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L’AFFANNO e LA SPERANZA, di Giuseppe Germinario

Creato il 01 novembre 2012 da Conflittiestrategie

Il più cauto è stato Romano Prodi: “Aspettate a fare i titoli perché non si sa mai”; il più categorico Umberto Bossi: “Ha un sacco di processi”. Noi del blog non facciamo testo, anche se appena sabato 27, nella nostra riunioncella semestrale di redazione, al riparo dai bollettini dei media, si prefigurava la piena permanenza, a pieno titolo, del Cavaliere nello scenario italico.

Nella conferenza stampa di Villa Gernetto non abbiamo assistito, però, al “ruggito del leone ferito”; non si tratta di una fiera colpita, messa alle strette dai battitori, ancora in grado però di scattare e colpire, con minore lucidità forse, ma con la capacità reattiva dettata dall’adrenalina di un combattente messo alle strette; la sensazione dettata dall’ansimare del relatore è, piuttosto, quella di una preda il cui ringhio inquietante mira alla ricerca di un angolo in cui acquattarsi  nella speranza di colpire il cacciatore più incauto e inesperto e di essere lasciato in pace.

I novanta minuti di soliloquio di Silvio Berlusconi e rispettivo avvocato rivelano tantissime cose dei possibili prossimi scenari politici in Italia e del sostrato strutturale e istituzionale necessari a renderli quantomeno plausibili.

Con la benevola comprensione di Gheddafi dal Paradiso di Allah, ha alluso alle responsabilità di Napolitano circa il mancato rispetto di un patto che lo liberasse dalle campagne giudiziarie di cui è bersaglio; ha accusato Monti di non aver varato alcun provvedimento di riforma della giustizia e <en passant> di aver perseguito una politica di oppressione fiscale e di recessione economica; ha accusato la Germania di Merkel di aver innescato, con la vendita massiccia di titoli italiani, la battaglia dello spread del debito nostrano per ritorsione alle pretese di riconsiderazione del reale rapporto debito/PIL  avanzate dal Cavaliere e, assieme alla Francia di Sarkozy, di averlo sbeffeggiato agli occhi del mondo solo per sostenere il loro tentativo di colonizzazione dell’Italia.

In una fase in cui i grandi restauratori sono riusciti ad occupare le più alte cariche dello Stato, a conquistare alcuni posti chiave di istituzioni economiche e militari, ben vengano qualche straccio in volo a squarciare la cortina fumogena che aleggia pesante a pelo d’acqua così come qualche macigno a smuovere almeno parte della mota che, inerte nei fondali paludosi, nella tranquillità mortifera e ingannevole della superficie, ruba in profondità l’ossigeno alla vita e alimenta il lezzo della decomposizione.

Sono bastati pochi accenni indispettiti ad inquietare il nutrito manipolo abile sino ad ora ad occupare alcuni centri vitali dello Stato, ma ancora del tutto incapace di regolare le tante schegge in cui si sono frammentati i vari centri di potere, tra questi certamente la magistratura, in oltre venti anni di schermaglie senza battaglie risolutive e con le fazioni che hanno acquisito progressivamente forza propria e costruito autonomamente ulteriori legami con i diversi centri dominanti d’oltreatlantico e d’oltralpe; un manipolo tanto tronfio quanto fragile il quale ha bisogno della assoluta connivenza generale per cercare di costruire un simulacro di forza politica necessario a comporre e dare espressione ad un minimo blocco sociale in grado di sostenere le attuali politiche.

Avete notato cosa succede alle azzurre acque della costiera amalfitana e della laguna veneziana quando le eliche di imbarcazioni appena più importanti scavano le superfici e smuovono i fondali di quei mari? Sono pezzi di poesia, di paesaggi che si tramutano in sfregi. È proprio la mutazione che temono i nostri baldanzosi manipoli.

Già l’esibizione di qualche mutanda e canottiera ha fatto incrinare la credibilità della rappresentazione; figuriamoci se dovesse aggiungersi l’innocenza di qualche ragazzino a svelare che “il re è nudo”.

E’ la classica situazione in cui verità, mezze verità e allusioni affiorano tra mille depistaggi e versioni addomesticate; rari momenti da cogliere con la dovuta attenzione.

Tremonti prima, con il suo gelido livore, Berlusconi sabato scorso, con il suo risentimento veemente, sino ad ora si sono limitati a strappare solo qualche indumento altrui, ma solo, probabilmente, per coprire le proprie pudenda, quelle del secondo per altro ormai ampiamente esposte da lustri immemori.

IL SIMISOVRANISTA

Il più coerente è senza dubbio l’ex Ministro, nonché Presidente di ASPEN Italia. Da anni le sue analisi indulgono nella critica al “mercatismo”, all’ideologia della capacità autoregolativa del mercato, al dominio degli anonimi boards finanziari, al predominio assoluto del calcolo economico. Nel recente Manifesto delle 3L, affrontando il tema della crisi da spread che ha investito l’Italia, con il conseguente cambio di governo e nefasto avvento dei tecnici, arriva addirittura a riconoscere agli stati, precisamente ai due paesi europei più potenti, in particolare alla Germania, un ruolo complementare e di primo piano, a fianco ai centri finanziari, nel determinare i tempi e le condizioni degli assalti al sistema finanziario ed economico italiano. Il terreno era già stato preparato dalle recenti interviste di Formica, presente tra l’altro al convegno di Tremonti, ed altri sugli anni di Tangentopoli e delle svendite. Con l’intento di togliersi finalmente qualche fastidioso sassolino dalle scarpe, Tremonti ci regala, nel documento, qualche succoso retroscena riguardante quel periodo: rileva come sino alla prima metà del 2011 l’Italia fosse del tutto estranea alla crisi finanziaria che aveva colpito Irlanda, Grecia, Portogallo e Spagna. I problemi hanno fatto capolino solo quando si è trattato di decidere, in sede europea, come ripartire tra i bilanci pubblici dei paesi l’onere del finanziamento dei paesi in crisi: secondo il criterio classico del prodotto nazionale, come richiesto da Francia e Germania oppure secondo il livello di esposizione bancaria verso quei paesi, come proposto da Tremonti in modo da evitare che l’Italia contribuisse troppo a finanziare l’esposizione bancaria di Francia e Germania. In quel preciso momento le banche tedesche cominciano a vendere i titoli italiani e a innescare gli attacchi speculativi degli altri centri finanziari. Una dinamica favorita dall’atteggiamento sconsiderato se non complice di Berlusconi, culminato con l’emarginazione di Tremonti stesso, privo della necessaria prudenza finanziaria altrimenti professata dal titolare del dicastero economico. L’ex Ministro allude addirittura ad un possibile gioco delle parti tra Berlusconi e Commissione Europea nella gestione della vicenda culminata con la lettera di fatto concordata dei “compiti a casa”.

L’interpretazione riduttiva di quegli eventi è corrispondente alla finalità polemica di queste allusioni.

IL SILVIO FURIOSO

Caduto nuovamente sulla graticola dei processi giudiziari, registrata la sottolineatura del Ministro Cancellieri riguardante i tempi lunghi di prescrizione dei suoi processi, è paradossalmente lo stesso Berlusconi a riscoprire le mene colonialiste della Germania e la dannosità di quel Governo Monti che lui stesso aveva contribuito a far insediare per arginare, a suo dire, gli attacchi speculativi; tornava a dare ragione, quindi, all’amico di un tempo.

Non a caso si torna a parlare di prossimi incontri tra Berlusconi, Tremonti e Bossi.

Tutte dinamiche che evidenziano il trasformismo più laido, la meschinità e la pochezza tattica e strategica di un personaggio, Berlusconi, il quale con i suoi cambiamenti repentini sta semplicemente distruggendo la sua base elettorale, la propria credibilità personale senza nemmeno conseguire quel salvacondotto agognato con il peggior umiliante servilismo:

  • Laido trasformismo perché le continue giravolte sono il frutto di considerazioni contingenti di bassa lega tese a garantirsi, a mio parere per altro vanamente, la sopravvivenza personale
  • Meschinità, in quanto disposto a strumentalizzare e sacrificare a ogni piè sospinto stupidamente la propria base elettorale e di consenso, la propria rete di relazioni sino a erodere inesorabilmente quelle stesse fondamenta che gli consentono di trattare la condizione personale propria, della propria famiglia e dell’azienda
  • Pochezza tattica perché, proprio lui che va blaterando e lamentando da anni sul potere apparente e sull’impotenza di fatto  di cui godono le cariche istituzionali, tra queste quella di Presidente del Consiglio e di Presidente della Repubblica, di fatto si è consegnato mani e piedi ad accordi con figure istituzionali le quali, ammessa e non concessa la buona fede, possono essere efficaci solo se espressione di centri di potere in grado di gestire le reti di relazioni, governare i conflitti e regolare le schegge impazzite. L’esatto contrario della situazione attuale del paese dove la stessa figura di garanzia istituzionale è ormai invischiata e condizionata nel gioco avviato con “mani pulite” nei primi anni ’90. Le vicende delle intercettazioni presidenziali, delle indagini paradossali su Finmeccanica ed anche quelle sulla corruzione delle varie amministrazioni regionali, a prescindere dalla buonafede o meno degli attori, più che una azione “bonificatrice”, rappresentano l’inerzia di una sorda battaglia politica  senza nemmeno l’afflato che aveva caratterizzato “tangentopoli”. Sto parlando soltanto dell’ordinamento che più esposto e più militante in questi anni; qualcosa di analogo è avvenuto anche nei settori ed apparati rimasti più riservati. In un prossimo articolo sul Governo Monti e sulle prospettive di formazione di nuovi gruppi dirigenti di livello assai mediocre cercherò di essere più esauriente in proposito. Per un guitto come Berlusconi, del resto, non ostante i venti anni di esperienza sul campo,deve essere ancora facile confondere il proscenio con la sede in cui si disegnano concretamente le trame e si attuano i disegni
  • Pochezza strategica perché i voltafaccia repentini in Libia e in Russia hanno rivelato l’inconsistenza e la fragilità delle sue politiche “autonomiste” e minato fortemente la credibilità del paese e sua personale; perché l’attuale sussulto poggia, probabilmente, sulla speranza di una politica americana più direttamente interventista, anche in Europa, legata al possibile successo di Romney negli Stati Uniti, senza mettere in conto che le eventuali svolte molto spesso comportano comunque il sacrificio dei servi sciocchi o inutili
  • Servilismo umiliante perché la ribellione astiosa e tardiva alla Merkel, appena un gradino più sù nella cerchia dei cortigiani imperiali, nasconde la contrizione ancora più umiliante  esibita platealmente con la genuflessione alle spalle di Obama la cui sufficiente magnanimità si era limitata, per altro, ad una generica garanzia di “caduta in piedi”; rivela, al contrario, la natura scellerata e codarda della sua appena precedente omertà sui retroscena delle dimissioni da Capo del Governo di fine 2011. Il tapino, inebetito dalla rassicurazione così autorevole, non aveva controllato se la linea rossa della Casa Bianca, oltre che con Mosca e Pechino, fosse collegata con la cancelleria dei vari tribunali italiani.

La situazione che si sta delineando nel paese da qui alle elezioni del prossimo aprile non si può certamente ridurre alle fisime, agli impeti e ai calcoli dei singoli uomini politici impegnati sul proscenio; né alla inesorabile e infallibile attuazione delle strategie, delle macchinazioni e dei complotti dei centri di potere determinanti.

DOPO LA SINISTRA, IL CENTRO E LA DESTRA

In una recente intervista pubblicata sulla nostra testata, purtroppo passata inosservata, alla domanda “Qual è il ruolo e il significato della teoria del complotto (TDC) nella storia?”, Aymeric Chauprade risponde, tra l’altro: “Le cospirazioni sono nella storia, ma la storia non è una cospirazione. Non esiste una persona seria che riduce la storia a una trama unica ( complotto ebraico o massonico). Questo è lo specchietto per le allodole che serve a soffocare l’analisi approfondita!”. ( http://www.conflittiestrategie.it/11-septembre-le-journalisme-entre-autocensure-et-devoir-dinformation ) Una affermazione, del resto, perfettamente in linea con quanto teorizzato e prodotto sino ad ora da questo blog.

Così protagonisti e compartecipanti devono saper cogliere l’onda che sopraggiunge e che magari hanno determinato o contribuito a provocare; devono valutare se cavalcarla, orientarla, imbrigliarla, frammentarla o arretrare; raramente sono in grado di fronteggiarla apertamente, arrestarla o distruggerla. Chi conosce e frequenta il mare comprende benissimo queste situazioni.

L’Italia di oggi, più di altri paesi, è un mare ancora ricco, ma solcato da onde e correnti pazze e anomale. Occorrerebbero poche grosse navi ma dal profilo agile, con un valente capitano e un equipaggio compatto e determinato per solcarlo secondo una rotta in compagnia dei passeggeri; si profilano invece tante piccole imbarcazioni ognuna catturata da una corrente e a rischio di collisioni tra di esse.

Due settimane fa ho discettato della nave del PD ( http://www.conflittiestrategie.it/leuropeismo-interdetto-il-pd-e-leuropa-di-giuseppe-germinario ); oggi toccherà alle più piccole e numerose imbarcazioni collocate ai cosiddetti centro e destra dello scacchiere, ognuna ormai impegnata a raccogliere una parte precisa di passeggeri.

Per la verità anche in questa area hanno tentato almeno due volte di costruire un contenitore di dimensioni quantomeno accettabili:

  • Ci ha provato un anno fa con Todi1 la componente territoriale della Chiesa Cattolica, la CEI ovviamente con il placet discreto del vertice ecclesiale, con la collaborazione degli organismi collaterali e del terzo settore di orientamento cattolico, alcuni dei quali, tra essi la Compagnia delle Opere, transfughi dallo schieramento berlusconiano; hanno fornito gran parte dello Stato Maggiore dell’attuale Governo Monti; hanno creato grandi aspettative sulle loro capacità di discernimento; si sono subito rivelati nella mediocrità, nella loro inesistente capacità aggregativa e nel loro radicamento nei soli settori complementari e residuali. Alcuni tecnocrati al governo, tra questi Passera, disorientati dal loro naturale splendido isolamento, si sono gettati piuttosto ciecamente tra quelle schiere in cerca di truppe e di sostegno ma senza grosse prospettive. Dalla composizione e dai programmi in corso di elaborazione in quegli ambienti, è chiara la funzionalità di quel progetto sino a quando, come adesso con l’attuale Governo Monti, si tratta di distruggere e destrutturare salvaguardando particolari sacche; quando con Todi2, ad ottobre scorso, con il “Manifesto per una buona politica” ( http://www.forumlab.org/manifesto/ ) si è cercato di passare alla costruzione programmatica e di un nuovo ceto politico nazionale è venuta fuori la natura localista, cogestionaria e comunitaria del movimento, nonché la pochezza dei leader. Si passa dalla democrazia rappresentativa e dalla economia sociale di mercato alla “democrazia deliberativa e all’economia civile di mercato rendendole adeguate alle nuove dinamiche della globalizzazione”, fondate sugli Stati Uniti d’Europa sostitutivi degli stati nazionali in crisi, sul conferimento secondo il principio di sussidiarietà a gruppi solidali, cooperative e sistemi cogestionali di attività e servizi (formazione, assistenza, servizi pubblici, attività economiche a dimensione locale) sino ad ora in gran parte gestiti dallo stato in evidente difficoltà economica e di gestione burocratica. Il trionfo del localismo e del comunitarismo, tesi a controllare e distorcere ulteriormente una caratteristica che è nel contempo la forza e la debolezza di questo paese, il civismo. Gli estensori devono essersi resi conto dei limiti e del rischio residuale della loro visione; hanno proposto, infatti, un ulteriore manifesto “VERSO LA TERZA REPUBBLICA” ( http://www.versolaterzarepubblica.it/ ), raccogliendo, con il pronto inserimento di qualche frasetta sul merito, sui talenti e sull’iniziativa individuale, l’adesione di Italia Futura dell’ineffabile Luca Cordero di Montezemolo ma perdendo quella pesante della Coldiretti e di Marcegaglia e raffreddando quella di artigiani e piccoli commercianti. Il tripudio, in sostanza, dell’alleanza del collateralismo simildemocristiano con una corrente liberale compradora, ma con la mancanza della terza gamba fondamentale che garantì in altri tempi quarant’anni di governo democristiano: la grande industria ed impresa delle partecipazioni statali. Una scelta che è costata a Montezemolo il divorzio dal liberale Oscar Giannino, persona ben più coerente e dal suo manifesto “fermare il declino” ( http://www.fermareildeclino.it/ ). Un progetto risoltosi rapidamente in una velleità da semplici comprimari e del tutto sottoscrivibile dalle componenti europeiste classiche e dai centri dominanti che vogliono rendere l’Italia una  semplice “dependance”.
  • Ben altro spessore, in grado di minacciare seriamente i propositi del PD, sembrava avere il progetto di trasferire gran parte del PDL nella costruzione e gestione di un’area filomontiana, magari senza l’attuale professore in prima linea. Nel suo seno sono ben presenti forze paragonabili, anche se ben più pragmatiche, a quelle di cui al punto precedente. Nel “Manifesto per il bene comune della Nazione” (http://www.magna-carta.it/content/manifesto-bene-comune-della-nazione ), sottoscritto da Gelmini, Sacconi, Formigoni, Gasparri, Meloni ed Alemanno, L’Unione Europea, a differenza di Todi2, dovrebbe essere sostenuta dagli stati nazionali la cui forza, però, deve trarre origine dai comuni e dalle comunità, rafforzando soprattutto queste piuttosto che lo stato centrale, seguendo il principio di sussidiarietà senza per altro specificarne le numerose accezioni. È bastato lo scandalo e l’assalto politico-giudiziario alle regioni per far regredire ulteriormente le posizioni di tante componenti piuttosto che farle riflettere sulla scandalosa sovrapposizione di poteri tra stato centrale e regioni, sulla duplicazione delle competenze e del personale, sulla eccessiva frammentazione delle regioni stesse che impedisce di affrontare adeguatamente il problema dei grandi investimenti e della gestione delle reti di servizio, sul ruolo e sui propositi avuti dall’Unione Europea nell’accentuare la debolezza connaturata dello stato centrale italiano. Questo Governo ha interrotto completamente il dibattito che si stava avviando nel Governo Berlusconi in proposito facendo regredire vistosamente le elaborazioni di quel partito

Sopravvivono ancora in esso forze legate a settori determinanti della società i quali però mal sopportano o sono ostili alle attuali politiche del Governo Monti.     Questa contraddizione, assieme all’improvvisa “svolta”, tutta da verificare, del Berlusconi di sabato scorso, ha fatto comunque naufragare anche questo proposito di egemonia per ridurlo a poco più di una stella di una costellazione

  • Ben più interessante appare il Manifesto 3L di Tremonti (http://www.listalavoroliberta.it/sito/), già citato. Il documento, tutto di politica economica e non altro, aggiunge al ruolo dominante dei poteri finanziari la funzione predatoria degli stati, anzi di uno in particolare: la Germania; impone di battere i pugni al tavolo di trattative europeo; predica un recupero di sovranità attraverso una sorta di nazionalizzazione del debito, attraverso il collocamento in Italia dei titoli pubblici attualmente piazzati sul mercato estero; una misura che, per altro, i vari sistemi bancari nazionali stanno adottando per ben altri motivi e che risulta però ancora troppo generica. Tremonti, infatti, sembra dimenticare che le banche possono benissimo acquistare i tioli nazionali ma collocarli in fondi e nei mercati secondari per alimentare i magri profitti che deriverebbero dalla semplice detenzione o custodia dei titoli. Una misura propedeutica, comunque, a detta del Presidente di ASPEN, alla politica di risanamento, di investimento creditizio destinato direttamente alle attività produttive necessaria a rilanciare il paese. Un manifesto sino a pochi giorni fa destinato ad avere un ruolo elitario, ma che con l’ultima novità di Berlusconi e le posizioni della Lega assume un potenziale ben più ampio di fronte alla marea montante dell’astensionismo vigile e al malcontento che sta irretendo gran parte dei settori produttivi. Anche questo processo meriterà in futuro ulteriori approfondimenti nella misura in cui riuscirà a mettere radici e a non rivelarsi una semplice meteora

QUALCHE CONSIDERAZIONE

Non si tratta di movimenti tutti pianificati da un’unica regia. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di lasciar libero corso ai conflitti, alle gelosie, alle rivalità per alimentare la frammentazione, assestando qua e là, anche questo per dinamiche ed inerzie interne piuttosto che per complotti preordinati, i colpi necessari a ricondurre sodalizi e conflitti in un alveo che lasci la potenza dominante nel ruolo di arbitro e vincitore della competizione geopolitica.

A differenza del PD, dove il ruolo degli Stati Uniti viene spesso invocato ed auspicato, quasi a voler confermare la recente legittimazione ottenuta da essi, nei documenti di questa area gli Stati Uniti sono semplicemente assenti, ma solo perché la loro presenza è scontata e naturale un po’ come lo è dio nelle religioni che identificano la divinità con la natura. Gli attori del conflitto diventano, tutt’al più, i paesi vicini di livello comparabile o quelli potenzialmente rivali della forza egemone. Si acuiscono e si sopravvalutano, quindi, le contraddizioni tra di essi con il risultato finale prevedibile dell’invocazione de “arrivano i nostri”. Una situazione già maturata con la prima e seconda guerra mondiale.

Non che le contraddizioni tra i paesi di secondo rango siano irrilevanti; tutt’altro. Proprio la loro scelta di subordinazione, soprattutto per i paesi potenzialmente in grado di fare il salto di qualità, li spinge ad ignorare o a glissare sulle profferte di collaborazione ed alleanza dei paesi rivali degli Stati Uniti e a puntare sul ruolo di potenze regionali a scapito dei “fratelli vicini”. E quanto sta facendo la Germania, ma con sempre maggiore difficoltà, quando glissa sulle profferte di collaborazione della Russia e si accanisce con i suoi “amici” europei. Non mancano nemmeno le peggiori e squalificanti meschinerie; basterebbe ricordare l’imposizione alla Grecia dell’acquisto dei propri residuati militari in cambio della proroga del cappio finanziario. D’altro canto, gli stessi atteggiamenti similsovranisti che iniziano a riaffiorare non sono semplici manifestazioni estemporanee, ma l’espressione di forze che in un primo tempo hanno subito l’indebolimento della loro complementarietà con la Germania, ma che adesso stanno cercando altri legami ed altre relazioni che hanno però bisogno, in mancanza di forza ed aspirazioni proprie, di una tutela che solo il libero mercato regolato dagli Stati Uniti può garantire. L’Italia non è nuova a queste situazioni e l’attuale condizione geopolitica è molto peggiore di quella dell’Italietta degli anni ’30. Molto spesso, in questi ultimi decenni, l’Italia ha risolto i propri dissapori con i vicini stringendosi ancora di più con gli Stati Uniti. Le vicende di Finmeccanica e di ENI, come della riorganizzazione militare dei paesi europei, saranno particolarmente illuminanti in proposito. D’altra parte gli Stati Uniti sono ancora l’unica potenza planetaria, con una visione d’insieme della situazione; la qual cosa gli consente di tollerare in determinati momenti ed entro certi limiti, anzi di pilotare spazi di autonomia, salvo ridurli anche violentemente al mutare delle contingenze. Una condizione amaramente sperimentata negli ultimi tempi da Gheddafi e da Saddam Hussein e che l’Italia spesso a messo a frutto a modo proprio ma con pregiudizio del futuro strategico del paese e dell’Europa.

È la condizione che potrebbe consentire, purtroppo, un parziale e temporaneo recupero di consensi da parte di Berlusconi ed un ulteriore beffa agli sprovveduti al seguito.

È la stessa condizione che potrebbe rendere necessario l’arrivo di una portaerei per raccogliere le barchette. Fa niente se per motivi umanitari potranno travolgere qualche imbarcazione alla deriva di loro amici. Gli americani, si sa, sono così pieni di slancio; tendono ad esagerare anche nei mezzi e fanno quindi fatica a ritirarsi. Sono ancora lì ad Haiti a “soccorrere” i terremotati. In Italia abbiamo già diversi loro proconsoli in carica a dirigere il traffico.

Sull’europeismo di questo paese ci sarebbe ancora tantissimo da discutere, come sull’europeismo di questo governo, nonché sui suoi propositi, sulle sue effettive competenze e sulla sua effettiva rappresentatività.

Le occasioni purtroppo non mancheranno


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