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Intervista a Giuliano Pasini

Creato il 18 ottobre 2013 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

Da Fralerighe Crime n. 7

Intervista a Giuliano Pasini
Innanzitutto benvenuto su Fralerighe…

1) Presentati ai nostri lettori. Chi sei, cosa fai, perché esisti?

Se il “perché” prima di “esisti” è causale… non ne ho idea. Ti direi che i miei genitori, quella sera, dovevano avere bevuto un bicchiere di troppo. Solo che erano quasi astemi… Se invece è “finale”… non ne ho idea. Ma so che mi diverto e mi piace. E chi sono? Giuliano, 38 anni, una moglie, un figlio in arrivo (o forse già arrivato), un lavoro da comunicatore d’impresa dalle 8 alle 20, una passionaccia per la scrittura dalle 5 alle 7. Una volta correvo, ora ingrasso.

2) Come scrittore, da quali autori – non solo letterari, ma anche cinematografici, musicali, ecc. – ti consideri influenzato?

Come lettore, prima (molto prima) che come autore devo moltissimo a diversi autori. Ho una passione per la letteratura classica, in particolare per le tragedie greche. Quindi Eschilo, Sofocle (soprattutto lui, per Venti corpi nella neve. Lui e il suo destino immanente) ed Euripide. Per non parlare di Omero, chi ha inventato una trama dopo l’Odissea? Per restare più vicini a noi: Stephen King è una passione adolescenziale mai spenta (il primo romanzo che leggo ogni anno è suo), senza dimenticare Connelly, Lehane… o le recenti scoperte di Vonnegut e Durrenmatt. Italiani, dirai tu. Piero Chiara sopra tutti, e la sua descrizione della vita di provincia. Giovannino Guareschi, per lo stesso motivo. E Loriano Macchiavelli, il papà di tutti noi che proviamo a scrivere gialli italiani. Senza dimenticare Francesco Guccini. Ecco, con Guccini usciamo dalla passione ed entriamo nella religione. E sicuramente ne ho dimenticati chissà quanti… Musicalmente non posso dimenticare i “visionari” Pink Floyd, e la chitarra di Mark Knopfler. Recente è la scoperta della musica classica, e persino dell’opera. Forse sono pronto anche per i romanzieri russi, allora. Sempre stati uno scoglio insormontabile per me!

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3) Com’è nata l’idea per Venti corpi nella neve?

Una sintesi tra le esperienze della mia famiglia e la storia della terra in cui sono nato. Io vengo da una striscia di Appennino sospesa tra Modena e Bologna, che durante l’ultimo anno di guerra divenne fronte. Paesini restati sempre isolati divennero il teatro di scontri cruenti, lungo la Linea Gotica, e videro nascere il movimento partigiano (la prima “Repubblica Libera” nacque a Montefiorino, un villaggio tra i colli dell’ Appennino) e videro morire persone trucidate nei modi peggiori. Per chi è nato da quelle parti, come me, è normale crescere sentendo racconti di eccidi, rapimenti, esecuzioni. Case Rosse non esiste, per cui l’eccidio del Prà Grand non si è mai verificato. Il 18 luglio 1944 però, a Ciano di Zocca vennero impiccate venti persone con il fil di ferro che si usava allora per legare le balle di fieno. Un racconto che io ho sentito dalla voce di chi c’era, ma che chi verrà dopo la nostra generazione avrà solo riportato come un “sentito dire”. Io non voglio che succeda. Il mio obiettivo era portare testimonianza, o meglio prolungare la memoria. La scelta di vestire di giallo quella storia mi ha consentito di portarla a conoscenza di un pubblico più vasto. Il messaggio dietro Venti corpi nella neve è: “mai più la guerra”. Perché la guerra non risolve i problemi ma ne crea. La guerra apre ferite che non si richiudono nemmeno dopo secoli.

4) Ci racconti un aneddoto legato alla stesura del romanzo?

Ci si raccomanda sempre di non fare leggere le proprie opere a parenti o amici perché tenderebbero a essere troppo indulgenti. Ecco, la prima stesura del romanzo, che ancora si intitolava “La giustizia dei martiri”, la feci leggere a mia moglie. Me la stroncò. Sul momento la presi male, ma dopo un sano bagno di umiltà capii che aveva ragione. Ci ho lavorato molto, dopo. Soprattutto sullo stile di scrittura, alla ricerca di una voce “mia”. Ma il mio aneddoto preferito riguarda la prima presentazione, a Bologna.

Un signore anziano si avvicinò e mi disse: “Io sono figlio di uno dei venti corpi.” Si riferiva ai morti dell’eccidio di Ciano di cui abbiamo parlato prima. Ho fatto fatica a iniziare quella presentazione, avevo un groppo in gola. Voleva dire che il messaggio era arrivato. Un’emozione indescrivibile.

5) Qual è stato lo scoglio più grande da superare durante la stesura?

Venti corpi nella neve è il primo romanzo che ho scritto nella mia vita (non l’ultimo, è una minaccia!). Posso dire di aver commesso tutti gli errori dell’esordiente. Ne ricordo due: non ho preparato una scaletta prima di iniziare la stesura, per cui la storia si “intorcolava” su se stessa e finiva in vicoli ciechi; poi, non ho scritto con continuità per cui quando riprendevo in mano il romanzo, non ricordavo tutto lo svolgimento o molti dettagli. Morale: ho sprecato molto tempo. Ora procedo a scrivere solo dopo aver preparato una traccia dello svolgimento, una carta d’identità di ogni personaggio… Anche se non è semplice tenere a bada la foga di scrivere. Quando poi inizio la stesura, cerco di scrivere tutti i giorni. Ovunque mi trovi. Sono campione di scrittura estrema!

Intervista a Giuliano Pasini
6) Ci parleresti del percorso che ti ha portato a pubblicare con TimeCrime di Fanucci?

Riprendiamo dalla opportuna stroncatura di mia moglie. Dopo, ho lavorato molto al romanzo, l’ho asciugato, reso più omogeneo. Sarebbe rimasta la classica tela di Penelope, fatta e disfatta, però, senza IoScrittore, un concorso del gruppo Mauri Spagnol (Longanesi, Garzanti, Guanda, Nord…) che consentiva di essere letti e giudicati in anonimo da altri concorrenti. Mi sono iscritto per vedere cosa pensassero del mio romanzo lettori “indipendenti”. E invece sono arrivato fino alla fine, e “La giustizia dei martiri” (il titolo era ancora quello) è uscito in ebook a inizio 2011. Il gruppo Mauri Spagnol aveva un’opzione anche sull’edizione cartacea, che non esercitò. La cosa mi è bruciata, eccome (aspiranti “pubblicanti” non demoralizzatevi. Le bocciature fanno parte del percorso) ma non mi sono perso d’animo. Ho scelto una decina di case editrici e le ho contattate nel modo più diretto e “ignorante”: via mail. Tra queste, Fanucci che adoro per aver portato in Italia Dick, Matheson, Lansdale… Siamo a maggio 2011. A luglio mi ha telefonato il direttore editoriale, Alfredo Lavarini. Ad agosto mi ha scritto Sergio Fanucci. A settembre ci siamo incontrati anche con la editor Giovanna De Angelis (scomparsa da poche settimane, davvero un brutto colpo). Lavoro di editing frenetico ma entusiasmate, ma a gennaio Venti corpi nella neve (nuovo titolo) è uscito nella nuova iniziativa TimeCRIME. Unico romanzo italiano per tutto il 2012, ora ripubblicato nella bellissima collana Nero Italiano dedicata proprio ai gialli “nostrani”. Insomma, devo tutto al fatto che – contrariamente a quello che si pensa – ci sono editori che controllano i manoscritti ricevuti. Quando la racconto, vedo occhi sgranati e increduli e “seeee” bisbigliati a mezza voce. Ma a me è successo esattamente questo.

7) Adesso, una domanda/curiosità: la Y incisa sulla guancia da Sfregio ai soldati violentatori, è un omaggio alla svastica incisa da Aldo Raine in Bastardi senza Gloria?

Grandissimo film, ma nessun legame. Correva l’anno 2006 quando ho iniziato a lavorare a “Venti corpi nella neve”, “Bastardi senza gloria” è del 2009, se non sbaglio.

Quindi è evidente che Tarantino ha citato te.

:D
 Tornando seri, ecco l’ottava domanda:

8) Secondo te, cosa porta le persone ad agire come il Boia? Sadismo? Rancore? O la “forza” delle ideologie?

L’ideologia è una brutta bestia. Io sono contro dogmi e dogmatismi, di ogni genere. Purtroppo, la tendenza al male è radicata nell’uomo tanto quella al bene e ci sono circostanze scatenanti che portano una a prevalere sull’altra. In Enrico Zanarini (unico personaggio realmente esistito nel mio romanzo, a parte il geniale gastronomo Ilvano Prostrati) si assommano tutti i valori o disvalori che citi tu. E’ un po’ la sindrome dei “volenterosi carnefici di Hitler”, come da titolo dell’illuminante saggio di Daniel Goldhagen. Io credo che esistano carnefici perché costretti (“o si ammazzava o si veniva ammazzati”, come dice un personaggio di “Venti corpi nella neve”) ma anche carnefici, appunto, volonterosi. C’è sempre una scelta, io credo. E credo anche che non sempre l’uomo scelga il bene.

9) La vendetta non risana le ferite, il sangue non lava il sangue. Secondo te, qual è l’atteggiamento migliore da avere rispetto a fatti così atroci avvenuti in passato, oltre alla memoria di quanto è stato?

Appunto, non è scontato che la memoria venga preservata. Io ho sentito dalla viva voce dei protagonisti i racconti relativi agli eccidi della seconda guerra mondiale. Mio figlio non avrà questa possibilità. Sta a noi portare testimonianza, preservare la memoria. Fatto questo, l’atteggiamento migliore dovrebbe essere non pensare che si tratti di pagine di storia lontane e irripetibili. Pensa a cosa è successo a pochi chilometri da casa nostra, nella ex Jugoslavia, a metà anni ’90. O cosa sta succedendo in Rwuanda, Kosovo…

10) Cosa ne pensi, come uomo, dell’ondata di neo nazi-fascismo che sta imperversando in Europa? Trovi che sia un’esagerazione dei media o che sia un fenomeno reale e pericoloso?

È un fenomeno indiscutibile. Il Nazismo – come quasi tutti gli altri totalitarismi, anche di matrice apparentemente opposta – nacque in un contesto di grave crisi economica, poggiandosi sui bisogni delle classi più deboli. Non mi stupisce si ripropongano oggi istanze neo naziste: dal punto di vista economico, la situazione mondiale è complessa come non mai. Non mi stupisce, insomma, che la gente che fatica a mangiare senta la necessità di rifugiarsi in nazionalismi o teorie che rivendicano l’esistenza di un “nostro” che “gli altri” non possono toccare. Resto basito, però, che avvenga dimenticando quello che è stato e a cosa hanno portato certi eccessi. E che qualcuno si accodi a queste aberrazioni per spirito di emulazione o perché – peggio ancora – va di moda. “Il nostro”, “gli altri”… teorie stupide. E pericolose. Ecco perché non bisogna dimenticare ciò che è accaduto, e perché.

11) So che è prossimo all’uscita un nuovo romanzo. Ce ne parli?

Nonostante tutti i miei tentativi di farlo fuori, Roberto Serra resiste. La sua prossima avventura è ambientata in Veneto, in mezzo ai colli del Prosecco. Sono passati cinque anni dalle vicende di Case Rosse, è iniziato un nuovo millennio. E Roberto sembra avere trovato le medicine per vincere la Danza. E poi… e poi… e poi ci sono molti temi che abbiamo toccato in questa intervista. Ai lettori scoprire quali. Il titolo è “Io sono lo straniero”, l’editore è cambiato (Mondadori) e sarà nelle librerie il 26 marzo. In alto i calici (di prosecco, ovviamente).

12) Beh, non mi resta che farti i migliori auguri per il futuro. Ciao!

Grazie a te per la pazienza di avermi ascoltato e… buona lettura!

Giuliano Pasini e Aniello Troiano 



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