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L’utopia tra verità e realtà

Creato il 28 dicembre 2013 da Dialogosiuris

Italo Mancini ha scritto che «l’utopia è una forma che emerge quando fa difetto la verità» (I. Mancini, Teologia ideologia utopia, Queriniana, Brescia, 1974, 467); ed è questo in sintesi il concetto di utopia che risalta dallo sviluppo di un pensiero ideologico che impone valori sostitutivi alla verità, nel suo duplice riferimento oggettivo alla realtà e soggettivo alla persona, cercando di andare oltre il tempo non per aprirsi a un progrediente panorama di bene, ma quale fuga irrazionale verso un futuro in contrapposizione all’esistente e al reale. È per tale ragione che lo spazio dell’utopia non nega il reale, ma lo trascende continuamente, quale forma di trascendenza nell’immanenza, offrendo un continuo e significativo superamento della temporalità all’interno della temporalità stessa.

Il problema fondamentale che si presenta a chi vuole argomentare la possibilità razionale di una interpretazione del reale, attraverso il linguaggio dell’utopia concreta e veritativamente orientata, è senza dubbio quello dell’efficacia, che come scrive Italo Mancini, «significa l’indagine sul nesso che l’utopia tiene con la realtà» (Ivi, 468). Quando l’utopia si fa non realistica, essa abbandona il suo legame con la realtà dinamica, aperta, prospettica, pluridimensionale e insieme con la verità nella molteplicità delle sue diverse e plurali interpretazioni che esprimono la persona e la conoscenza umana, contribuendo a plasmare il reale in tutto il suo orizzonte di significato. L’utopia che rinuncia a questa duplice tensione corre verso un non luogo storico senza forma e cioè dove la verità non si dà e non può essere interpretata, perché tale utopia afferma il proprio essere nell’esprimere un pensiero che riflette ideologicamente unicamente se stesso e il proprio tempo, immobile, modello per un avvenire che è istantanea scattata una volta per tutte. È questa l’utopia negativa che ha rotto il legame con il pensiero razionale rinunciando a offrire il proprio contributo veritativo. Le conseguenze di un simile modello sono drastiche e impongono la scelta tra una duplice possibilità: da una parte, quella della persona di ridursi a mero prodotto storico o farsi prospettiva vivente sulla verità; dall’altra, quella del pensiero, se essere una semplice espressione del tempo o una rivelazione personale, libera e originale del vero.

Il logos afferma le istanze di bene in esso inscritte attraverso la verità che si offre nella molteplicità delle sue interpretazioni personali. La persona che attua un duplice percorso relazionale, trascendente verso e dalla verità, immanente da sé verso e tra gli altri, afferma un modello ermeneutico-relazionale che la pone continuamente in dialogo libero tra la situazione storica e le esigenze di verità che in essa albergano. L’utopia che guarda al logos è un’utopia concreta che non prescinde dal nesso dialogico tra la persona e la verità. Solo attraverso la persona questo nesso si da forma e si argomenta nella sua essenziale verità, attraverso un percorso fenomenologico che dall’evento originario fondatore della forma porta alla percezione e alla comprensione dell’evento in quanto tale.

L’utopia concreta, dunque, si pone in antitesi a un qualunque ordine finalistico di tipo storicistico che nell’ideologia non interpreta, ma ripete sempre se stesso. Sono evocative le parole del filosofo Luigi Pareyson quando afferma che «il pensiero può essere veramente alla seconda potenza solo se è pieno, profondo, radicale: solo se è pensiero della verità; solo così esso può illuminare l’esperienza dotandola d’una vera e propria coscienza critica, e risiedere nei singoli ambiti non al punto di restarne prigioniero o di asservirsi come mero strumento, ma operandovi come guida e controllo, correzione e verifica, norma e direzione; solo così esso può riscattare a universalità la puntualità delle soluzioni tecniche, e presentarsi non tanto come una riflessione specialistica o un discorso meramente particolare, quanto piuttosto come la filosofia intera concentrata su un punto» (L. Pareyson, Verità e interpretazione, Mursia, Milano, 1971, 205). L’utopia è se stessa entro lo spazio compiuto del reale, ma sempre come possibilità e come relazione agli altri.

A. Iaccarino, Legittimazione degli ordinamenti giuridici tra mito e utopia, in G.L. Falchi – A. Iaccarino, Legittimazione e limiti degli ordinamenti giuridici, 2012.



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