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IN UN OSPIZIO A BERNA è STATO APERTO UN REPARTO PER SOLI ITALIANI

Creato il 09 luglio 2010 da Madyur
IN UN OSPIZIO A BERNA è STATO APERTO UN REPARTO PER SOLI ITALIANI
Prima è arrivato il Signor Giovanni , con la sua macchina da scrivere elettrica e guai a chi me la tocca ,e poi il Signor Ugo. Le stanze sono al completo : dieci donne e due uomini al nono piano del “Domicil Schwabgut” , la casa di riposo di Berna Ovest. E’ il reparto Mediterraneo: solo italiani.
Una stranezza o un atto di razzismo di questo paese confinante con il Belpaese. Ma all’ingresso di questo palazzo di undici piani , dove c’è il bar , la palestra e la ciotola per il gatto , si capisce che la Svizzera è avanti. “Capita quel che succederà anche in Italia tra non molti anni.” Dice Lorenzo Calabria , delegato della Parrocchia Sant’Antonio all’Anzianità e Immigrazione “L’emigrazione si è stabilizzata. Hanno lavorato qui , hanno la loro pensione e non vogliono tornare in Italia. Però chiedono di rimanere tra loro. Con i loro cibi , con la loro lingua , le loro abitudini”.
Al nono piano ci sono il tricolore , quadri , fotografie , riviste, radio , televisione, infermiere, assistenti , cuoche e medici : tutto parla italiano “Ci sono voluti dieci anni per arrivare a questo nono piano, è stata una conquista – spiega Anna Rudeberg , dirigente del Consiglio generale degli Italiani all’estero – Molti di loro se tornassero in Italia si sentirebbero stranieri in Italia. Grazie alla municipalità di Berna chi non ha 1500 euro per la retta mensile ottiene un sussidio , è un riconoscimento per gli anni di lavoro in Svizzera”.
“Anche qui ci sono stati problemi – dice Calabria – In certi Cantoni non vogliono che si creino aree riservate alle nazionalità. E pensare che a Friburgo gli svizzeri tedeschi non vogliano stare con gli svizzeri francesi”.
A Zurigo , al gemello Erlenhof, esiste un reparto Mediterraneo dove ci sono italiani, portoghesi e spagnoli. Ma a Berna il reparto è diventato un modello , che a San Gallo hanno deciso di seguire.
Sono mille i pensionati italiani di Berna , e più di 50 mila in tutta la Svizzera. Le case di riposo o sono private , con rette da nababbo, o sono pubbliche con tariffe agganciate alla pensione.
Certo se non fosse rimasto vedovo, il signor Ugo sarebbe a casa sua , tra i ricordi di una vita cominciata a Parma e continuata qui come meccanico di precisione per l’industria aeronautica.
In reparto si sente odore di lasagne e caffè. La signora Minghali , assistente infermiera, con genitori pugliesi guarda con tenerezza questi ospiti che non vogliono sradicarsi dalle loro origini. La signora Elisa di 90 anni racconta “Quando ero in Italia , dopo la guerra lavoravo al Bar Garibaldi di Valdagno e nemmeno sapevo dove stava la Svizzera. Ho sempre lavorato, ho scoperto che qui avrei guadagnato di più , e adesso so che sono stata meglio”. In Italia non torna più. Il marito non c’è più “Ma , la mia mamma è sepolta qui , anche se in Italia i cimiteri sono più belli”. Le case di riposo no “Lo so, lo so, lo so , ho un cugino che mi chiama e si lamenta sempre..”madyur

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