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La casta del kebab

Da Lundici @lundici_it

Il kebab piace…. Piace così tanto che molti ci prendono gusto ad impacchettarlo con ordinanze ad hoc. Dopo averci già provato nel luglio del 2011, il Comune di Bergamo ripropone la cosiddetta ordinanza anti-kebab, motivandola con il desiderio di preservare le caratteristiche storiche e tradizionali nella suggestiva città alta.La casta del kebabNon è certo una novità, molti Comuni si sono fatte ingolosire da queste norme, soprattutto nel centro nord: la Regione Lombardia (2009), Albenga nel 2010, Firenze Prato e Padova nel 2011, solo per citarne alcuni.

Questo episodio mi ha riportato alla mente altre iniziative simili spuntate in svariate città, che, sventolando la bandiera della sicurezza, del decoro o del preservare i tratti caratteristici dei centri storici, di fatto andavano spesso (ma non solo) a colpire gli appartenenti alla casta degli ultimi: lavavetri, mendicanti, immigrati, ambulanti.
La prima che ricordo risale al 2006, quando in Lombardia una legge regionale prendeva di mira le attività di phone center (la n. 6/2006) ma venne prima censurata dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (segnalazione del 6/08/2007) e successivamente dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale (pronuncia n. 350/2008).
Nel 2009 la Regione Lombardia torna alla carica: colpirà i fastfood adducendo “motivi di sicurezza“. Sotto accusa principalmente i “kebabbari“, ma anche gelaterie, pizzerie d’asporto, panifici vietando di consumare cibi sui marciapiedi fuori dai locali, pena una sanzione fino a 3 mila euro.
Nello stesso anno a Roma Alemanno pensa di risolvere i problemi del traffico bandendo i lavavetri dai semafori. In effetti anche io mi infurio quando mi si tuffano sul parabrezza nonostante io abbia  declinato gentilmente la loro offerta, ma solo perché mi sento prevaricata, non certo perché mi dia fastidio la loro presenza agli incroci o per il servizio non certo impeccabile.

La casta del kebab
Per non parlare dello scandalo suscitato dalle discussioni sui veli, chador e burqa, che non trova mai un punto d’accordo tra chi ritiene che chi vive in Italia debba adeguarsi ai costumi locali, e chi invece difende la libertà di usanze che non arreca danno a nessuno.
Non dimentichiamoci neppure dei Rom e dei loro campi che vengono periodicamente rasi al suolo dalle ruspe che distruggono insieme a quattro pareti raffazzonate, anche l’intimità e il calore del proprio focolare anche a persone nate e cresciute in Italia da qualche generazione e che hanno la sola ‘sfiga’ di esser nate da una famiglia Rom.

Ci sono poi le ordinanze buffe, tipo quella di Cerro al Volturno (Isernia) dove il Sindaco vieta ai cani di abbaiare negli orari di riposo (13-16 e 21-8,30,) o in una frazione di Licata, dove è proibito posizionare i calcetti all’aperto poiché i giuocatori schiamazzano troppo, ricordo anche di aver letto un paio di volte divieti di passare a miglior vita dovuti a mancanza di posti liberi nei cimiteri.
A Parma quest’estate vigeva la proibizione di consumare alcolici dalle 21 alle 7 del mattino, costringendo così i giovani a disertare il centro per potersi bere una rinfrescante birretta in santa pace.

All’inizio dell’autunno il nostro simpatico Alemanno ne combina un’altra delle sue vietando il consumo di panini per strada, ma solo fino al 31/12, perché si sa, a primavera è d’obbligo fare il pic-nic, mentre in inverno è davvero indecoroso… In base a questa ordinanza, fino al 31 dicembre 2012 nelle aree “di particolare pregio storico, artistico, architettonico e culturale ricomprese nel perimetro della Città Storica di Roma è fatto divieto di bivaccare, sistemare giacigli e sostare per consumare cibi o bevande. In caso di violazione dell’ordinanza è prevista una sanzione da un minimo di 25 a un massimo di 500 euro. Insomma, pranzare in modo economico è proibito, rimane molto più sicuro spendere 10 euro in un bar che rischiare di pagarne 25 portandosi il pranzo da casa godendosi il tiepido sole invernale.
Ma per fortuna qualcuno la butta anche sul ridere, come I “Los Massadores”, gruppo veneto che canta in dialetto e che un paio di anni fa a Padova alla sagra di santa Maria di Cittadella, a casa del sindaco-onorevole anti kebab, si sono presentati sul palco vestiti da kebabari (e mangiando kebab) e hanno cantato una delle loro dissacranti parodie, molto venete, tra l’euforia del pubblico presente. Su youtube il video (peraltro non dei migliori) è super cliccato.

Insomma, a destra o a manca, c’è questa brutta abitudine a cercare di nascondere la polvere sotto il tappeto, prendendo provvedimenti demagogici e lesivi dell’altrui libertà nascondendosi dietro al diritto, cambiando norme che possono procurare non pochi problemi a chi magari già si è fatto un culo così per cercare di mettere in piedi un’attività dignitosa e legale, o che semplicemente si ritrova a dover stravolgere le proprie tradizioni perché a qualcuno gli è volata la mosca al naso, o ha deciso di far emergere la propria indole discriminatoria nei confronti di alcune fasce deboli e più facilmente colpibili.
Sarebbe molto più apprezzabile smettere di perseguitare intere categorie di persone solo per il fatto d’essere diverse, e incentrare gli sforzi sul far emergere il lavoro nero, l’evasione fiscale, i traffici illeciti, le estorsioni: in poche parole occuparsi dei reati invece che rendere la burocrazia sempre più complessa da espletare.

 


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