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Kholat – Tra neve e paranormale

Da Videogiochi @ZGiochi
di Matteo "The_Unk" Lusso

Kholat Syakhl è una montagna situata in Russia la cui traduzione significa “Montagna della Morte” nota al mondo per la triste vicenda avvenuta sul passo Djatlov nella notte del 2 febbraio 1959, in cui nove escursionisti morirono in circostanze misteriose per colpa di “una irresistibile forza sconosciuta”. In Kholat il nostro protagonista raggiungerà quei luoghi alla ricerca della verità per ritrovarsi in una avventura basata sull’esplorazione di un ambiente freddo ed inospitale, mosso dall’ottimo Unreal Engine 4, dove strani avvenimenti ed indescrivibili creature proveranno a fermarci più volte, il tutto raccontato dalla voce narrante dell’attore Sean Bean.

Bastano una mappa e una bussola

Nei primi momenti della nostra partita, Kholat è riuscito ad attirare la nostra attenzione grazie al motore di gioco in grado di mostrare delle ambientazioni fredde e ghiacciate veramente realistiche e credibili, con un sapiente utilizzo degli effetti particellari per rappresentare le continue folate di vento e tempeste di neve che permeano l’avventura, oltre ad un ottimo e naturale design delle zone esplorabili, anche grazie all’oculato uso del bloom e della continua nebbia in grado di nascondere aliasing ed imperfezioni. Anche l’impostazione del gameplay di primo acchito è apparsa interessante con una zona discretamente ampia ed esplorabile liberamente con un sistema di navigazione basato sull’uso della mappa e della bussola, senza alcun indicatore che mostrasse la posizione del protagonista. A ciò si aggiunge un’atmosfera ricca di tensione continua che riesce ad immergere il giocatore in una storia dallo stile veramente horror.

Fin qui tutto bene. Kholat sembra essere l’avventura horror definitiva, con una bella ambientazione, una storia interessante e la capacità di trasmettere al giocatore quel senso di terrore e paura continua degno di un vero titolo horror. Il problema è che il sogno si infrange in pochi minuti e Kholat mostra il fianco a una narrazione che diventa sempre più debole, una ripetitività degli eventi che fanno scemare molto velocemente la tensione del giocatore e una durata della storia più che ridicola, dato che basteranno appena due ore per compiere tutti i passi necessari a raggiungere il finale, oltre ad esplorare la mappa alla ricerca di qualche collezionabile in più, piuttosto deludente, nonostante la voce narrante di Sean Bean cerchi di dare enfasi agli eventi che stanno capitando, lasciando la questione totalmente aperta e irrisolta.

Il passo Djatlov

Se la trama subisce un grosso scivolone durante tutta l’avventura, anche il gameplay non è da meno. Tutta l’avventura si basa sul raggiungere alcuni luoghi della mappa, di cui abbiamo solamente le coordinate e l’idea di dover utilizzare solo bussola e mappa per raggiungere tali posti è piuttosto intrigante, data anche la presenza in alcune zone di nemici eterei che pattuglieranno la zona alla ricerca della nostra presenza reagendo ai nostri rumori e movimenti per riuscire a catturarci ed ucciderci. Nonostante l’intelligenza artificiale non sia particolarmente elaborata o eccelsa, questi esseri paranormali in parte invisibili risultano, anche grazie al loro desing ben riuscito, un ottimo espediente per cercare di spaventare il giocatore. Sfortunatamente non sono presenti in tutta la mappa ma solo in piccole porzioni e una volta compreso ciò diventerà abbastanza semplice capire in quali zone aspettarci la loro presenza e in quali no, rendendo l’esplorazione in parte noiosa anche a causa delle ambientazioni molti simili fra loro nonostante l’ottima qualità grafica e la presenza di alcuni edifici e punti chiave della montagna ben riusciti.

Anche l’impostazione open world e la possibilità di raggiungere i punti chiave nell’ordine in cui vogliamo in breve si dimostra essere più limitata e lineare di quanto potesse apparire. Nei punti chiave avverranno infatti degli eventi scriptati, in grado di mostrare ancora un volta la potenza dell’engine di gioco, necessari ai fini della trama, ciò implica che non possono essere saltati e alcuni devono seguire un certo ordine, quindi per raggiungere certi luoghi saremo costretti a passare forzatamente da certi passaggi, perdendo così gran parte della libertà offerta al giocatore. Per fortuna, anche se ciò in parte rovina l’esperienza di gioco, è possibile teletrasportarsi da un accampamento ad un altro accorciando i tempi morti e il backtracking per tornare nella zona centrale della mappa da cui si dipanano gli altri sentieri che dobbiamo forzatamente percorrere. E non basta la ricerca dei collezionabili, nascosti in qualche angolino dell’ambientazione a rendere l’esplorazione più interessante, dato che la maggior parte delle volte semplicemente si troveranno sul nostro cammino. Tuttavia la loro presenza è molto utile, non per le informazioni da leggere così da comprendere meglio ciò che è avvenuto nella Montagna della Morte, ma semplicemente perché la loro posizione viene automaticamente segnata sulla mappa permettendoci così di capire esattamente dove ci troviamo, semplificando – forse troppo – l’esplorazione, aspetto preponderante di questo titolo. Infatti non è possibile rallentare o combattere coi nemici, né son presenti enigmi da risolvere in grado di diversificare la breve avventura, che nel complesso si traduce in nient’altro che una lunga camminata in mezzo alla neve con qualche evento scriptato nel mezzo.

La bellezza della neve

La qualità visiva di Kholat è l’aspetto migliore di tutto il titolo. L’uso dell’Unreal Engine 4 ha giovato notevolmente alla produzione di questo titolo. Il design delle ambientazioni e degli stessi mostri sono belli e allo stesso tempo spaventosi da vedere, questo anche grazie ad un sapiente uso degli effetti particellari. Le tormente di neve hanno una direzione che cambia a seconda della nostra prospettiva, l’illuminazione generata della luna piena nonostante sia un po’ esagerata – infatti non useremo mai la torcia – si sposa bene con lo stile di Kholat e la sfocatura generata dalla neve che vola e dalla profondità di campo rendono alcuni panorami mozzafiato. Però anche in questo caso non siamo davanti alla perfezione: i colori tendono al bianco e nero per via della neve e della notte e assieme al massiccio uso del bloom e della sfocatura nascondono alcune imperfezioni come l’uso ripetuto delle texture delle rocce e degli alberi o la vacuità degli ambienti circostanti. In ogni caso siamo davanti ad un ottimo risultato, molto pulito e definito, se non fosse stato per alcuni cali di prestazioni immotivati che in certi momenti hanno azzoppato il nostro framerate in modo esagerato.

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