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In giro per l'Italia: Morrone del Sannio

Creato il 27 marzo 2015 da Signoradeifiltriblog @signoradeifiltr

In giro per l'Italia: Morrone del Sannio

Sono numerosi i paesini del Molise che contano meno di mille abitanti, piccoli centri arroccati su irte colline pietrose e che Flaviano Testa ci fa conoscere attraverso i suoi scatti fotografici che sanno cogliere il silenzio antico di questi luoghi sospesi da secoli fra storia e realtà. Fotografie in bianco e nero dove i contrasti fra stradine acciottolate e fili elettrici o panchine di ferro sembrano stridere fra loro, ma ci conducono dentro la vita di questi luoghi dimenticati dove le giornate scorrono tranquille e senza tempo, dove, come in altri centri, c'è una forte involuzione demografica, poiché di generazione in generazione i paesi sono stati abbandonati.

Siamo oggi a Morrone del Sannio in provincia di Campobasso, dove, agli inizi del novecento, vivevano quasi 4000 persone e dal censimento del 2011 si supera a malapena quota 600 abitanti. Il paese prende nome dall'antica Maronea, il cui etimo significa Roccia ed è giustificato dallo sperone roccioso su cui sorge il centro abitato. La storia del paese inizia con la civiltà sannita. Un popolo di valorosi guerrieri suddiviso in varie tribù che si dedicavano alla pastorizia. Il territorio di Morrone era in bilico tra le tribù dei Pentri e quelle dei Frentani.
Negli scambi commerciali la pratica più diffusa era il baratto. Fin da quegli antichissimi tempi le risorse non bastavano alla popolazione e il coraggio e la forte tempra dei suoi abitanti fecero di loro dei soldati mercenari. Come altri territori del Molise passò poi sotto la dominazione dei Romani e in seguito a quella dei Normanni, poi degli spagnoli fino all'unità d'Italia.
Molti sono i morronesi che si sono distinti per serietà e impegno nella loro professione, famosi giuristi, latinisti, ma anche poeti e musicisti come Dante Valentini, nato a Morrone nel 1920, insegnante elementare compositore della musica di oltre 300 canzoni italiane, in dialetto napoletano e molisano. La sua canzone più famosa "il passerotto" (lu passariell), cantata da Carla Boni, si classificò terza al festival di San Remo nel 1953. I laboriosi morronesi si sono fatti onore anche all'estero. dove in gran parte sono emigrati, come Nazario Colasurdo, accademico di fama internazionale iniziò la sua carriera come medico ricercatore a Denver poi divenne docente di Pediatria in Texas e nel 2007 è Preside della Facoltà di Medicina dell'università del Texas.
Un altro morronese che si è fatto strada all'estero è Pat Cocco, che all'età di dieci anni iniziò l'apprendistato come sarto nella suo paese natale, emigrò in America dove
ha lavorato per oltre venti anni con due dei più prestigiosi produttori di Vancouver, divenuto stilista affermato, decise di fondare la Seville Tailors, marchio oggi affermato in tutta America.
Morrone del Sannio è uno dei paesi che, in competizione con altri piccoli centri, si contende il primato di aver dato i natali a Pietro da Morrone , divenuto Papa Celestino V, immortalato da Dante nella Divina Commedia come " colui che fece per viltade il gran rifiuto".
Antiche tradizioni paesane richiamano nelle occasioni i morronesi che vivono lontano: nella sera dell'ultimo dell'anno una gioiosa compagnia di giovani porta in giro "u burr" lungo le strade del paese e, accompagnandosi da fisarmonica e strumenti vari - tipico l'acciarino - augurano un buon anno a parenti e conoscenti.
Il cosiddetto " burro " è ricavato da un recipiente vuoto di legno a forma cava sul quale è stesa una pelle concia di pecora nel cui centro è fissata una cannuccia verde, che con movimento di va e vieni prodotto da una pezzuola scorrevole, manovrata da un suonatore, produce suono più o meno cupo che ben si accompagna alle canzoni cantate per l'occasione. Il giorno dopo viene ripetuta la stessa funzione e dalle varie famiglie vi è l'offerta dei doni, per lo più mangerecci, che vengono consumati a sera tardi dall'allegra comitiva.
Le specialità gastronomiche più rinomate del paese sono:
i "bucellati" Sfoglia di pasta con l'uovo, ripiena di pane integrale, mandorle, mosto cotto. I
I "calcioni" Involti di pasta frolla ripieni di purea di ceci o castagne e cioccolata.
I "fiadoni": Rustici impastati con uova, formaggi freschi e secchi, talvolta con salsiccia e cotti nel forno
Famoso e da gustare sicuramente è il croccante di mandorle aritigianale.
La celebrazione della festa di San Giuseppe è quella che meglio di tutte conserva un sapore antico, e presenta una serie di rituali pervenuti quasi intatti attraverso i secoli. Non si tratta solo dei fuochi, che restano accesi per tutta la notte ed il giorno successivo in vari punti del paese, dei piatti tipici che vengono consumati, ma è il richiamo alla unità della Sacra famiglia. Si scelgono tre persone: un uomo, una donna ed un bambino; una volta tra le più povere del paese, e di spiccata onestà, per dar loro l'occasione di rimpinzarsi a dovere almeno una volta l' anno. I tre soggetti scelti impersonano Gesù, Giuseppe e Maria. Per loro, in una apposita stanza, chiusa, viene allestita una tavola per un pranzo "specialissimo".
Nell'area archeologica di Casalpiano , nel territorio di Morrone, sorge la chiesa di Santa Maria, con una tipica struttura in stile romanico. In questa chiesa vive già da diversi anni Fratel Giuseppe Di Lena.
Autore di icone e compositore di musiche Sacre, In questo luogo appartato, nel ritiro e nella preghiera, due anni fa ha maturato la vocazione di scegliere la difficile strada della piena solitudine e ha fatto atto di professione perpetua come monaco eremita.


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