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Intervista a Giulia Basile, autrice di ‘Tredici storie per tredici donne’ (Stilo Editrice)

Creato il 12 gennaio 2012 da Temperamente

Intervista a Giulia Basile, autrice di ‘Tredici storie per tredici donne’ (Stilo Editrice)Giulia Basile è una scrittrice di Noci (BA), paese di cui è anche stata Sindaco e in cui da anni si occupa di volontariato e organizza eventi culturali. Ha pubblicato vari libri: sia racconti che raccolte poetiche.

Quanto hanno inciso le tue esperienze in campo pubblico nella tua scrittura? Credi di averle vissute in maniera particolare in quanto donna?

Credo che in ogni mano di chi scrive, pur se cambiano gli strumenti per farlo, c’è il bisogno viscerale di trasmettere il proprio mondo interiore e la propria visione del mondo. L’esperienza del volontariato mi ha formata alla concretezza e alla necessità di comporre insieme l’utile e il dilettevole, che è poi un bisogno insito nella letteratura di tutti i tempi. E inoltre mi ha dato un senso della giustizia, che nasce quando si è a stretto contatto col bisogno e con la sofferenza, che mi porto dentro sempre quando scrivo e che mi è stato di stimolo anche nella breve esperienza di amministratrice della mia Noci. In questa, sì, ho dovuto spendere più energie del necessario proprio in quanto donna, che si scontrava con una visione  maschile a “lungo termine”, e con i tempi maschili del fare politica. Tengo a ricordare che mi battei subito per modificare lo Statuto comunale affinché in Giunta (ero l’unica donna in Consiglio comunale) fossero rappresentati entrambi i generi. Tanto per salvaguardare il caso (improbabile ma futuribile) che ci fosse la garanzia anche per gli uomini di essere presenti in una eventuale Giunta tutta femminile. Credo che Noci sia stato il primo Comune in Puglia nel 2000 a legiferare in tal senso.

Fra opere poetiche e narrative di Giulia Basile la penultima, l’Hospite, tratta dell’esperienza autobiografica della malattia.

Hai deciso di affrontare ed elaborare l’accaduto attraverso la scrittura? Si è trattato di una sorta di cura attraverso il racconto?

Tutte le volte che ho l’opportunità e l’occasione di starmene tranquilla a pensare, costruisco pagine nella mia mente per dare poi seguito a quelle pagine con la scrittura. È un bisogno di tutti i “sognatori” credo, che vogliono che i loro sogni si avverino almeno sulla pagina scritta. Il lungo periodo di riposo forzato per la malattia e l’intervento è stato riempito dal diario di quei miei giorni e dai pensieri legati alle due direttrici della nostra vita: la morte e la vita, che il cancro ha il potere di farti percorrere nei due sensi. La scrittura e l’Hospite, in cui racconto la mia esperienza, mi hanno dato l’opportunità di fare il punto sulla mia e nostra situazione esistenziale, per accettarla, superarla e condividerla. In questo senso, a posteriori la scrittura è diventata terapia, e quando la terapia è efficace la si vuole suggerire agli altri, e da qui è nato il bisogno della pubblicazione.

L’ultimo libro pubblicato (dicembre 2011) di Giulia Basile (Tredici storie per tredici donne, Stilo Editrice) è, come suggerisce il titolo, tutto al femminile.

Cosa accomuna le tredici donne dei tuoi racconti?

Direi la qualità del dolore. Il dolore femminile nasce a mio parere da una sensibilità e una soglia profonda del dolore, che è tipica delle donne, legata proprio all’essere femmina, molto più del dolore maschile. Chiarisco: non è che gli uomini non soffrano. Forse piangono di meno e le donne in media hanno la “lacrima facile”, ma non è questo il punto. Nelle donne è come se al dolore di una si collegasse a ritroso al dolore di tutte le donne, di generazione in generazione. Infatti, io sostengo che il dolore nella donna è “genetico” e ha trovato sempre nuovo alimento dalla violenza che è stata (ed è) perpetrata nei confronti delle donne. Da qui nasce anche il desiderio di rivalsa delle donne, che soffrono ma non soccombono facilmente e che, anzi, tutte le volte che gridano «voglio morire!», come accade di fatto a una delle mie protagoniste, in realtà stanno gridando «voglio vivere… lasciatemi vivere!». E vogliono vivere secondo parametri di più diffusa verità e giustizia.

Nei tuoi racconti descrivi ragazze e donne di varie età: ci sono difficoltà diverse con il passare degli anni? E con il cambiamento delle generazioni?

Se l’età è diversa, le difficoltà sono oggettivamente diverse, ma con una matrice comune, come ho detto prima, quella di una ribellione e insieme accettazione della sofferenza (lo stupro, l’incomprensione) in cui di volta in volta la famiglia, la ricerca dell’amore, la violenza maschile, le convenzioni sociali, la malattia, l’inganno, sono il contenuto del fardello che la donna si porta sulle spalle, quando di anni ne ha 14 e fino a 80 e passa.

Quanto al cambio generazionale, oggi certo quel fardello è più leggero, ma molte donne non lo sanno, o poche ne sono responsabilmente consapevoli, e anzi invece di camminare più spedite nella società le vedo che si appesantiscono da sole in situazioni in cui esse stesse non credono. Infatti, per esempio, non è cambiato nella sostanza il loro rapporto con l’altro sesso (se non nelle libertà esteriori) e la società non cambia, perché le madri continuano a nutrire i figli con quella differenza di genere che da donne adulte poi combattono. Il corpo delle donne violato, concretamente e mentalmente dagli uomini, grida vendetta alle stesse donne che fanno perdurare certi schemi sociali voluti dal potere maschile.

Sei molto combattiva ed energica: cosa rispondi a chi ancora crede che la donna sia il «sesso debole»?

Io non sono per le definizioni apodittiche: ci sono donne che appartengono alla categoria di pensiero debole e cuore debole, e ci sono donne che appartengono al pensiero forte e ai forti sentimenti. Allo stesso modo credo che ci siano uomini forti e deboli. Il sesso lo lascio nella… biologia, nella sfera delle cose che danno al genere umano riproduttività e piacere, due condizioni per dare continuità alla specie, ma non lo utilizzo per una divisione di genere. Per me ci sono persone forti e persone deboli e finché non ci abitueremo a parlare tutti la stessa lingua, lo scontro sarà sempre presente e la battaglia delle donne per la parità, dalle piccole cose alle grandi della vita, continuerà ad esserci e a farle soffrire.

Grazie.


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