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Intervista di Sarah Mataloni al regista Edgar Reitz: in Italia con L’altra Heimat. Cronaca di un sogno

Creato il 26 marzo 2015 da Alessiamocci

Dopo il successo ottenuto alla Mostra di Venezia e a Toronto, il 31 marzo e il 1 aprile arriva, nelle sale italiane  “L’altra Heimat: cronaca di un sogno”,  nuovo emozionante capitolo della saga di Edgar Reitz, che ci catapulta nel 1843, a Schabbach (villaggio immaginario dell’Hunsrück).

Il film ruota attorno alla famiglia Simon, e in particolar modo attorno a Jakob e Gustav,  le cui vicende personali  si intrecciano in modo da cambiare per sempre il destino di ognuno di loro.

Jakob, sogna mondi immaginari divorando libri, è curioso e nutre aspirazioni intellettuali diverse dalla sua famiglia: pur continuando a viaggiare con lo mente, Jakob resterà nel villaggio, conservando il suo spirito romantico e sognatore.

L’altra Heimat. Cronaca di un sogno” racconta la vita di famiglie di contadini in cerca di nuove mete in America del Sud, nel tentativo disperato di sottrarsi alle carestie e alla povertà, perché “Qualunque sorte è migliore della morte”.

Il film, 232 minuti  in bianco e nero con inserimenti di colore  (la gonna verde di una signora, il ferro di cavallo incandescente, il particolare della gonna verde) affronta il tema dell’emigrazione tedesca non tralasciando l’aspetto centrale della vicenda: l’attaccamento alla proprie radici, intese come mondo intimo che è la propria casa e la propria terra.

Oggi in Germania abbiamo molta difficoltà ad immaginare cosa significhi davvero “emigrazione”, – afferma Reitz – perché conosciamo solo l’altro lato del problema: siamo diventati noi stessi un paese di immigrazione (…). È possibile che una storia che descrive il modo in cui la gente lasciava la propria patria non contribuisca a capire meglio gli immigranti di oggi? Che cosa significava un addio allora? Per quanto tempo le persone si portavano addosso, nelle loro nuove case, il dolore di questa partenza?

 

S.M.: L’altra Heimat ci parla di emigrazione in una terra lontana che Jakob sogna senza mai arrivarci. Che forma ha il sogno di Jakob e alla fine resta per cambiare le cose con la visione del mondo?

Edgar Reitz:  Jakob  ha un sogno che è nutrito da ciò che legge; i suoi sogni si mischiano con le letture  e formano un mondo che è quello che descriviamo con la parola Sehnsucht. Purtroppo sopraggiungono circostanze esterne a distruggere il suo sogno: il fratello Gustav, di ritorno dal servizio militare, parte per il Brasile (meta sognata da Jakob)  e lo fa con Henriette, la donna amata dal fratello. Il suo sogno di frantuma e lì potrebbe anche finire la storia sia per Jakob che per me narrativamente. Ma poi abbiamo sviluppato  questo epilogo in cui  Jakob resta nel villaggio, e  riprende a sognare ; in quel momento capiamo che la sua migrazione è di testa e di spirito. E lo spirito viaggia e si inventa nuovi mondi.

 

S.M.: Gli intrecci portano Gustav ( il fratello maggiore di Jakob) a sposare Henriette e a partire con lei mentre Jakob resta in patria. Il racconto sembra una lotta continua tra sogni e destino. Quanto incide il fato in questa storia?

Edgar Reitz: Per me un personaggio,  in una storia è credibile solo se è veramente figlio del suo tempo e in questo senso siamo tutti figli del nostro tempo. Jakob non sa e non può valutare quali possano essere i cambiamenti storici che stanno cominciando ad incidere sul suo destino e soprattutto  sulla sua vita. Quello che chiamiamo fato  sono i grandi cambiamenti della società che ci portano in determinati luoghi della nostra vita e questi mutamenti  storici, quando una persona ci si ritrova dentro,  non sono leggi predeterminate.

 

S.M.: Parliamo della location: come è stata ricostruita l’atmosfera ottocentesca del villaggio? Alcuni ambienti sono stati ricostruiti da zero? I costumi, sono lavorati con tessuti diversi da quelli odierni. Come hanno lavorato gli attori sui movimenti, cercando di non sembrare innaturali?

Edgar Reitz:  Ci sono poche informazioni che testimoniano la vita della gente povera di quel periodo:  troviamo documenti sui ricchi e i potenti dell’epoca che sono descritti  nell’arte e nella letteratura. Tutto ciò che riguarda i poveri non esiste più, quindi per ricostruire il villaggio abbiamo adottato un percorso inverso  attraverso un metodo intuitivo. Con gli stessi strumenti e materiali che esistevano allora abbiamo costruito il villaggio, (interni ed esterni) così per gli abiti che sono lavorati con tessuti a mano con i metodi di allora. E quando non avevamo il tempo di tessere le stoffa abbiamo cercato e trovato  nella regione le persone che avevano conservato le stoffe di allora abbiamo raccolto tutto questo materiale e ne abbiamo fatto i costumi (sempre a mano,  non essendoci delle macchine da cucire allora). Ci siamo realmente trasposti 150 anni fa in modo da poter capire da dentro come poter trasmettere  una credibilità nella ricostruzione del villaggio e dei costumi.

 

S.M.: Henriette è una donna che presenta tratti moderni, è  moderna e coraggiosa. Potrebbe essere considerata  una donna dei nostri tempi?

Edgar Reitz:  Henriette è una donna moderna e coraggiosa,  sicuramente pensabile in quel tempo, ma  conserva  tratti decisamente  moderni. Prima di partire  ha il coraggio di prendere Jakob e di agire, prende in mano la situazione  e manipola il suo destino… È sempre lei a decidere che Gustav e lei se ne andranno. Il  carattere di Henriette  viene fuori  lungo la storia attraverso piccoli indizi: dopo la morte del bimbo si rinchiudono in casa e poi quando finalmente  vanno in chiesa per dire a tutti che se ne andranno Henriette prende per mano Gustav. Questi sono tutti elementi che ci fanno capire che ha lei in ma  la situazione. È lei che decide anche perché ha capito che non potrebbe vivere con Jakob e Gustav sotto lo stesso tetto.

 

S.M.: Margarethe, la mamma di Jakob, sembra il legame affettivo che insegna al figlio il modo con cui amare la sua terra.  Ha un ruolo fondamentale anche come personaggio. Potrebbe essere custode e simbolo di un Heimat inteso come in senso non delimitato e circoscritto ma come radice e appartenenza e quindi essere di conseguenza molto simbolica nella vicenda? Che significato ha?

Edgar Reitz: È interessante notare  come in lingua francese e in italiano la parola  patria derivi appunto da padre che è  un termine  esistente anche in tedesco (Vaterland), cioè terra dei padri ; in tedesco abbiamo Heimat che identifico con una figura femminile che rappresenta un mondo  più piccolo e più concreto e simbolizza  in questo contesto il legame con  la terra,  un legame molto  più personale, arcaico ed emotivo. È un concetto profondamente  diverso da  quello che noi tutti chiamiamo patria che invece rappresenta lo stato, cioè il legame politico e sociale con la terra.

 

S.M.:  Il senso di una “Heimat “serbata interiormente, poteva dare la forza per affrontare l’incertezza nutrita solo dall’idea e dalla speranza di una vita migliore?

Edgar Reitz: non credo, secondo me no; più è grande l’amore e il legame con la propria terra che si interiorizza e più c’è un impossibilità a rompere questo legame. Credo che ci sia bisogno di una rottura esterna che io identifico in un cambiamento culturale, avvenuto nello specifico, attraverso l’alfabetizzazione. Nel 1815 è stato istituito  l’obbligo scolastico in Germania:  i il fatto che tutto d’un tratto le persone sapessero  leggere e scrivere, ha costituito una rottura rispetto  al passato e al modo di considerare il rapporto con la propria terra.

 

S.M.: Che significato ha la parola  Heimat per i Simon e per lei, signor Reitz?

Edgar Reitz: Per i miei personaggi Heimat non significa nulla perché non analizzano questo rapporto, questo sentimento, sono ingenui in questo senso. Anche io lo ero; chiaramente ora, dopo 30 anni, ho imparato a riflettere profondamente sul concetto di Heimat per me. L’ho imparato talmente tanto che potrei scrivere tre o quattro libri per cui, non mi addentro nella questione più dettagliatamente.

 

L’altra Heimat, nelle sale italiane il 31 marzo ed il 1 aprile, è distribuito da Ripley’s Film, Viggo e Nexo Digital.

 

Written by Sarah Mataloni

 

 

Info
Sito Nexo Digital

 


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