Magazine Cultura

L’appuntamento (prima parte)

Da Marcofre

Altro brano del mio racconto “Insieme nel buio”. Questo è stato il punto più difficile da scrivere. L’ho riveduto, tagliato e rivisto non so quante volte. Per questo motivo sono costretto a dividerlo in due parti, per non appesantire troppo la lettura.
Buona lettura.

L’appuntamento di Michele con l’onorevole era in via Paleocapa, nella sede della Confartigianato. Al secondo piano, fu lui medesimo ad aprirgli la porta, quindi strette di mano, abbracci, per poi precederlo e accompagnarlo in un ufficio, in fondo al lungo corridoio. Non c’era nessuno in tutti gli altri uffici.
Entrarono in un ambiente circolare, dal soffitto alto, e alte erano le tre finestre che si aprivano su un cortile interno. Michele scoprì essere un ufficio riservato proprio all’onorevole: una specie di rifugio da usare per sbrigare gli affari in maniera discreta e molto tranquilla, nei brevi soggiorni cittadini che gli capitava di organizzare.
“Ti vedo in ottima forma. Io come vedi, ho messo su qualche chilo”. Si batté la pancia, sedette dietro una larga scrivania.
“In realtà, devo tenermi in forma per via del colesterolo”. Michele poggiò a terra la borsa, e prese posto su una sedia di plastica. “Sono diventato l’ubbidiente marionetta del mio medico.”
“Scherzi?”
“Macché. Devo mangiare solo verdura, come le capre.”
Marco accavallò le gambe, crollò un poco il capo: “Preferisco tenermi la pancia, che condurre la tua vita. Alla Camera abbiamo uno studio medico, ogni tanto mi faccio fare un controllo generale. Dovrei, secondo loro, passare le giornate a correre, nuotare, mangiare poco e sano.”
Michele incrociò le braccia sul petto: “Come mai hai voluto vedermi?”
“Volevo parlare con te. Se fosse solo per questo però, mentirei.” Spense il cellulare e lo infilò nella tasca interna della giacca. “Ho letto sul quotidiano cosa ti è capitato a proposito della macchina bruciata nel bosco, del Suv.”
Michele aggrottò la fronte: “Come fai ad aver letto quella notizia a proposito del Suv, visto che il giornale non ne parla affatto?”
Marco sorrise: “Intendevo quello di domani.”
“Leggi le notizie di domani?”
“Sono stato nella redazione del giornale, per un’intervista, sai come succede. Occorre mantenere i rapporti col proprio collegio elettorale, e questo è uno dei modi più semplici a disposizione. Ho saputo dell’accaduto, e ne ho approfittato per farmi illustrare la faccenda.” Accavallò le gambe, ruotò un poco la poltrona, e poggiò la mano sinistra sul piano della scrivania scura.
“Per quale motivo?” Domandò Michele con un mezzo sorriso.
Marco si strinse nelle spalle: “Ero preoccupato che fossi coinvolto in qualcosa di brutto. Siamo amici. Anche se abbiamo idee politiche differenti.”
Michele annuì, pensieroso.
“Ho visto che non c’è motivo di stare in pensiero. Hai fatto il tuo dovere di cittadino. Peccato che tu non sia stato in grado di riconoscere i tipi sul Suv. Perché la chiave di tutto sembra essere quella.”
Michele non rispose; strinse le labbra, mosse appena il capo in senso affermativo.
“Perché tu non sei stato in grado di riconoscerli, o di fare un identikit.” Tornò alla carica l’onorevole.
“No.” Disse infine Michele.
“Nonostante i grandi successi ottenuti nella prevenzione e repressione dei reati, abbiamo ancora molto da lavorare. Tutta colpa del lassismo che negli anni l’opposizione ha coltivato con fervore quasi matematico.”
“Quale lassismo.”
“Quello a proposito degli stranieri. Hanno spalancato le porte ed ecco cosa succede. Che la gente viene brutalmente uccisa.
“Parli in questo modo perché conosci qualcosa che non sa ancora nessuno, a proposito di quella vicenda?”
“Non scordare che sono agli Interni.”
“Quindi secondo te si è trattato di una rapina.”
“Senza dubbio.”
“Sai niente a proposito del terreno del vecchio scomparso?” Chiese d’un tratto Michele.
Lo colse di sorpresa: “Scusa, di quale terreno parli?
“La macchina che ho visto bruciare nel bosco appartiene al vecchio scomparso. Costui possedeva un terreno. Si dice che nel terreno di questo vecchio pensionato, ma anche lì attorno, siano sepolte tonnellate di rifiuti tossici.”
“E chi ha messo in giro questa storia?”
“Mia moglie, che lavora come cameraman in una televisione privata, è stata contattata da uno.”
“Da chi?”
“Uno. Cioè un anonimo. Non ne conosce il nome. Le ha messo in tasca un foglietto, nemmeno lei ha chiaro in che modo ci sia riuscito. Con tanto di numero di telefono. E affermava che lui sapeva la fine che aveva fatto il vecchio. E in una telefonata successiva, ha affermato che in quel terreno sono stati sepolti dei rifiuti pericolosi.”
“Rifiuti pericolosi.” Ripeté, pensieroso; incrociò le braccia sul petto. “E lo dice a tua moglie, anziché andare dai Carabinieri?”
“Secondo lui, ci sono dentro anche loro.”
“Addirittura.” Frenò una risata:”Certe persone sanno essere molto convincenti nella loro follia.”
“Non ne sai nulla? Non intendo affermare che tu sia coinvolto in questo ipotetico disastro ambientale. Sono chiacchiere di uno sconosciuto, supposizioni. Desidero capire se Roma, il Governo, o tu, siete a conoscenza delle voci che girano a proposito.”
“Non ne so nulla. Ne sento parlare per la prima volta adesso, per bocca tua.”
“Facciamo un gioco.” Riprese Michele. “Immaginiamo che invece sia accaduto, diciamo dieci anni fa. Che siano stati seppelliti dei rifiuti tossici in quel terreno. Un pazzo o un megalomane non perderebbe tempo a cambiare numeri di telefono. E invece è quello che il tizio ha fatto. Ha lasciato a mia moglie un altro numero di telefono per essere contattato di nuovo. Adesso risulta staccato.”
“Se immagino complotti ovunque, agisco così. E il tipo che ha contattato tua moglie mi pare uno di quei tipi che scorgono servizi segreti dappertutto. Il caratteristico comportamento da paranoico.”
“Se sono pazzo e paranoico sono troppo soggiogato dai miei persecutori immaginari per mantenere la freddezza necessaria a creare un certo tipo di difese.”
“Sei esperto in medicina psichiatrica?” Chiese Marco allungando il collo, le labbra con un timido sorriso.
“No.” Disse Michele; stese le gambe, le tirò a sé, senza fretta. “Ma mia moglie ne parlerà, anzi ne avrà già parlato coi suoi colleghi giornalisti.”
“Se non lo ha fatto subito significa che nemmeno lei era convinta della bontà di quanto affermava questo tizio. E si rivolge ai suoi colleghi giornalisti non perché abbia avuto chissà quali rivelazioni.”
“Qualche rivelazione c’è stata.”


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog