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La crisi economica continua a spaventare gli italiani. Quasi un italiano su due teme per il proprio tenore di vita

Creato il 13 marzo 2015 da Stivalepensante @StivalePensante

Soli, spaventati e depressi: sono gli italiani al tempo della crisi. E’ una indagine effettuata da Tecnè, anticipata dall’Adnkronos, a fornire l’autoscatto di uno scoraggiamento nazionale, di un avvilimento generale che riguarda quasi 1 italiano maggiorenne su 3 e certificato da 10mila interviste effettuate tra il 20 ottobre 2014 e il 2 marzo scorso: quasi il 30% si dichiara depresso, molto spesso o spesso.

(fanpage.it)

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La crisi economica continua a spaventare gli italiani. Una malinconia, non esattamente freudiana, che attanaglia i giovani ma sopratutto gli anziani, i benestanti ma soprattutto i poveri, scandita dai ritmi delle ristrutturazioni aziendali, della cassa integrazione e della disoccupazione che da anni non lasciano tregua al Paese. Non ancora una malattia cronica, ma un malessere strisciante e preoccupante sì: quasi il 50% degli italiani dichiara infatti di provare una sensazione di paura, quella di non farcela a mantenere lo stesso tenore di vita, di non riuscire a sollevarsi dal disagio in cui vive, ben lontano dunque da quell’ottimismo dei numeri che parlano di un futuro in ripresa, ormai dietro l’angolo.

I dati sul rapporto tra crisi economica e disillusione degli italiani. Anche se il bicchiere mezzo pieno imporrebbe di guardare a quel 71% che non lo è, i “veramente soddisfatti”, dicono ancora i dati, non superano il 10%. Ma il punto di caduta sta in quella sensazione di estraneità, generale, dalla vita e dagli affetti, che l’accompagna: il 79% di quel 31% depresso, infatti, afferma anche di essere insoddisfatto dei rapporti familiari, mentre il 77% convive con una sensazione di paura. E se il 65% si sente solo, il 52% vive in maniera insoddisfacente le relazioni di amicizia. Un avvilimento che travolge, si legge ancora nell’indagine, soprattutto le persone tra i 40 ed i 59 anni (il 33%) e in misura maggiore le donne. Ma la vera discriminante è la condizione socioeconomica: tra chi vive nel disagio l’incidenza della depressione è 5 volte superiore alla classe dei benestanti; il 55% dei poveri o il 43% dei quasi poveri contro il 10% dei ‘ricchi’ e in mezzo il ceto medio con il 22% di ‘molto’ o ‘abbastanza’ depressi.

Una fotografia, questa, che si fa più nitida se la classifica la si stila in base alla mobilità sociale, in salita o in discesa: tra chi, nell’ultimo anno ha peggiorato la propria condizione socio economica, dice ancora Tecnè, l’incidenza del malessere sale all’84% ma anche tra chi invece l’ha migliorata non sparisce del tutto, resta e si ferma al 9%. (ADNKRONOS)


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