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L’età barbarica – di Denys Arcand

Da Chiagia

L’età barbarica – di Denys ArcandTerzo capitolo della trilogia sullo sfacelo del mondo in cui viviamo, dopo l’ormai cult “Il declino dell’impero americano” e il premiatissimo – e bellissimo – “Le invasioni barbariche”.
Quanto quei film erano drammaticamente aderenti alla realtà, quanto questo, per descrivere un’umanità ormai votata alla disgregazione e all’autodistruzione, sceglie la strada del grottesco e del surreale.
Jean-Marc Leblanc (interpretato da uno straordinario Marc Labrèche) è l’uomo senza qualità dei nostri tempi: impiegato del governo del Quebec, si occupa di casi “ancora più sfigati” di lui, persone disperate che chiedono aiuto a un servizio pubblico che ha definitivamente alzato bandiera bianca e proclamato la sua inutilità.
A casa lo aspetta una moglie in carriera, spietata agente immobiliare che spiega ai suoi clienti come il suicidio della loro compagna sia un disastro perchè svaluta la casa.
E due figlie che evidentemente ne ignorano l’esistenza, sprofondate come sono nel loro mondo di videogames e ipod.
Il Quebec, ancora sognante Arcadia nel “Declino” e poi sottoposto alle bordate dei nuovi barbari della finanza nelle “Invasioni”, sembra arrendersi di fronte a sfide che sono più grandi della sua portata: un inquinamento devastante, leggi paradossali che tutelano alcuni diritti e ne massacrano altri, il razzismo, l’odio.
L’unica strada che ha Jean-Marc per fuggire da questa realtà è rifugiarsi nei suoi sogni ad occhi aperti, dove è un vincente, fa l’amore con donne bellissime e realizza i suoi desideri frustrati di scrittore e attore.
Quando anche i sogni non basteranno dovrà decidersi a svoltare.
“L’età barbarica” (l’era dell’ignoranza nel titolo originale, che meglio ricorda il medioevo che rappresenta) è un film di raffinatissima e caustica satira sociale, che non risparmia niente e nessuno.
La dimensione onirica e in generale il ricorso alla metafora (come nella parte sui figuranti che rivivono il Medioevo) a tratti risulta stucchevole, ma non danneggia più di tanto un film dai contenuti essenziali.



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