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Kill me please

Creato il 07 luglio 2011 da Giuseppe Armellini
Kill me pleaseMi uccido.
Uccidimi.
Basta pochissimo, soltanto quel piccolo saltino del "mi", per far tutta la differenza del mondo; per passare dal coraggio alla paura, dalla disperazione più totale e istintiva a quella più pensata e organizzata, per desistere dal provare a saltare dal 7° piano, buttarsi sotto un treno, ingoiare un mortale mix di medicinali e spararsi in testa o prendere invece il treno e recarsi alla clinica del dottor Kruger. Nella clinica del dottor Kruger c'è gente che si prenderà cura di voi e nel decoro più assoluto, con assoluta dignità, niente sangue, niente casini, vi accompagnerà per i vostri ultimi giorni. Poi, un bicchier d'acqua, un pò di veleno e 3 minuti per salutare, au revoir.
In un bianco e nero perfetto, rappresentazione anche visiva delle vite senza alcun più colore degli aspiranti suicidi, Kill me please affronta in chiave di commedia grottesca e nerissima l'inossidabile tema del diritto o no a decider di morire. Ora, fermo restando che un suicidio come si deve, insomma "gestito" da soli, è tranne che in rarissimi casi, pressochè impossibile da impedire, è giusto che possa trasformarsi in un "suicidio con l'aiutino" o, per dare i giusti nomi alle cose, un omicidio concordato con un' istituzione? Troppi hanno parlato di eutanasia per Kill me please. Non sono affatto d'accordo. Il film di Barco ci parla del mal di vivere e non di situazioni irreversibili di "non-vita". Ci parla di gente che non riesce più a dare un senso alla propria esistenza e non di vite che oggettivamente non hanno senso. Kill me please è un film sulla depressione, sul disamore per la propria vita, sull'assoluta mancanza di motivi per andare avanti. E' un film sul desiderio della morte perchè vista come unico stimolo rimasto in vita, in una vita però che di stimoli avrebbe da offrirne altri centomila. Non è un caso che L'UNICA paziente che subisce una sorta di accanimento teraupetico (la ragazza delle punture) sia anche L'UNICA che decide di andar via perchè si rende conto che esser vivi è una fortuna da preservare. Film sull'eutanasia quindi? All'opposto.
Ed è anche un film che, anche se pare un ossimoro, ha una scena madre "nascosta" ma completamente decisiva. La macchina viaggia veloce, se ne frega del funerale. Urta la bara, la bara cade. Pochi secondi, addirittura in campo lungo, ma importantissimi. Niente sarà più come prima. La bara urtata che cade simboleggia l'assoluta mancanza di rispetto da parte di quelli della clinica, gli angeli del suicidio, verso le persone che invece a vivere ci tengono, e portano i propri morti sulle loro spalle. La vendetta sarà tremenda. Non volete vivere? Vi si aiuta noi.
E così in un'atmosfera comunque sempre divertente e a tratti spassosissima ( i tre nel bosco e la partita a poker, la telefonata, il tiratore scelto - risata a dir la verità amarissima - ) Kill me please riesce però a far pensare, e anche parecchio. Non sarà certo un capolavoro o un film a tesi perfettamente riuscito, ma porta a spontanee riflessioni, e questo non è da poco.
E la spiegazione nel finale riguardo l' istituzione della clinica del suicidio come compensazione dei danni economici arrecati dai suicidi "personali" andati a buon fine è davvero drammaticamente magnifica.
E quella Marsigliese, quella Marsigliese che come ultima volontà doveva esser cantata davanti a tutto il paese sarà invece eseguita in un deserto di morte simile a quello della Grande Abbuffata, in quello che rappresenta senza dubbio il momento emotivamente più alto dell'opera. Una Marsigliese che è un inno sì, ma alla Disperazione.
(voto 7,5)

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