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La Bibbia firmata Chagall: “Il mantello di Noè”

Da Leragazze

La Bibbia firmata Chagall: “Il mantello di Noè”

Con l’acquaforte n. 5 arriviamo alla quarta e ultima sorprendente metamorfosi del personaggio Noè.

L’episodio è quello dell’ubriachezza del Patriarca, o meglio “Il mantello di Noè” come titola con delicatezza Chagall. Anche questa scena si trovava già dipinta sulla volta della Cappella Sistina; anche in questo caso il pittore franco-russo si è discostato non poco da Michelangelo; e anche in questo caso il testo biblico attraversa un intrigante processo interpretativo.

Come sempre, il livello visivo base è lineare, direttamente ispirato al racconto della Genesi: dopo il Diluvio, Noè piantò una vigna, produsse il vino novello, e si ubriacò. Allora Cam “scoprì la nudità di suo padre” – espressione che in ebraico antico significa anche “abusò sessualmente di lui”. Sem e Jafet (*) intervennero e pietosamente ricoprirono Noè. Questa fu l’origine dell’infamia di Cam.

Ma Cam qui non compare per nulla, perché Chagall non getta infamia su nessuno. Quanto a Noè… già, Noè. Lo abbiamo visto come padre di famiglia nell’illustrazione n. 2, rabbi o chassid nella n. 3, starez ortodosso russo nella 4. E qui, eccolo nudo, ubriaco fradicio, con un fisico giovanile e ben torciuto, con lunghi riccioli e lunga barba scura (non più bianca), adagiato non in casa ma nei pressi di una pianta di vite.

Giovane, prestante, riccioluto, nudo, ubriaco, presso una vite. Nella storia delle religioni e dell’arte, questo personaggio ha un nome ben preciso: il dio Bacco.

Non basta ancora. Dal punto di vista iconografico, qui si ha un giovane barbuto disteso nudo a terra, mentre qualcuno lo copre pietosamente con un telo bianco; sullo sfondo, una collina. Con un’“acrobazia impossibile”, degna dei personaggi dei quadri di Chagall, il Bacco intossicato si trasforma nel Cristo deposto dalla croce, avvolto in un telo.

Non meraviglia perciò che gli ambienti ebraici più intransigenti ritenessero scandalosa l’arte di Chagall. Eppure, il messaggio che sembra trasmettere è denso, arguto e poli-semantico come gli insegnamenti rabbinici. Noè è il nuovo Adamo, il capostipite di un’umanità che ricomincia, dell’umanità definitiva (Genesi 9,11). Nella sua figura proteiforme si riassumono già tutte le aspirazioni e i drammi, gli ideali e le incoerenze della Storia. Qui Noè appare allo stesso tempo come il simbolo del desiderio colpevole che abbrutisce, e la vittima innocente della violenza del potere (cfr. ad esempio il crocifisso inserito in un secondo momento nella “Caduta dell’angelo” di Chagall, 1923-1947).

Su queste premesse, dall’illustrazione n. 6 avrà inizio la vicenda salvifica di Abramo.

(*) Qui però il soccorritore è uno solo. Lo si direbbe un autoritratto dell’artista.

dhr



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