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Jesus christ superstar: musical e film capolavoro

Creato il 10 aprile 2013 da Postpopuli @PostPopuli

 

di Andrea Fantini

“Jesus Christ Superstar: musical e film capolavoro”

JESUS CHRIST SUPERSTAR: MUSICAL E FILM CAPOLAVORO

La locandina (da Wikipedia)

Da quando questo musical fu creato nel lontano 1973, indipendentemente dal credo religioso di ognuno, esso ha sempre rappresentato un qualcosa di innovativo e diverso dal solito, e dunque di notevole attrattiva per una platea molto ampia e variegata, allora come oggi.

Gli autori, Tim Rice per i testi e Andrew Lloyd Webber per la musica, amici già prima di questa eccezionale collaborazione, hanno voluto reinterpretare il racconto evangelico degli ultimi giorni della vita di Cristo mettendo in forma di musical orchestrale (il che significa che non esiste un dialogo o una battuta degli attori – eccetto, per i più pignoli, qualche voce secondaria di contorno in alcune scene – che non sia sotto forma di canto) la loro visione di un potenziale punto di vista di Giuda. Naturalmente tale impostazione, anche per la macroscopica distanza temporale che li separa, non ha niente a che vedere con gli attuali romanzi di simile ispirazione, comunemente denominati Vangeli di Giuda che, comunque, ben potrebbero affondare le proprie radici in questo racconto.

Nelle intenzioni di Rice, si voleva affrontare una narrazione che evidenziasse da un lato il dramma umano che hanno vissuto gli apostoli, Gesù e chiunque fosse stato coinvolto nelle loro vite, dall’altro la limitatezza umana che impedisce, a tutti coloro che gravitano intorno al Messia, di comprenderne la reale natura divina sia della persona che delle sue azioni.

Ad accentuare la novità di questa interpretazione, tutto il racconto si svolge in un’ambientazione surreale, che unisce luoghi e iconografie classiche a elementi contemporanei, contribuendo ad aumentare il senso di stupore di uno spettatore che assista per la prima volta all’opera e l’efficacia del messaggio che si vuole tramettere.

Prima di addentrarci ulteriormente all’interno dei personaggi e degli eventi del film, alcune note di sicuro interesse: le scene sono state girate in Israele, presso le rovine di Advat nel deserto del Negev, ma anche in altre zone del Medio Oriente; alcune sequenze che vedono coinvolti i sommi sacerdoti Anna e Caifa si sono svolte proprio all’interno dei resti dell’originale palazzo dei Sommi Sacerdoti; i jet che compaiono in una scena, sovrastando Giuda, appartenevano all’Aeronautica Militare israeliana, che ne concesse un unico passaggio sul set delle riprese; tutti gli attori interpretano realmente le proprie parti canore.

JESUS CHRIST SUPERSTAR: MUSICAL E FILM CAPOLAVORO

da eviliz.com

In maniera completamente innovativa, oserei dire unica per il genere, il film inizia con l’inquadratura di una strada sterrata nel deserto, che viene percorsa da un pullman alzando una gran polvere (quasi a significare che la venuta di Cristo nel mondo ha metaforicamente sollevato un gran polverone), al cui interno sono presenti tutti gli attori che prenderanno parte alla realizzazione e che, non appena arrivati nel punto ritenuto più adatto, cominciano (come si vede nella foto riportata) a scaricare tutti i materiali e a prepararsi per le riprese. Il tutto in un’atmosfera di superficiale euforia, simile a quella degli scolari in partenza per una gita, che si contrappone manifestamente alla scena gemella, quasi alla fine del film, in cui la troupe riparte in un silenzio e una tristezza percepiti da tutti ma, a mio avviso, non intimamente compresi.

In mezzo, i momenti della vita di Cristo ma soprattutto i personaggi, ritenuti più salienti dagli autori, in una luce del tutto nuova: intenzionalmente, non si assiste ad alcun miracolo, ma il tutto si incentra sulle sofferenze e le difficoltà che comporta l’avere a che fare, nella propria vita, con lui, sia che gli si creda sia che non gli si creda.

Giuda viene rappresentato con un carattere molto tormentato, sicuramente pieno di buone intenzioni ma completamente incapace di comprendere veramente, con gli occhi della fede e non della razionalità, ciò che gli sta accadendo intorno. E infatti, al di là della rappresentazione dei consueti episodi che lo ineriscono (il tradimento, la restituzione dei trenta denari, il suicidio per impiccagione…), nuovamente in una chiave originalissima, si assiste a una sua interpretazione, dopo la propria morte, nella quale egli si trova ancora a domandarsi il vero senso che la vita di Cristo ha avuto e come, purtroppo con i medesimi limiti di un punto di vista esclusivamente umano, avrebbe potuto essere anche migliore. In tale contesto, rivolgendosi al Figlio di Dio dice: “Don’t you get me wrong, I only want to know” (“Non mi fraintendere, voglio solo sapere”), in un atteggiamento, favorito dall’ottima recitazione dell’attore, in cui non c’è posto per l’arroganza, ma traspare solo una sincera curiosità e volontà di collaborazione. Da evidenziare come, non casualmente, Giuda, sebbene morto, si rivolga a Gesù nello stesso identico modo di quando era in vita, a significare che il passaggio dalla vita alla morte non cambia il nostro rapporto con lui che, anzi, continua ininterrotto.

Gesù per tutta la durata della pellicola alterna momenti di gioia, all’interno dei quali si percepisce sempre la propria consapevolezza di ciò che dovrà accadere, a momenti di tristezza e dolore, fino ad arrivare alla morte. Anche in questo caso, la lettura alternativa che ne ha dato l’autore ha portato a enfatizzare le sue difficoltà umane, convogliandole nel momento culminante in cui esse prendono momentaneamente il sopravvento sulla parte divina, cioè durante lo “sfogo” con Dio che avviene, di notte, a partire dal giardino del Getsemani: ampliando quanto nei Vangeli cattolici viene liquidato come attimo di debolezza (“Allontana da me questo calice ma sia fatta la tua volontà e non la mia”), si rivolge al Padre con argomentazioni palesemente umane: facendogli presente tutto ciò che egli ha fatto durante gli ultimi tre anni, evidenziando come nessun altro uomo avrebbe mai potuto fare ciò che lui ha fatto e, soprattutto, chiedendogli il motivo per cui dovrebbe arrivare al sacrificio finale. Il tutto in un crescendo musicale e di tensione che trasferisce sullo spettatore il pathos di quello che solo apparentemente è un monologo senza risposta e che, alla fine, si conclude con una preghiera: “Take me now, before I change my mind” (“Prendimi adesso, prima che cambi idea”), che allude sinteticamente ma efficacemente alla doppia natura di Cristo.

JESUS CHRIST SUPERSTAR: MUSICAL E FILM CAPOLAVORO

da pratosfera.com

Intorno ai due personaggi chiave ruotano tutti gli altri che hanno popolato la vita di Gesù: Maria Maddalena, Pietro ed i rimanenti apostoli, Simone lo Zelota, Pilato, Erode, i sommi sacerdoti Anna e Caifa. Denominatore comune, la medesima natura umana che impedisce di cogliere il divino in Cristo: i sommi sacerdoti temono di perdere il proprio potere e quindi ne inducono la crocifissione, facendoci riflettere sulle commistioni fra politica e Chiesa; Erode lo immagina come un mago pronto a fargli numeri da illusionista, da cui la delusione nel momento in cui non assiste ad alcun miracolo, “You are a joke, you are not the Lord” (“Sei una bufala, non sei il Signore”); Pilato, seppur intimamente turbato dalla sua presenza, alla fine si riconduce ad un comportamento dettato solo dagli interessi materiali, “Die if you want to, you innocent puppet” (“Muori se proprio lo vuoi, tu fantoccio innocente”); gli apostoli, durante l’ultima cena, non essendosi minimamente avvicinati all’essenza di ciò che stava per accadere, si preoccupano solo della propria gloria terrena, “Then when we retire we can write the Gospels so they all talk about us when we’ve died” (“Poi quando ci ritireremo potremo scrivere i Vangeli in modo che tutti parlino di noi quando saremo morti”); Pietro rinnega Gesù come gli era stato profetizzato e, successivamente, non trova di meglio che proporre di fermarsi e ripensare a tutto ciò che è accaduto cercando di individuare un cammino più tranquillo e sicuro, “Could we start again please?” (“Potremmo ricominciare per favore?”); Simone lo Zelota cerca solo un leader politico che permetta agli Ebrei di liberarsi dal dominio Romano, “You will rise to a greater power, we will win ourselves a home” (“Tu otterrai un potere anche maggiore, noi ci saremo conquistati una patria”); Maria Maddalena non riesce a far combaciare ciò che prova per lui con le proprie precedenti esperienze di amore terreno - “I don’t know how to love him” (“Non so in che modo amarlo”) – per cui non è nemmeno in grado di comprendere quanto le sta accadendo intorno e, quando Pietro lo rinnegherà per la terza volta, si arrende alla mera evidenza dei fatti cantando “That’s what he told us you would do… I wonder how he knew” (“E’ ciò che ci aveva detto che avresti fatto… mi chiedo come facesse a saperlo”).

Ricondurre in poche righe quanto questa opera ha in sé comporta delle grandi restrizioni per cui, dovendomi limitare, posso solo concludere con un caloroso invito, rivolto a tutti coloro che non disdegnano tale genere di intrattenimento, di ritagliarsi poco meno di due ore durante le quali godersi le scene e la bellissima musica, che sicuramente non deluderanno e non lasceranno indifferenti!

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