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L’ingannevole piacere di essere sempre compresi

Da Stampalternativa

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Ricordo un episodio molto significativo a proposito del nascondere e dell’occultare. Ero a pranzo con persone di tutt’Europa che usavano come lingua veicolare un inglese un po’ abborracciato, una sorta di lingua franca condita alle volte con parole della lingua madre di ciascun commensale. La conversazione tesseva le lodi dell’inglese come moderna modalità di poter comunicare con il mondo intero. Tutti erano convinti e soddisfatti di questa asserzione, quando una giovane e bella spagnola con tipico humor andaluso esclamò: Il male sta nel fatto che poi ti capiscono tutti! Al di là della battuta, la considerazione rivendicava un naturale e sentito desiderio di privacy, una necessità di intimità che ogni individuo vuole e deve avere. Orbene, la riservatezza è un’esigenza personale, ma anche generalizzata e, nel corso della storia, il nascondere è diventato addirittura un’arte, arrivando all’invenzione di numerosi modi per proteggere quel qualcosa che non si vuole divulgare.
Nel mio libro I segni dell’inganno. Semiotica della crittografia prendo in esame alcune di queste modalità (adoperate nell’ambito diplomatico, bellico, spionistico, ecc.), che vengono chiamate “giochi” nel senso adoperato da Wittgenstein, e si racconta come taluni di questi giochi, che si perdono nella notte dei tempi (i sistemi di Geremia, di Erodoto, di Cesare) ne generano altri che arrivano, mutato quanto è necessario, ai nostri giorni. Il testo, ovviamente, si dedica alla crittografia ovvero a quella strategia che serve a dislocare le lettere di uno scritto, secondo regole stabilite, in modo che solo il ricevente o i riceventi legittimi possano ricostruirlo. Certamente altri, che vorrebbero essere messi a parte del segreto, cercheranno di risalire al testo chiaro con strategie di vario tipo, e nel tempo, l’altalena del celare e dello svelare il significato di un messaggio, ha continuato e continua inalterata con i mezzi che la tecnologia man mano fornisce a una società.
L’intento che ci si è proposti è stato quello di restituire all’argomento un alveo che gli è congeniale e dal quale è stato estromesso, ovvero quella valenza semiotica e filosofica che gli è propria. Si voleva non lasciare staccato il “gioco” crittografico dal suo luogo di riferimento che è linguistico ed epistemologico. Per questo motivo il volume si distingue dagli altri numerosi che parlano di crittografie. Corredato da una lunga sezione sui romanzi d’epoca romantica (da Poe a Conan Doyle a Dumas) che hanno al centro del loro intreccio narrativo messaggi segreti di grande creatività, il volume non tralascia ambiti inusitati, mai percorsi altrove. Messaggi segreti scritti in geroglifico egizio, metodi per occultare disegni meccanici adoperati da Leonardo da Vinci, modalità di ingannare la percezione di uno stimolo (oggetti che si hanno sotto il naso e non si vedono), fino alla simbolicità anagrammatica degli ipogrammi saussuriani, una ricerca lasciata aperta che continua per molti studiosi ad esercitare il suo fascino chiedendo di essere continuata.
Caterina Marrone


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