelli che si alternano nelle letture sul palco. Il salone quest’anno dedica ampio spazio alle tematiche femminili. Mi rammarico, per mancanza di tempo, di non riuscire a seguire le presentazioni di libri di Michela Murgia e Loredana Lipperini, ma mi consolo con questa presentazione che è davvero bella e diversa dalle solite.

Ore 21: esco dal salone distrutta. Filo in albergo sotto la pioggia, domani mi aspetta un’altra lunga giornata. Il meglio ve l’ho già raccontato. Gli autori e gli eventi che mi sono persa sono infiniti, non sto qui a fare una lista perché mi intristisco.

Cosa mi rimane allora del Salone e dei suoi giorni frenetici? Non i libri, non gli eventi, non la mole di cataloghi che ho portato con me. Più di tutto il senso di appartenenza ad una comunità, quella dei lettori, con la quale spesso nella vita reale non riusciamo ad interagire e che cerchiamo qui sui blog.

L’unica cosa davvero bella delle fiere sono i lettori. Tanti lettori che si incontrano.

Lo ha detto Roberto Saviano, sabato, nel suo bagno di folla al Salone.

Giulia Lanzolla


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