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L’Eurovision Song Contest (versione propaganda elettorale) umilia Sanremo. E dopo l’immenso Father Ted…. go Conchita go!

Creato il 11 maggio 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
conchdi Rina Brundu. Che non lo avevo mai visto anche se qui in Irlanda è una vita che ti fanno le balle così con l’Eurovision Song Contest e Arthur Mathews e Graham Linehan gli hanno pure dedicato un episodio che è una gemma assoluta del loro incommensurabile Father Ted (1995-1998), Che dopo essermi sorbita la lagna sanremese ritenevo di avere “già dato”con le canzonette televisive e il fatto che la Rai mandasse in onda il programma in prima serata mi puzzava di propaganda elettorale, sebbene in barba al suo ispirato motto “per informare non per influenzare”!

Che sapevo che quest’anno c’eravamo pure noi in finale e non avevo alcuna intenzione di testimoniare la nostra ennesima figura di m…. Non ne ho imbroccata una, o quasi. Cioè noi la figura di m…. l’abbiamo fatta puntuale con la bandiera nazionale ridotta a obsoleta insalata di basilico, mozzarella e cetr… pardon, pomodori (mancava soltanto il quadrilatero dell’orrore provinciale pizza, pasta, mandolino, spiro-tanto-sentimento); la nostra rappresentante in versione Britney Spears e un collegamento da Roma mogio-mogio, quel tanto che basta. Che pena!, come ha scritto un fan spagnolo sulla sua bacheca twitter; “the fall of the Roman Empire before your very eyes” ha tweettato invece uno spettatore inglese durante l’incomprensibile esibizione della solitamente capace Emma…

Poi l’ho vista (la finale, intendo) e, debbo ammetterlo, l’Eurovision Song Contest è uno spettacolo degno di questo nome, moderno (su Twitter è stato un vero e proprio evento globale), frizzante, brioso, senza pretese, lontano miliardi di anni nuce dalla macchietta formale e formalizzante del festival sanremese: ci si diverte dall’inizio alla fine e lo spirito degaulliano di “Giochi senza frontiere” è pure tutto presente sebbene applicato al campo musicale. Quel palcoscenico è terra di estrema libertà artistica, mentre le nostre figurette di cacca in fondo in fondo si perdono come una scoreggia al vento davanti alle forti dinamiche nazionalistiche che pure impregnano la manifestazione. Lo sa bene la conduttrice francese che – unica tra i colleghi delle altre nazioni – al momento di comunicare i voti della giuria transalpina ha fatto punto di parlare solo nella lingua madre: la grandeur de la France prima di tutto e il messaggio doveva passare chiaro; considerati i due voti che i suoi connazionali hanno ottenuto alla fine dello spettacolo, conquistandosi fin da subito l’ultimo posto in classifica, il messaggio deve essere comunque arrivato “loud and clear”. Qualcosa ci sarebbe da dire anche sulla catena di “solidarietà” musicale che gli ex paesi dell’impero sovietico hanno costruito intorno a Santa Madre Russia regalandole voti come fossero noccioline: fortuna che a riportare la palla al centro ci ha pensato il pubblico danese che ha fischiato la squadra di Putin dall’inizio alla fine senza ossequi di sorta.

E fortuna che c’era Conchita Wurtz (al secolo Tom Neuwirth), la drag-queen austriaca che è stata la vera stella della serata: regina senza se e senza ma… Una presenza rabelaisiana, delicata e sublime che ha saputo incantare un continente intero in una notte di luci to-remember…. Nelle ispirate parole di De Gaulle (o forse era Linus): go Conchita go!!

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Featured image Conchita Wurtz, vincitrice dell’Eurovision Song Contest. Altre immagini: alcuni tweet sull’esibizione di Emma.


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