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Inarritu vittima della semplificazione

Creato il 22 febbraio 2011 da Presidenziali @Presidenziali
Inarritu vittima della semplificazioneInarritu ci riprova. Tre film dopo, con in mezzo mastodonti del calibro di Amores Perros e 21 grammi, il regista messicano tenta l'approdo verso nuovi lidi, portandosi dietro i pezzi da novanta che gli hanno fruttato un posto di prim'ordine nel frizzante Olimpo dei nuovi talenti cinematografici: le coinvolgenti musiche del fido compagno Gustavo Santaoalla, una regia solida, cruda e polverosa, un montaggio assiduo, l'abilità a questo punto innata nel dirigere gli attori e quella sottile capacità che hanno quei pochi registi nel creare un prodotto di largo consumo mantenendo un tratto autoriale determinante. La confezione si presenta all'occhio non attento performante, ma con il passare dei minuti si intuisce la mancanza di qualcosa di molto importante. La miccia. Il detonatore che mette in moto tutto questo ben di dio.Da subito si nota una sostanziale differenza con le precedenti opere nell'abbandono del registro corale: un solo protagonista ripreso da tutte le angolazioni possibili. Fa strano vedere come Inarritu nel sottoporsi ad una scrittura a lui nuova e sulla carta più facile visti i precedenti e articolati sforzi narrativi, manchi di inserire l'elemento avvincente. Il gusto per il complesso si traduce in macchinoso così come gli innesti forzati di personaggi che poco regalano alla massa filmica (la coppia di cinesi gay su tutti). Il protagonista, un assoluto Javier Bardem (miglior attore a Cannes exequo con Elio Germano) scuro e in precoce deperimento è un padre di famiglia sensitivo calato nei bassifondi sommersi di una Barcellona originale e degradata che scopre di avere un cancro in fase terminale. Con due bambini piccoli a carico, una ex moglie prostituta mentalmente instabile cercherà di lasciare ai figli la speranza di un futuro migliore in una sorta di spasmo redentivo a ritroso che lo aiuterà nel percorso verso l'aldilà. Nel suo lento incedere claudicate Inarritu disperde l'ingombrante materiale drammatico qua e là dissipando momenti potenzialmente struggenti (la scena delle stufette nel garage è oro buttato al vento) lasciando l'ingrato compito di tener viva l'attenzione agli sguardi e ai sussurri del protagonista in ottima forma. Prova registica imponente nei mezzi e nella messa in scena il film non manca di ottimi spunti come la scena dell'inseguimento sulla Rambla trattandosi tuttavia di una prova sottotono che non va comunque ad intaccare la figura di un cineasta vivace e dalle grandi doti che sappiamo sicuramente poter tirar fuori dal suo cilindro magico opere di ben altro spessore.
voto: 6 sulla fiducia

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