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L’espressione del vuoto, il primo libro di Mauri Di Giulio

Creato il 09 agosto 2011 da Antonino1986

L’espressione del vuoto, il primo libro di Mauri Di GiulioA chi non è mai capitato almeno una volta, in sogno, di varcare una soglia e ritrovarsi all’improvviso proiettati in tutt’altra dimensione? Un luogo diverso, un tempo diverso, oppure le due cose insieme, ma comunque lontanissime dal punto di partenza? Ebbene, inizia proprio così «L’espressione del vuoto», romanzo d’esordio di Mauri Di Giulio.

 

L’espressione del vuoto, il primo libro di Mauri Di Giulio

Il protagonista, un certo Franzo Gibuti che si guadagna da vivere progettando software per apparecchiature di realtà virtuale, al termine di una giornata faticosa e frustrante, prende l’ascensore nel palazzo in cui lavora, pregustando un fine settimana di riposo e svago. Ma per qualche ragione inspiegabile, quando le porte dell’ascensore si aprono, invece di sbarcare al piano terreno dell’edificio, si ritrova all’interno di un grande albergo, in India.

Da quel momento, il nostro uomo viene suo malgrado risucchiato in una situazione complessa e insidiosa, dove i servizi segreti, una sanguinaria setta religiosa, un bislacco professore americano e un’improbabile suora amante del rock, sono alla ricerca forsennata di un manoscritto antichissimo, trafugato dal Museo di Storia della città.

Così Franzo, nel tentativo di trovare una spiegazione ai paradossi che, con il trascorrere delle ore, sgretolano le sue certezze e mettono in pericolo la sua vita, intraprende un viaggio gravido di incognite lungo il Brahmaputra; da una città grande ma sconosciuta, forse addirittura inesistente, del Bengala fino ai primi contrafforti dell’Himalaya, si lancia all’inseguimento dei frammenti sfilacciati di una realtà mutevole e inquietante, sempre in bilico fra ciò che i sensi percepiscono e quello che la ragione indurrebbe a credere.

Sullo sfondo di un’India immaginifica, in certi tratti un po’ stereotipata, capitolo dopo capitolo, l’autore solleva il velo su un’ipotesi che sconfina in una sorta di fantascienza plausibile.

Nel solco dei romanzi classici d’avventura, con qualche ammiccamento al Michael Crichton di Congo e Timeline, il racconto è costruito secondo regole e meccanismi collaudati, risultando quindi godibile e avvincente; lo stile è scorrevole e adeguato al genere; il finale a sorpresa innesca un immaginario loop narrativo.

Nel complesso L’espressione del vuoto si presenta come una solida prova di narrativa avventurosa, quasi un tributo a Emilio Salgari, insuperato maestro di questo genere, di cui ricorre proprio quest’anno il centenario dalla morte.


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