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Katana: la sua evoluzione

Da Stefano Bresciani @senseistefano
Data: 19 novembre 2014  Autore: BudoFriends

katana_evoluzione“In generale, in Giappone si identificano le diverse tipologie di lame (sia da fianco che da asta) con il termine Nipponto, semplicemente “lame giapponesi”.

Le lame da fianco, ovvero la tachi e la katana, venivano identificate dal termine Token (un antico termine che identificava le lame a uno o doppio taglio, successivamente utilizzato anche quando non furono più usate le lame a doppio taglio).

Anticamente, solo ai samurai era permesso portare lame superiori ai 60 cm e venivano indossate in speciali combinazioni comprendenti due lame (Daisho): in generale, fino al XVII secolo, erano tachi e tanto; mentre dopo il XVII secolo, uchigatana e wakizashi. Il secolo XVII viene accademicamente identificato come il momento ufficiale di passaggio, ma è ovvio, che il cambio di tale usanza avvenne progressivamente, quindi spalmato intorno al secolo in questione. Secondo il tipo di montatura e di utilizzo, le spade venivano indossate sospese o infilate nella fascia-cintura (obi).

Prima di tutto, parliamo della tachi (太刀). Questo tipo di lama, la cui lunghezza si aggirava intorno ai 60-70 cm (anche se a volte poteva essere più lunga), era caratterizzata da una forte curvatura e veniva portata sospesa all’obi grazie ad elementi di sospensione del fodero chiamate ashio. Erano indossate orizzontalmente e con la lama verso il basso, pensate per i cavalieri ed il combattimento da cavallo. Il periodo di utilizzo va dall’Epoca Heian (794-1185) al periodo Muromachi (1336-1573).  I cavalieri del primo periodo storico del Giappone utilizzavano anche una spada molto più lunga (di almeno il 25%) della tachi. Chiamata nodachi, si portava sulla schiena, a tracolla, con l’elsa sulla spalla sinistra ed il cordone di ritegno al fianco destro.

Verso la metà del periodo Muromachi, la tachi fu sostituita (in linea di massima) dalla katana (刀) o uchigatana (打ち刀), rimanendo in voga fino alla fine del Periodo Edo (1603-1868).  Più corta della tachi, la katana misurava dai 60,6 cm (2 shaku) in su, e veniva indossata infilata nell’obi con il taglio verso l’alto. Le katana più lunghe venivano chiamate daito (大刀), ideogrammi che venivano letti anche okatana. Le katana più corte, ovvero lunghe tra i 55 ed i 59 cm, invece, erano chiamate chiisagatana (小刀) e considerate di gran pregio, indossate, quindi, con l’abito cerimoniale.

L’uso del wakizashi, ovvero lo spadino corto (dai 30,3 ai 60,6 cm; ovvero da 1 a 2 shaku), insieme alla katana nel daisho del samurai, è una tradizione relativamente tarda, che va dal periodo Momoyama (1573–1603) alla fine del Periodo Edo.  Esistevano, poi, i “pugnali”. Il tanto era lungo 30,3 cm (1 shaku) ed era anche chiamato koshigatana (腰刀), perchè spesso portato infilato nel koshi, dietro le lombari. Il kaiken (懐剣), invece, era lungo 13 cm e portato solitamente dalle donne.  Tra le armi che caratterizzavano il repertorio del samurai, vi erano anche due strumenti non molto comuni. Il primo è lo yoroidoshi, una lama compresa tra i 23 ed i 30 cm capace di penetrare le lamelle dell’armatura (yoroi) e portata infilata nell’obi verticalmente dietro la schiena, ma anche sul fianco destro, da cui il secondo nome metazashi ovvero “da fianco destro”.

L’altra arma insolita, non era propriamente una lama. Era chiamata hachiwara ed era a sezione quadrata munita di un uncino al forte per parare i colpi di spada e spezzarne la lama. Lunga 30 cm, corrispondeva alla “mano sinistra” occidentale.

Ci tengo a precisare, infine, che secondo la morfologia della lama, venivano identificati vari stili che caratterizzavano le lame giapponesi ed il periodo di produzione. La conoscenza di questi stili è uno dei principali elementi che utilizziamo per lo studio delle spade antiche e l’identificazione dell’arco cronologico di produzione. Ad esempio: lo stile Hirazukuri presentava il piatto della lama senza costolatura; lo Shinogizukuri, presentava la costolatura più spostata verso il dorso, al contrario del Kirihazukuri che la vede più spostata verso il tagliente; o ancora il Morohazukuri, che identifica il doppio filo.

Spero di essere stato sintetico ma esaustivo, chiaramente ho dovuto escludere le tipologie e microtipologie minori.”

Dr. Daniele Petrella, Ph.D. Lingue e Civiltà Orientali con indirizzo Giappone

Insegnante di Aikidō e Kenjutsu stile Kashima a Napoli

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