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Incubo di una realtà possibile

Da Aperturaastrappo

Incubo di una realtà possibileSu una stradina di campagna si fermò l’auto. Era finita la benzina in maniera davvero singolare: avevo fatto il pieno prima di partire. Scesi, controllai tutto per benino: non vi erano perdite e non si era guastato il “benzinometro “, era tutto a posto, tranne la benzina che mancava. Rassegnata, presi la valigetta con i documenti, l’ i-Pad, la mia borsa, e mi incamminai a piedi per una stradina. Non faceva freddo, anzi l’aria sembrava tiepida, quasi piacevole:  nonostante l’inverno tutto indicava la primavera. Camminai per una buona mezzora senza incontrare anima viva, sembrava che fossi finita in un’altra realtà (una dimensione parallela?).  Arrivai ad un bivio dove delle insegne indicavano diverse località. Fui colpita dal nome di una città: “Digitlandia” (città del digitale?) che tra l’altro era anche la più vicina, a soli due chilometri.Magari stavo sognando!
Mi avventurai e subito capii che qualcosa non era come sarebbe dovuto essere: non alitava un soffio di vento, non si sentivano profumi campestri, non udivo il canto degli uccelli né ronzio di insetti. Sempre più perplessa continuai a camminare e finalmente cominciai a sentire i rassicuranti rumori di una città e a vederne il riflesso delle luci in cielo, poiché già stava imbrunendo. All’entrata vi erano cartelloni pubblicitari enormi, non cartacei ma digitali, che sponsorizzavano prodotti anch’essi digitali. Camminai ancora un poco e vidi un’enorme scritta digitale che diceva: “Benvenuti a Digitlandia, Comune d’Europa, numero di abitanti …..” non riuscivo a leggerlo, una cifra pazzesca! alzai gli occhi al cielo e non vidi stelle, né luna, in compenso molta gente era in strada. I volti delle persone erano amorfi: non erano allegri  né sereni né, tanto più, felici, ma tutti col viso abbassato sui loro apparecchi digitali.Suonerie di cellulari assordanti riempivano la sera.Ovunque sbirciassi dentro le case, ciascuno era concentrato sui propri strumenti e le persone non parlavano tra loro. Così per lunghi tratti di strada. Era già tardissimo, ma sembrava che nessuno facesse caso alla notte, presi dai loro telefonini, i-Phone, i-Pad, dai loro super pc. Constatai che tutti guardavano in continuazione l’orologio, e molti di questi entravano ed uscivano da palazzi stracolmi di uffici.C’era uno strano ordine: ovvero il caos dell’ordine!Non vidi biblioteche, né librerie, né teatri, né cinema, né scuole, c’erano solo centri digitali o digitalizzati di ogni genere e per ogni genere di cose aperti a tutte le ore del giorno e della notte.Intuivo un super controllo.Ad un tratto mi imbattei in un tale al quale chiesi se poteva indicarmi un B&B: fu gentile, e in men che non si dica, digitando sul suo aggeggio ultra moderno, me ne indicò uno. Notai che era vestito come un manichino, tutto griffato, perfino il profumo che aveva addosso era all’ultimo grido. Ora, sarà stato il grido del suo aroma, o quello del protagonista del film horror che stavo vedendo, che di colpo  mi svegliai.Che incubo! ( l’anticipazione di una realtà possibile?)

Di Lucia Immordino 

da un’idea tratta da “Fahrenheit 451”
di R. Bradbury

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