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in Carnia

Creato il 15 gennaio 2011 da Gaia

Oggi ho avuto il piacere di partecipare ad una grande manifestazione a Tolmezzo: per l’acqua pubblica, contro il progetto di elettrodotto aereo Wurmach-Somplago, e contro il progetto di potenziamento della centrale elettrica del lago di Cavazzo. Questa volta non è sui dettagli ambientali che vorrei soffermarmi, anche perché, al di là di tutti gli striscioni in difesa della montagna (difenderemo la nostra montagna con i denti, montanari svegliatevi, Cividale solidale con la Carnia, ecc ecc) e contro i politici locali (premio Attila d’Europa per Tondo, i nostri politici i più ignoranti d’Europa…), la verità è che la soluzione a questi problemi, in un ottica comunque di gestione pubblica dei beni comuni, è sempre la solita: redistribuzione dei redditi, così da garantire a tutti un livello minimo di accesso alle risorse, e prevenire grossi sprechi; e riduzione dei consumi, perché è inutile essere contro elettrodotti e mega progetti energetici se poi si pretende di consumare energia e merci a piacimento.

Detto ciò, l’aspetto forse più interessante oggi era quello geografico e identitario. Io sono sostenitrice dell’idea di identità multiple, cioè del poter vivere come membri di diverse comunità umane non esclusive – ad esempio, io posso sentirmi friulana, italiana, europea, posso percepire un legame con gli sloveni e gli austriaci, per non parlare di comunità elettive, per cui il discorso diventa più complesso. Confesso che, quando mi sono trovata sul ponte che collega Caneva a Tolmezzo, sul torrente But, tra le montagne azzurre, parzialmente coperte da lunghe strisce di nuvole basse, e ho sentito i tamburi battere, e ho visto tutte quelle bandiere con l’aquila gialla in campo blu, stagliarsi alte e agitarsi al vento, mi sono emozionata. Non tanto per il patriottismo friulano, ma perché è emozionante l’idea di una comunità che si ribella e si riunisce per difendere qualcosa che ritiene prezioso, in questo caso la bellezza e la salute delle montagne, l’acqua che dev’essere di tutti, insomma la propria terra nel significato più ampio possibile. Era bellissimo anche che ci fossero gli ambientalisti di tutta la regione (ed è stato segnalato almeno un triestino), e un gruppo di carinziani con cartelli in tedesco. Il cominzio in piazza, infatti, è stato praticamente trilingue: italiano, tedesco, e friulano (friulano della bassa, friulano carnico…). Vedere i sindaci carinziani che parlavano nella propria lingua e nella nostra, con un accento forte che denotava la difficoltà e quindi l’impegno che ci hanno messo, anche questo mi ha emozionata. Mi immaginavo di spiegare a, che ne so, un romano, che questo è quello che significa vivere sul confine, significa aver capito che le battaglie si fanno insieme e si impara la lingua gli uni degli altri, e ci si dà una mano e il buon esempio, ognuno se vuole con le sue bandiere. Mi aveva fatto lo stesso effetto quando una scuola bilingue nelle valli del Natisone (non ricordo il paese) era a rischio smantellamento, e a Udine erano venuti a manifestare i ragazzi e i loro genitori con striscioni bilingui, e alcuni avevano portato le fisarmoniche. Ci sono state altre cose che mi sono piaciute della manifestazione di oggi – i soliti appassionati che portavano appoggiati alla mano inguantata tre splendidi uccelli: un enorme gufo reale, un falco sacro con gli occhi coperti da un cappuccetto di cuoio perché mal sopporta di stare a terra in mezzo a tutta quella confusione, e un barbagianni bianco e beige, con le ali spruzzate d’argento; oppure la diversità di partecipanti e di oratori sul palco (da don Di Piazza a un imprenditore del posto, da un consigliere regionale di Sel a, ahimè, un leghista, che ci ha raccontato che i vertici del suo partito hanno provato a impedirgli di andare…); o il discorso di una donna che alleva vacche in montagna, ma fa fatica, si lamenta dei costi esorbitanti dell’acqua privatizzata, e chiede una mano…

Il concetto ricorrente di bellezza, poi, è davvero importante. Difendere la bellezza non è un lusso o un capriccio. A parte che spesso, anche se non sempre, la bellezza corrisponde alla salute, alla cura, alla convivenza armonica, alla creatività, soprattutto quando si parla di paesaggio. E la bellezza ha un valore sia economico che psicologico e sociale. Oltre che friulana, io sono anche romagnola, e la Romagna, mi dispiace dirlo, umanamente mi è sempre piaciuta ma paesaggisticamente è in gran parte un disastro. Per quanto mi piaccia andare là a trovare la mia famiglia, ogni volta che vedo la campagnia disordinata e cementificata, i paesi sciatti, le nuove costruzioni senz’anima, mi viene tristezza, e anche rabbia. Il Friuli non è tanto meglio, in pianura, ma noi abbiamo anche il dono e patrimonio delle montagne. Le montagne sono una delle cose più belle che esistano al mondo. La gente che ci abita non le vuole deturpare. La gente vuole essere fiera delle sue montagne, quando le attraversa da sola o in compagnia, quando vengono dei visitatori (non troppi, aggiungo io, perché anche il turismo abbruttisce); la gente vuole svegliarsi la mattina e vedere le cime nella loro maestosità e purezza, non sfregiate da orrendi piloni. La gente vuole un lago sano in cui fare il bagno. Non è meraviglioso che, per difendere questo, sia disposta anche a rinunciare alla promessa del consumo e del denaro?

Forse non eravamo abbastanza, in piazza, oggi, eravamo qualche migliaio, il resto della Carnia si faceva i fatti suoi. Ma già vedere tutte queste persone che capiscono cosa è importante, che si muovono per difenderlo, è bellissimo.


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