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L’ambientazione nel fantastico – Puntata n. 7

Creato il 11 settembre 2015 da Rivista Fralerighe @RivFralerighe

DALL’AMBIENTAZIONE ALL’INTRECCIO

Un’ambientazione, per essere completa, deve possedere al suo interno una serie di eventi che le diano una dimensione nell’arco del tempo: il “C’era una volta” è l’anima di un’ambientazione, perché parte dal presupposto che c’era un periodo in cui le cose andavano diversamente.
Dunque basta approfondire il passato, quindi creare un’origine per l’ambientazione, per generare un prequel che ne racconti gli sviluppi, dando ai protagonisti un compito e una dimensione.

L’esempio più famoso di questo processo è il ciclo della fondazione, di Asimov. I primi otto racconti vennero pubblicati su Astounding tra il ’42 e il ’50 e solo nel ’88 l’autore scrisse il principio della storia (Preludio alla Fondazione). Nel frattempo lo stesso Asimov aveva collegato l’ambientazione a tutti i suoi scritti, formando un unico universo e usando l’impero descritto nel ciclo come il punto focale di una serie di eventi, che sono in realtà gli intrecci dei suoi romanzi. Come se ciò non bastasse, altri autori hanno lavorato con la stessa ambientazione, in alcuni casi su autorizzazione di Asimov, arrivando a scrivere addirittura una seconda trilogia della fondazione, senza però apportare modifiche all’ambientazione.

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L’utilità di creare una serie di eventi è quindi direttamente proporzionale alla profondità che si vuole raggiungere nello sviluppo dell’ambientazione e della serie di romanzi legata alla stessa. Scrivere un ciclo non vuol dire solo raccontare una storia e tutti i suoi sequel/prequel, ma vuol dire anche creare il telaio su cui andrà montato ogni volta un romanzo diverso.

Passare dunque dall’ambientazione all’intreccio consente di approfondire nel dettaglio gli eventi, in un dato momento. Quindi in un romanzo questi sono subordinati all’ambientazione, ma ciò non limita lo sviluppo di una trama; al contrario, seguendo questo metodo l’intreccio risulta più preciso e pulito. L’intera narrazione deve seguire delle regole definite in partenza e attenercisi. In questo modo l’autore potrà seguire una sorta di linea guida, e per i lettori sarà interessante ritrovare particolari e componenti familiari, graditi.

ESPANDERE L’AMBIENTAZIONE

Per mettere in pratica ciò di cui abbiamo parlato in precedenza, c’è bisogno di un’ambientazione ben delineata, quasi “rigida”, che si lasci sfogliare nella sua interezza senza essere modificata.
Non sempre però è possibile.
Anzi, spesso si aggiungono pezzi e si fanno piccole rifiniture in corso d’opera.
Prendiamo a esempio il Ciclo dei Vor di Lois McMaster Bujold, uno dei più conosciuti e premiati in ambito fantascientifico. E senza dubbio anche uno dei più validi esempi di come un autore possa condensare la sua intera produzione sull’ambientazione che ha scritto.
Se infatti alla base dei romanzi della Bujold ci sono gli intrighi politico-militari e la perenne difficoltà dei personaggi nel relazionarsi con una vera e propria società galattica, è anche vero che gli eventi sono raccontati sempre dallo stesso punto di vista, andando a rafforzare l’ambientazione con un catalogo di personaggi e di classi che entrano immediatamente nell’immaginario collettivo. Come le divise delle truppe barrayarane oppure gli occhi di horus degli ufficiali dei servizi segreti.
Accanto a questo Bujold tratteggia l’universo in maniera esemplare, stilizzata quanto basta per non ingombrare con pagine di descrizioni. Anche le tecnologie impiegate sono semplici e funzionali all’ambientazione, ma iconiche e d’effetto, tanto in campo militare che medico. Anche le tradizioni sono messe in gioco, tra intrighi a livello generazionale e antiche inimicizie non è raro trovare epiteti, battute e credenze popolari che fanno da motore a stereotipi che si radicano immediatamente nell’intreccio dei vari romanzi.
Allora cosa manca?
Nel ’97, dopo essere diventata una delle serie di fantascienza più premiate, il ciclo dei Vor fa un passo indietro. La Bujold interrompe la cronologia dei suoi romanzi per scrivere una storia antecedente, Cetaganda.

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Per un lettore che è già addentrato nel ciclo, Cetaganda è un nome conosciuto: infatti è tra i primi nemici di cui il lettore viene a conoscenza e la maestria della Bujold spinge chiunque legga i suoi romanzi a considerarli i veri cattivi, senza averli neanche incontrati. Del resto sono quelli che hanno invaso il pianeta dei protagonisti, anche se sono stati cacciati, rimangono (come la coscienza popolare – quindi le tradizioni – richiederebbe) dei cattivi.
Fino a quel momento, della società cetagandana però si sapeva poco o nulla e tolte le dicerie, la sostanza era poca. Per raccontare la vicenda la Bujold ha dovuto costruire da zero una nuova branca della sua ambientazione, sviluppando tutto senza creare incongruenze con il passato. Ciò equivale a rivedere ogni riga e ogni sfaccettatura dell’ambientazione e degli intrecci, contestualizzare i punti in ombra e migliorare gli accenni. Tale lavoro lo si rivede nella cura e nei riferimenti presenti in Cetaganda che si rifanno a romanzi scritti anche undici anni prima, ma in grado di ripercuotersi anche in romanzi successivi.
La Bujold quindi crea una nuova parte della sua ambientazione per utilizzarla in seguito, e la racconta ai lettori tramite un intreccio che poco ha a che fare con il resto del ciclo, ma che entra di prepotenza nella conoscenza collettiva dei fan, i quali finalmente riescono a toccare con mano ciò che prima non era stato mai detto. Allo stesso tempo, però, non si va a inficiare la lettura per un estraneo al ciclo, che quindi non comprenderebbe il contesto nella sua interezza.

E con questo concludiamo la nostra panoramica sulle ambientazioni. Spero che questi spunti vi siano stati utili per risolvere eventuali problemi e migliorare i vostri mondi fantastici.
A questo punto non mi resta che salutarvi.

Davide Zampatori



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