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Intervista alla scrittrice americana Kristin Harmel

Creato il 10 gennaio 2013 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Simona Postiglione Intervista alla scrittrice americana Kristin HarmelCarissimi, 
qualche tempo fa abbiamo presentato su Diario Finché le stelle saranno in cielo, romanzo edito da Garzanti, scritto dall'americana Kristin Harmel. L'autrice è stata prodiga di contenuti nel rispondere ad alcune domande, rilasciando un'intervista che consente a tutti noi di conoscere meglio il suo lavoro e la grande passione per la scrittura, che coltiva da quando era una bambina. 

Scrivere della Shoah non è mai facile, raccontare della miseria umana può essere devastante e l’Olocausto tocca corde invisibili che vibrano lungo le distanze; oltre il tempo, in un passato che è e deve restare Memoria. La Memoria di quanti sono stati strappati alla vita, di chi è sopravvissuto e di chi è chiamato a tramandare un messaggio di pace, tolleranza e speranza affinché ciò che è accaduto non si ripeta.


INTERVISTA Buongiorno Kristin, ti siamo grati per avere accettato di rispondere alle nostre domande. È con grande piacere che oggi presentiamo te e il tuo romanzo — Finché le stelle saranno in cielo, edito da Garzanti — ai lettori del nostro blog.

1. Se sei d’accordo, inizierei chiedendoti di raccontare qualcosa di te: chi è Kristin Harmel?

Grazie mille per aver parlato ai vostri lettori di me e del mio libro, Simona! Ecco qualche informazione su di me: sono nata a Boston, Massachusetts, e ho vissuto in Florida da quando avevo dieci anni. Ho sempre saputo di voler diventare una scrittrice, da quanto possa ricordare, e ho iniziato a scrivere professionalmente a sedici anni, quando ho cominciato a scrivere articoli per riviste e giornali. Ho scritto il mio primo libro all'età di ventitré anni, che ho venduto quando avevo ventiquattro anni, e ho visto pubblicato da un editore americano importante quando ne avevo ventisei. Prima di Finché le stelle saranno in cielo, avevo scritto sei romanzi - quattro per adulti e due per ragazzi - nessuno dei quali è stato ancora tradotto in italiano. Ma sono molto felice di fare il mio debutto in Italia con questo romanzo, perché è molto diverso dai miei altri libri. Ho iniziato scrivendo libri divertenti nello stile del Diario di Bridget Jones e Sex and the City. Ora che sono un po' più “vecchia” – ho trentatré anni - i miei gusti letterari sono cambiati, e sono contenta di aver scritto un libro molto più maturo e più profondo, che esplora argomenti più significativi. Attualmente vivo a Orlando, in Florida, a circa venticinque minuti di distanza dal famoso Walt Disney World, uno dei miei posti preferiti sulla Terra! Ho degli amici meravigliosi, un ragazzo meraviglioso di nome Jason, e una famiglia meravigliosa, soprattutto mia madre, che vive vicino a me. Amo viaggiare, cucinare, assistere a concerti rock, tifare per la squadra di calcio della mia Università, leggere, e, naturalmente, scrivere.

2. Come hai iniziato a scrivere e quali sensazioni ti trasmette la scrittura ?

Da quanto posso ricordare, scrivo da sempre. In realtà, la mia mamma ha recentemente trovato un "libro" che avevo scritto quando avevo sei anni, nel quale alcuni bambini dovevano risolvere il mistero della scomparsa dello smoking di mio padre. E 'stato molto divertente rivedere questa storia, la calligrafia infantile e i fogli pinzati insieme, ed è una prova evidente che ho sempre sognato di scrivere romanzi. Ho iniziato a scrivere articoli per riviste quando avevo sedici anni e sono andata all'Università per ottenere una laurea in giornalismo. Ho lavorato per riviste importanti, tra cui People e Ladies’ Home Journal negli ultimi dodici anni, e ho cominciato a scrivere il mio primo romanzo, How to sleep with a movie star, una decina di anni fa, quando avevo ventitré anni. Scrivere mi fa sentire serena. Non è sempre facile, soprattutto quando devo affrontare una scadenza, o quando i punti della trama non si uniscono perfettamente. Ma sono me stessa quando scrivo. Mi sento completa. Mi sento come se stessi facendo quello per cui sono nata. Se sono occupata con altri lavori e non possono scrivere per alcuni giorni di fila, comincio a sentirmi molto stressata. Scrivere mi fa sentire libera. È quasi come se ci fossero un milione di storie dentro di me, che si accumulano l'una sull'altra in attesa di uscire, e se non le scrivo, mi si bloccano dentro. La scrittura rivela ciò che sono veramente.

3. Parliamo del tuo romanzo, “Finché le stelle saranno in cielo”: com’è nata l’idea di scrivere questa storia?

Era un po’ che volevo scrivere una storia che parlasse dell’Olocausto. Penso che questo desiderio sia stato in gran parte provocato dal fatto che il mio libro preferito durante l’adolescenza era Il diario di Anna Frank. Quando ho letto quel libro, mi sono resa conto per la prima volta del potere della parola scritta, da quanto mi è rimasto dentro e mi ha influenzato nel corso degli anni. Gli altri elementi della storia - il morbo di Alzheimer, la famiglia, la cottura dei dolci, ecc - hanno cominciato a far parte dell’insieme in un secondo momento.

4. Possiamo dire che il tuo romanzo è parte della Memoria di un popolo divenuto emblema della storia dell’umanità? Parte della Memoria di ciascuno, chiamato oggi a tramandare un messaggio di pace, tolleranza e speranza, affinché ciò che è accaduto non si ripeta?

In un certo senso, sì, credo che potrebbe essere così. Uno dei temi centrali del romanzo è il potere della memoria personale. Ma penso che anche la memoria collettiva del genere umano sia di vitale importanza.

5. Che cosa ha significato per te, durante la stesura, ripercorrere i molteplici sentimenti — incredulità, sgomento, rabbia, odio, disperazione, rassegnazione, pietà, speranza — che inevitabilmente emergono trattando il tema della Shoah?

E 'stato molto difficile per me. Quando scrivo un romanzo, mi affeziono molto ai miei personaggi, per cui è difficile - anche se necessario - metterli in situazioni che provocano loro un dolore profondo. C'è una scena verso la fine del libro che, mentre la scrivevo, mi ha fatto piangere così tanto che a malapena riuscivo a vedere lo schermo del computer.

6. Lo sforzo di Rose di dimenticare il suo passato non ha fatto altro che far sopravvivere intatti i suoi ricordi. In generale, quanto è importante secondo te rimanere fedeli a se stessi, legati alle radici di un passato che è storia comune, per non perdere la propria identità, nell’era del consumismo e del piacere fine a stesso?

Penso che i nostri ricordi ci rendano ciò che siamo, e che siamo plasmati dal nostro passato, dalla nostra storia familiare, e dalle nostre esperienze. Cercare di dimenticare equivale a iniziare a perdere la nostra essenza.
Intervista alla scrittrice americana Kristin Harmel
7. L’aspirazione di Hope non era quella di gestire la pasticceria di famiglia ma, come spesso accade, la mancata realizzazione di un obiettivo può aprire le porte a nuovi scenari, fino al punto di riconoscersi pienamente in nuovo sogno. Quanto credi sia importante credere in se stessi per riuscire? Dipende tutto dalla forza di volontà?
Credo che il successo sia costituito da una parte di abilità personali, una parte di fortuna, e due parti di coraggio. Essere coraggiosi significa credere in noi stessi, e penso che non si possa riuscire a raggiungere un obiettivo senza credere nelle proprie potenzialità. I fatti della vita non sempre vanno come speriamo. Ma credo che sia di vitale importanza mantenere sempre la mente e il cuore aperti alle opportunità che ci vengono incontro.

8. Leggere “Finché le stelle saranno in cielo” è stato a tratti molto emozionante; se pensiamo alla grande divisione che c’è nel mondo d’oggi, scoprire che durante la Seconda Guerra Mondiale molti mussulmani hanno salvato la vita di migliaia di ebrei — rischiando la loro e quella dei loro figli —è quasi sconvolgente. “Siamo tutti figli di Dio ed è l’uomo a creare le differenze”: che rapporto hai con la Fede e la religione in generale?

Io sono cattolica, e anche se ho un buon rapporto con la mia religione, ho un grande rispetto per le altre religioni. Solo perché qualcuno ha un credo diverso, non vuol dire che sia in torto. Credo che Dio ci abbia donato numerosi sentieri per arrivare a Lui, e che ognuno debba credere nel modo che preferisce. Penso che tutti noi abbiamo molto da imparare gli uni dagli altri, e penso che le parole di Rose sulla religione – sul fatto che siamo tutti figli di Dio - riassuma il mio credo.

9. Le stelle di “Finché le stelle saranno in cielo” sono quelle che Rose e Jacob osservano ogni sera in attesa di ritrovarsi. Una storia d’amore come la loro — in contrapposizione con la difficoltà di oggi di vivere relazioni durature — fa sognare. Esistono ancora le promesse d’amore?

Assolutamente. Quando ho scritto questo romanzo, ho sperato e sognato che potesse esistere un amore come quello che ho descritto, ma non avevo mai provato un sentimento così per nessuno, e sapevo che nessuno aveva mai provato lo stesso per me. Dopo aver completato il libro, poco prima di Natale scorso, ho cominciato a frequentare un uomo incredibile di nome Jason, che conoscevo già da quattro anni. Non riesco a credere a quanto sono fortunata, m’innamoro di lui ogni giorno sempre di più, e so che lui prova la stessa cosa per me. Penso che sia un po' come quello che Rose e Jacob provano l’un l’altro. Penso che come Hope realizza nel corso libro, ho dovuto credere nelle mie capacità di amare e di essere amata prima di poter accogliere un vero, grande amore nella mia vita. Ora ci credo con tutto il cuore.

10. Il rapporto di Hope con la figlia Annie mi ha fatto sorridere in più di un’occasione, ricordandomi l’irritabilità e l’insofferenza tipiche dell’adolescenza e il senso d’inadeguatezza che spesso prende i genitori, per nulla certi di fare sempre la cosa giusta. Ti sei ispirata a qualcuno in particolare?

Non proprio. Se non altro, penso di aver descritto Annie sentendomi un po’ in colpa per il mio comportamento durante l’infanzia, quando a volte facevo impazzire per qualsiasi ragione mia madre, che aveva da poco divorziato, perché mi sentivo ferita e confusa. Come Annie, sapevo che mia madre mi amava, indipendentemente da qualsiasi altra cosa, così lei per me era un posto sicuro dove indirizzare la mia rabbia, perché avevo paura di comportarmi male con mio padre, per paura che avrebbe smesso di amarmi. È tutto così ovvio per me ora, ma a quel tempo - avevo l'età di Annie - ero ferita e triste e non sapevo come esprimere questi sentimenti.

11. La malattia di Rose — preda di un’altalena di ricordi scivolosi, difficili da ghermire — è un altro tema che fa riflettere. Cosa ti ha spinta a parlare dell’Alzheimer?

La mia amata nonna ha il morbo di Alzheimer, e il modo in cui questa malattia ha toccato la nostra famiglia mi ha fatto riflettere molto profondamente sulla tragedia di perdere la propria memoria. Infine, questi pensieri e riflessioni hanno trovato la loro strada in questo romanzo.

12. Quali ricerche hai fatto per scrivere il tuo romanzo? Quali letture ti hanno ispirata?

Ho fatto un sacco di ricerche. Ho vissuto per un periodo a Parigi, per cui avevo già familiarità con il paesaggio di questa città, ma ci sono ritornata due volte durante la redazione del libro, per riprendere confidenza e fare ulteriori ricerche presso il Memorial de la Shoah. Ho letto molti libri sull'Olocausto, e ho riletto Il diario di Anna Frank (che è sempre stato per me fonte d’ispirazione). Ho anche letto un sacco di materiale sull’Alzheimer, per non considerare l’esperienza in prima persona su questa malattia relativa a mia nonna.

13. Kristin, sappiamo che hai pubblicato diversi bestseller di successo negli Stati Uniti, ma in Italia “Finché le stelle saranno in cielo” è il primo romanzo ad essere stato tradotto: c’è la speranza di leggere presto nuove storie qui da noi?

Sì! Al momento sto lavorando a un altro libro. Dovrebbe essere finito entro il 2013 e sarà probabilmente pubblicato per l'inizio del 2014.

14. La traduzione dall’originale é stata curata da Sara Caraffini che, a mio avviso, ha fatto un buon lavoro: quanto è importante una buona traduzione secondo te?

Oh, credo che sia di vitale importanza! E sono molto grata alla mia traduttrice italiana per aver fatto un ottimo lavoro. Le scelte riguardo al lessico e al ritmo possono fare la differenza nel modo in cui una frase, un paragrafo o una scena possono colpire il lettore, per cui penso che una buona traduzione sia fondamentale per mantenere l'integrità di un libro. Molte persone mi hanno fatto i complimenti per la traduzione, e sono molto, molto riconoscente che sia stata fatta così bene!

15. Le domande che seguono sono poste abitualmente agli scrittori che ho il piacere di conoscere, credo sia interessante indagare sul rapporto che chi scrive ha con “il cappello parlante” — non intendo quello di Harry Potter — che la rete rappresenta oggi; inoltre, le curiosità tipiche di chi apprezza ciò che legge possono essere di grande ispirazione. Dunque, cosa ne pensi dei social media? Pensi che possano essere in qualche modo utili a uno scrittore?

Oh sì, assolutamente. Penso che i social media siano importantissimi. Sono molto attiva su Facebook, ma mi dispiace di non essere così efficiente anche nell’aggiornare il mio feed Twitter e il mio blog. Uno dei buoni propositi per il 2013 è di migliorare il mio rapporto con i social media durante il nuovo anno! Ho sempre risposto alle e-mail da parte dei lettori, però, e credo che internet fornisca una risorsa incredibile per lettori e scrittori, per comunicare in modo davvero efficace.

16. Leggi gli ebook? Nella diatriba vince l’elettronico – sopravvive la carta, da che parte stai?

Io preferisco  e preferirò sempre – i libri di carta, perché credo che ci sia qualcosa di magico nello sfogliarne le pagine. TUTTAVIA, apprezzo la comodità di un e-reader. A casa, tendo a leggere libri di carta, ma ogni volta che viaggio, porto sempre con me la mia libreria sul mio Kindle. E 'incredibile pensare che così tanti libri possano “entrare” in questo modo nella mia borsa. So anche che per mantenere le giovani generazioni interessate alla lettura, è fondamentale rimanere competitivi sul mercato. E il mercato di oggi è sempre più elettronico. Se gli e-reader portano i giovani a leggere, allora evviva l’elettronico!

17. A proposito del tuo lavoro: come e dove scrivi? Segui una routine, o aspetti la famosa ispirazione?

Scrivo ogni giorno feriale dalle 8 del mattino, per almeno quattro ore. Scrivo a volte anche durante il fine settimana. Nel pomeriggio, rispondo alle e-mail, alle lettere dei fan, alle richieste di interviste, ecc. Scrivo a una piccola scrivania vicino alla cucina, perché cucinare è l'unica soluzione che ho trovato per superare il blocco dello scrittore!

18. Come inizi una storia: con una frase, un personaggio, un dialogo?

Di solito nasce dentro di me per prima l'idea generale di una storia, poi iniziano a formarsi i personaggi nella mia testa, e quindi procedo scrivendo la sinossi.

19. Quando ti accorgi che sei alla fine?

Le storie, penso, abbiano un decorso piuttosto naturale. I romanzi sono strutturati in modo circolare, e quando un personaggio ha trovato quello che sta cercando e ha imparato ciò che doveva, è il momento di portare la storia verso la sua fine.

20. Ti pesa più il lavoro preparatorio a un romanzo o la scrittura?

Il lavoro preparatorio - che per me di solito comprende una sinossi di circa 100 pagine - è per me la parte più dura e più creativa del processo. È durante questo processo che chiarisco tutti i punti della trama. Il processo di scrittura si svolge mentre creo storie e personaggi.

21. Qual è l’aspetto migliore dell’essere una scrittrice di successo e quale il peggiore?

I migliori aspetti, a mio avviso, sono la consapevolezza di poter raggiungere le persone di tutto il mondo, e la sensazione che ciò che scrivo potrebbe cambiare la vita delle persone, anche se solo per pochi istanti. L'aspetto peggiore è probabilmente che una vita di uno scrittore a volte può essere solitaria. La maggior parte dei posti di lavoro comprendono frequenti interazioni con i colleghi, mentre io lavoro da sola, e a volte mi sento un po’ isolata dal resto del mondo.

22. Le critiche negative ti colpiscono personalmente, o riesci a gestire l’emotività in questi casi?

Quando ho scritto il mio primo romanzo, le poche recensioni negative che ho ottenuto su Amazon mi hanno devastato! Ora che sono al mio settimo libro, mi feriscono solo un po’, ma ora so riconoscere che non tutti sono obbligati ad amare tutto quello che scrivo. E va bene così. E 'stato un anno molto costruttivo per me, a livello caratteriale. Mi sono sempre preoccupata troppo di compiacere gli altri, e penso che sia dovuto al contesto nel quale sono cresciuta, mi sono resa conto che tutto quello che posso fare è del mio meglio, e che non è possibile accontentare sempre tutti.
23. Per terminare, che consiglio puoi dare ai nostri lettori che hanno un romanzo nel cassetto e vorrebbero farlo conoscere?
Non abbiate paura! Altrimenti VERRETE respinti. Dovete esserne consapevoli. Ho scritto sette romanzi, e ottengo ANCORA dei no. Aiuta a sviluppare il pelo sullo stomaco. Ma si deve perseverare. Se hai scritto un libro nel quale si crede, trovate un agente e cercate un editore. La strada verso la pubblicazione è lunga, ma alla fine, vi renderete conto che è valsa la pena.
Grazie Kristin, siamo ansiosi di leggere il tuo prossimo romanzo!

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