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Iscrizioni scolastiche online: troppi pompieri

Da Pinobruno

Siccome c’è il divario digitale, soprassediamo alle iscrizioni solo online alle prime classi di elementari, medie e superiori. Così parlarono gli Zarathustra che un giorno si lamentano per l’italica arretratezza tecnologica e sociale e il giorno dopo tuonano contro ogni sia pur timido tentativo di cambiare le cose. Ora, questa storia delle iscrizioni online è vecchia. Si sapeva da più di un anno che presto la sperimentazione sarebbe finita. Processo ineluttabile. Molti servizi della Pubblica Amministrazione sono già online, a partire dalla dichiarazione dei redditi, e molti altri saranno attivati quando l’Agenda digitale italiana diventerà realtà. I più riottosi? I burocrati (la maggioranza), che temono di perdere potere e ruolo. Il digital divide c’è, nessuno può negarlo, ma la strada per superarlo non è sostenere che l’innovazione può attendere, che prima bisogna connettere tutti e alfabetizzare tutti. Se l’evoluzione avesse seguito questa logica, saremmo ancora amanuensi, Gutenberg non se lo sarebbe filato nessuno e internet sarebbe un giochetto per pochi eletti.

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Leggo che gli Zarathustra sono numerosi e prestigiosi:  “ieri, su La Repubblica, la scrittrice e dirigente scolastico Mariapia Veladiano (Premio Calvino 2010 e seconda allo Strega 2011), in un articolo dal titolo La scuola Liquida (che qualifica il registro elettronico come “illusione educativa“, e oggi, sempre dal quotidiano romano, lo scrittore Edoardo Nesi (Premio Strega 2011) e il sottosegretario all’istruzione Marco Rossi Doria (che però attesta l’inevitabilità e l’utilità di queste innovazioni), in altrettante interviste.

Il Corriere della Sera, per non essere da meno, ospita le preoccupazioni del presidente dell’Associazione nazionale presidi Giorgio Rembado, che teme l’impatto di genitori con una scarsa dimestichezza con i supporti informatici nei confronti delle segreterie scolastiche, e della presidente del Coordinamento genitori democratici Angela Nava, che teme l’aumento del “divario tra scuole, quelle più ricche e quelle più povere, quelle del centro e quelle di periferia, o di provincia, e tra famiglie. Insomma, è il riproporsi di Italie a più velocità.[1]

Non mi convincono. Faccio mie le considerazioni dell’editorialista di Tuttoscuola.com:

“La nostra impressione è che, fintantoché si vogliono esprimere preoccupazioni per l’introduzione di tecnologie che consentono risparmi di tempo e di denaro, nonché miglioramento dei servizi offerti, e magari si ipotizzano soluzioni che possano equilibrare gli scompensi che queste azioni possono portare con sé, va bene.

Ma quando le preoccupazioni sfociano in ostilità e diffidenza aperte, si rischia di sconfinare in posizioni antistoriche, già superate dalle nuove generazioni, che possono rischiare di far vivere i contesti scolastici ed educativi come presìdi di immobilismo, all’interno di un mondo che corre al galoppo, e di cui i più giovani sono pienamente coinvolti. Insomma, magari si finisce con l’essere attenti al divario digitale tra famiglie, e completamente disattenti al crescente divario digitale tra studenti e ambiti scolastici”.


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