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In crisi per uno spot

Creato il 08 marzo 2011 da Danielevecchiotti @danivecchiotti

La produzione dello spettacolo teatrale sugli anni ’80 commissionatomi qualche mese da Officine Papage sta arrivando alla fase 2, quella della concretezza, delle prime letture drammatiche, delle mises en espace, del coinvolgimento di costumisti, scenografi e musicisti perché ognuno faccia la sua parte e lo show prenda definitivamente forma.
Definiti i caratteri dei personaggi e l’intreccio della storia, scelte le canzoni che faranno da colonna sonora, messe nero su bianco le prime note di regia, si tratta ora di lavorare ai dettagli (fondamentali, per una commedia come questa), vale a dire selezionare tutti gli oggetti, gli ambienti, i rumori che siano in grado di ricostruire l’atmosfera tipica di quell’epoca e oggi del tutto perduta.

Uno degli scogli più ardui da superare è il decidere quali spot pubblicitari riesumare per raccontare un periodo in cui, più che mai, la cultura pop passava attraverso i jingle e gli slogan dei commercials tv. Sì perché.. gli anni ’80 sono stati quelli del grande boom del consumismo catodico, e, molto più di quanto non accada oggi, le musichette della pubblicità ci condizionavano la vita, diventavano veri e propri tormentoni dei quali non ci si liberava per anni interi.
Ma il problema sta proprio qui: perché gli spot rimasti mitici ed entrati nel DNA di tutta una generazione sono talmente tanti e tutti fondamentali da rendere praticamente impossibile sceglierne cinque o sei che, da soli, li rappresenti tutti.

Basti pensare al “Provare per credere” di Guido Angeli, a “Io non l’ho mai provato Hurrà!”, alla erre moscia del bambino di “San PellegRino che aRanciata esageRata”, al passaparola di “E’ nuovo? No, lavato con Perlana”, o all’aria sensuale di quella modella che camminava verso la telecamera con aria appagata sussurrando malandrina “Ho fatto l’amore con Control”.
Faccio fatica a rinunciare all’uomo Del Monte che aveva detto Sì, ai dieci piani di morbidezza della carta igienica, al cuore di panna della Algida, alla musichetta coinvolgente di “Baleno / e lavoro meno”, al Golosastro della Girella Motta, al tubi-tubi-tubi-tù dei Baci Perugina, all’albero di Natale umano degli Auguri Coca Cola, al cavallo bianco del bagnoschiuma Vidal, al siciliano che ce l’aveva profumato perché mangiava mentine Mental, al marito triste e sconsolato perché sua moglie, a differenza di quella del collega, non apprettava le camicie con Stira e Ammira, alle storie strappalacrime della Barilla su musica di Vangelis, ai piatti-tì che con Nelsen Piatti li vuol lavare lui, al dai-dai-dai-dai stappa un Crodino!, a Daniela Goggi che mastica chewing-gum Big Babol.

Capite anche voi che si potrebbe andare avanti per ore, e tirar giù un elenco che nemmeno Fazio e Saviano dopo dieci strisce di cocaina. E invece a me e ai miei colleghi di lavoro toccherà sceglierne solo pochi, pochissimi, lasciando fuori tutti gli altri e castrandoci i ricordi.


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