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Islam contro Isis: il pericolo reale è cadere nel pregiudizio perché il terrorismo non ha religione

Creato il 23 novembre 2015 da Alessiamocci

 “Non c’è costrizione nella religione. La retta via ben si distingue dall’errore. Chi dunque rifiuta l’idolo e crede in Allah, si aggrappa all’impugnatura più salda senza rischio di cedimenti. Allah è Audiente, Sapiente”. – Corano

Una delle caratteristiche proprie di questo momento storico è la presenza opprimente della violenza nella  nostra società. Coloro che attribuiscono alla vita umana poco valore e pensano di disporne, esistono in ogni cultura e in ogni strato sociale.

Paradossalmente, anche i politici che sfruttano le nostre tragedie per consolidare le loro posizioni, operano terrorismo. Terrorista è anche chi finanzia queste persone, è anche il Capo di Stato che ordina il bombardamento a tappeto di città intere, sono anche i Consigli supremi che opprimono milioni di civili conducendoli alla morte maneggiando l’arma illegale delle sanzioni.

Ma dopo i fatti di Parigi (13 novembre 2015) possiamo ricominciare a dare la responsabilità di quello che succede a oltre un miliardo di persone. Gli imprenditori della paura in tutta Europa non aspettavano altro per cominciare la loro raccolta proselita di consensi poiché Il potere delle parole è decisivo per la costruzione e il consolidamento del consenso sociale. E come potrebbero avere torto se viene generalizzato il problema e la colpa diventa di tutti indistintamente.

Tuttavia la storia si ripete e lo scontro di civiltà è solo fumo negli occhi mentre la realtà è altrove; l’Islam e la mitologia del Califfato sono tutte sovrastrutture, addobbi di una questione geopolitica molto precisa, ovvero il disordine in cui è sprofondato il Medio Oriente con l’aiuto degli Stati Uniti e di un pezzo di Europa. Se analizziamo quello che succede oggi attraverso una rilettura della Storia, anche quella europea, scopriremo che, in alcuni periodi storici, quando è stata generalizzata la colpa a una etnia o gruppo religioso si sono aperti gli anni più bui che sono terminati con i massacri di questi capri espiatori.

Per questo motivo indispensabile è inquadrare i fatti di Parigi, e coloro che si sono resi responsabili di questi fatti, all’interno di una cornice geopolitica e economica, e non religiosa. Il fanatismo islamico è solo un’attenuante che serve per trascinarci facilmente nella guerra contro l’Islam, ma non è dall’Islam che bisogna difendersi.

Non è possibile che l’Islam, la cui luce ha consentito all’Europa di uscire da secoli bui, diventi adesso responsabile di un intera epoca di terrore. Non è possibile che una fede che ha oltre un miliardo di seguaci in tutto il mondo davvero sostenga l’uccisione e la mutilazione di persone innocenti.

Fra le prime vittime del sedicente “terrorismo islamico” sono proprio i musulmani. Solo un giorno prima della strage di Parigi anche a Beirut sono morte 43 persone in un doppio attentato suicida dell’Isis mentre nel solo mese di ottobre, 714 iracheni sono morti in atti terroristici. In questi casi, troviamo però scarsa considerazione per queste vittime, per la loro morte e per la loro esistenza in mezzo alla morte, per altro causata dalle guerre occidentali.

Questo nei paesi islamici, assieme alle guerre, è all’ordine del giorno, poiché in queste immense tragedie, la nazionalità, la cultura, la pelle, l’appartenenza geografica o religiosa contano zero. Queste sono tragedie umane che meriterebbero la stessa globale indignazione e la stessa ferma negazione di quanto azzera la vita umana in nome di una follia terroristica. Davanti a due casi contemporanei di terrorismo, per giunta della stessa matrice, le reazioni non sono minimamente comparabili.

È la paura dell’Islam, sempre più diffusa in Europa, che contribuisce a creare il problema e non è la risposta ad un pericolo. Il pericolo reale è il pregiudizio sull’Islam che ci rende vulnerabili e sensibili. Bisogna fermare la mano di chi li finanzia e non cedere alla tentazione di dare la colpa alla religione o alla razza.

Per evitare questo basterebbe una sana informazione ma ciò richiede tempo e sforzi, che non sempre siamo disposti a spendere preferendo scegliere la strada più facile, e cedere alle menzogne.

Ciò che basterebbe capire informandosi e leggendo, servendosi di una certa apertura mentale, lo proviamo a spiegare noi qua; L’Islam è portatore di un unico messaggio alla cui base vi sono la pace, la condivisione, la fratellanza e la speranza. Esorta gli esseri umani a sviluppare e a mostrare la parte migliore di se stessi, ad aprirsi verso il prossimo e a creare dialogo, fornendo regole di vita e regole morali da seguire.

L’Islam considera tutte le forme di vita sacre. Il Corano dice: “Chi uccide una persona è come se avesse ucciso l’intera umanità, e chi salva la vita di una persona è come se avesse salvato tutta l’umanità” e ancora “Dialogate con belle maniere con la gente della Scrittura, eccetto quelli di loro che sono ingiusti. Dite [loro]: Crediamo in quello che è stato fatto scendere su di noi e in quello che è stato fatto scendere su di voi, il nostro Dio e il vostro sono lo stesso Dio ed è a Lui che ci sottomettiamo.

Anche in stato di guerra, l’Islam ordina di trattare con giustizia il nemico sul campo di battaglia. La religione islamica ha tracciato una distinzione chiara tra i combattenti e i non combattenti di un paese nemico. Per non combattenti s’intendono le donne, i bambini, i vecchi, i deboli, etc.

Il Profeta Muhammad proibiva ai soldati di uccidere donne e bambini e diceva: “Non tradite, non siate eccessivi, non mutilate e non uccidete un neonato.” A queste persone è garantita la sicurezza e la vita, anche se il loro paese è in guerra contro uno Stato islamico.

Nel Corano vi è un termine che compare solo poche volte nelle sue pagine ma è una delle parole più controverse e mal interpretate in assoluto, al jihad. Il significato base della parola jihad è quello di sforzo per essere un buon musulmano, sforzo per vivere secondo i dettami dell’Islam. Il termine è caratterizzato da due forme distinte: il jihad minore e quello maggiore.

Il jihad maggiore si riferisce allo sforzo interiore per migliorare la propria anima e diventare un essere umano migliore agli occhi di Dio. Pertanto la tradizione islamica attribuisce maggiore importanza al jihad maggiore, ma a livello storico è il jihad minore ad avere avuto più attenzione e ad avere scatenato forti reazioni.

La forma minore del jihad è il jihad fisico. Consisteva nel difendersi, combattere in caso fosse messa in discussione la propria sicurezza. Quando l’Islam e la comunità musulmana venivano messi sotto assedio, un buon musulmano aveva il diritto e l’obbligo di difendere la propria fede, la comunità e se stesso. Il concetto di jihad come lotta ha assunto solo più tardi, rispetto alle origini, un nuovo significato. Ma il Corano non perdona l’uccisione di persone innocenti. Terrorizzare la popolazione civile non può essere chiamato jihad, né può essere ricondotto agli insegnamenti dell’Islam.

Nell’Islam di fronte a Dio, quale unico valore, tutti gli uomini sono uguali, nelle opportunità e nelle circostanze, nei diritti e nei doveri. Dio ha imposto l’uguaglianza al di là di ogni divisione razziale e non conosce alcuna differenziazione nel colore della pelle o nel censo, anche se non nega che gli uomini abbiano differenti attitudini e differenti abilità. L’individuo e la comunità devono reciprocamente integrarsi; i diritti e i doveri dell’uno limitano e precisano quelli dell’altro e viceversa, e questo è un fondamento imprescindibile della giustizia.

Quindi non è l’Islam in quanto tale a non permettere una visione tollerante del mondo ma il problema nasce quando non ci si attiene a tali dettami religiosi, creando caos e delinquenza e facendolo spesso, anche in nome di questo o quel credo, così come ci mostra la storia. Il terrorismo non è assolutamente insito nella religione ma in colui che solo con la bocca ne professa l’appartenenza ma nel cuore, nell’anima e nei fatti ne è lontanissimo.

Il Corano, il riferimento principale dell’islam, come quasi tutti i testi sacri contiene moltissimi significati che sono spesso difficili da interpretare e conciliare. Spesso e volentieri quello che questi “fedeli” (e non) trovano nelle sue pagine, dipende solo da quello che cercano.

Written by Amani Salama 


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