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“L’invenzione della madre” di Marco Peano: partorire chi ci ha partoriti

Creato il 09 febbraio 2016 da Alessiamocci

“L’invenzione della madre” è un romanzo di Marco Peano edito da Minimum Fax nel 2015.

L’invenzione della madre.

Analizziamo il titolo: la parola “madre” può assumere ruolo passivo o attivo, indicare, cioè, colei che inventa o colei che è inventata.

Questa duplicità trova perfetta corrispondenza nel percorso psicologico che è ben esaminato nel romanzo in cui un figlio, creatura generata dal ventre, diventa creatore di memoria, consegnando una rinascita eterna a chi gli ha dato natura contingente.

La storia narrata si può condensare in poche parole, quante quelle di un necrologio.

Una madre, dopo aver superato ben due tumori, si ammala nuovamente e, stavolta, è destinata a morire, spegnendosi progressivamente e terribilmente, entro un lasso di dieci o dodici mesi.

Un figlio si vede costretto a compiere un iter a ritroso, che lo condurrà fino alla stato fetale, sdraiandosi nudo a dormire accanto alla donna che lo ha partorito, e, in un binario parallelo, un processo di acquisizione della propria identità di uomo adulto, futuro marito e, soprattutto, futuro padre.

C’è, dunque, una metastasi, ossia etimologicamente un cambiamento, che coinvolge i due protagonisti principali.

«Svegliandosi accanto alla madre viva, Matteo decise di spogliarsi nudo.[…]

Le parlò, quel ragazzo di ventisei anni parlò a quella donna morente di cinquantaquattro anni ormai incapace di rispondere; davanti a quegli occhi strettamene chiusi disse: Questa è l’ultima volta che mi vedi così com’ero quando sono nato.

Poi si avvicinò, e dopo aver sollevato una di quelle mani incoscienti se la portò sulla pancia, all’altezza dell’ombelico. Non avrebbe mai smesso di restituirle ciò che aveva ricevuto».

Della madre non viene mai scritto il nome, anche se ad esso spesso si allude.

Viene, a seconda delle circostanze, identificata per sineddoche come madre-braccio, madre-occhio, madre-letto, madre-bara: è una lettera emme palindromo, ossia uguale se letta in ambo i versi, dove Madre e Morte si compenetrano e si fondono.

Lo stile è immediato, scarno. Il tempo è poco.

Lo scrittore, Marco Peano, si sofferma sui particolari più crudi, ricordando la cosiddetta “miseria creaturale” delle rappresentazioni artistiche di Adamo ed Eva, nudi dopo il peccato, o di Cristo martoriato sulla croce, in cui si l’artista insiste sul decadere del corpo.

Sangue, urina, liquidi di putrefazione. Nulla è celato.

Tuttavia, ad essere ancora più invasive sono le frasi fra parentesi tonde, che costellano tutto il libro, con un piglio a volte didascalico, a volte cinico, a volte sfrontato.

Ho cercato un volto dietro quelle parentesi: forse la Morte che aveva già palesato se stessa nella “Storia di una ladra di libri”?

No, è la voce della Vita che non tradisce e che, oltre ad essere Madre, è mamma.

Written by Emma Fenu


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