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Italiani a Bruxelles

Da Andima
Anselmo è a Bruxelles da qualche anno, ci è arrivato per caso e si contano più le volte in cui ha detto lavoro a Bruxelles che vivo a Bruxelles. Lavora presso la Commissione Europea ed in ufficio parla soltanto inglese, l'inglese in realtà non l'ha mai studiato ma alla fine riesce a comunicare e va avanti così, spesso traducendolo dall'italiano, qualche volta inventandosi un'espressione, un verbo, un aggettivo. Anselmo non parla francese e finora è riuscito a vivere a Bruxelles grazie al suo inglese. Il mese prossimo si iscriverà ad un corso serale di francese, dice, da circa un anno. Quando l'impiegato del comune o il commesso della farmacia gli rispondono in francese perché non conoscono l'inglese, Anselmo quasi si innervosisce lamentandosene poi con un amico o un collega, che è assurdo che non parlino inglese, lì a Bruxelles, in Belgio. Anselmo è felice a Bruxelles.
Bertoldo è arrivato a Bruxelles grazie ad una telefonata, aveva inviato il cv a qualche sito di recruiters dall'Italia. Oramai sono anni che Bertoldo è a Bruxelles, parla francese, inglese e riesce anche a dire buongiorno e buonasera in olandese, con il sorriso, felice di dimostrare lo sforzo. Si trova benissimo in città, ma durante gli anni ha sviluppato un certo sentimento di intolleranza verso i propri connazionali, ogni volta che ascolta qualche italiano nella metro, per strada, in un negozio, non riesce a non percepire i loro difetti, sottolineandone ogni negatività, anche la più innocua, magari dovuta soltanto ad una inesperienza o una distrazione. A volte Bertoldo vorrebbe che non ci fossero altri italiani a Bruxelles, vorrebbe essere il solo ad approfittare di quella città, come se gli altri potessero in qualche modo contaminare il suo equilibrio, come se la sua felicità dipendesse dal confronto con gli altri italiani e dalla loro inferiorità, presupposta. Bertoldo è felice a Bruxelles.
Camillo ancora non sa che Bruxelles in italiano si scrive Bruxelles, anche se ci vive da qualche anno, lavora utilizzando un inglese stentato e ha soltanto amici italiani. Il mercoledì va a Place du Chatelain, il giovedì a Place du Luxembourg e il Venerdì all'aperitivo alla Piola Libri, sempre con amici italiani. A casa ha la televisione in italiano, riesce ancora a vedere il tg1 e la domenica segue il campionato come d'abitudine. Grazie ai voli Ryanair riesce a rientrare in Italia spesso e a bassi costi, ricordando ai colleghi in uffici che tempo magnifico c'era di là e di che pranzi squisiti si è riempito lo stomaco. Il fine settimana compra La Gazzetta in edicola, va al cinema a vedere film in italiano e non manca ai vari eventi organizzati da associazioni culturali italiane. In realtà vive ancora in Italia, ma non lo sa, però quando in Italia qualcuno gli domanda dove viva, lui risponde a Bruxelles provando quasi una sensazione simile a un 14enne che dice ce l'ho più grande io. Camillo è felice a Bruxelles.
Demetrio è a Bruxelles da due anni, era arrivato per uno stage di 6 mesi e alla fine ci è rimasto. Esce tutti i fine settimana, con amici e colleghi di ogni nazionalità, è innamorato della diversità culturale della città, ma soltanto di quella occidentale. Quando arrivano amici dall'Italia a visitarlo, vanno sempre e soltanto alla Grand Place, all'Atomium e al Parc du Cinquantenaire. Qualcuno gli ha detto una volta che vale davvero la pena andare al museo di Magritte e ci andrà il prossimo weekend, dice, da circa un anno. Quando gli domandano della crisi politica belga, risponde che per lui è assurdo che francesi e olandesi vivano insieme in un pezzo di terra poco più grande della Lombardia. Quando gli chiedono un piatto tipico belga ci pensa un po' e risponde ridendo cozze e patatine fritte, anche se poi se lo mangiano solo i turisti. Demetrio è felice a Bruxelles.
Di Evaristo, Fedora e Genoveffa non posso parlare per motivi di privacy.

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