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La filosofia e la fine del mondo

Creato il 15 dicembre 2012 da Tnepd

La filosofia e la fine del mondo

La fine del mondo è stata annunciata centinaia di volte: nel 1000, nel 2000 e ora il 21 dicembre 2012. Anche se non si è mai verificato nulla al momento predetto, molte persone continuano a crederci.

La filosofia e la fine del mondoMa perché molti credono alla fine del mondo?  

Si potrebbe dare la colpa ai media: l’Apocalisse rappresenta un’ottima opportunità per riempire le scalette di programmazione o ancora le colonne dei giornali con articoli sul tema. Sarebbe sbagliato pensare a questo! Se c’è un’offerta, vi è anche una domanda, per non parlare di un’attualità reale. A questo proposito, l’Apocalisse è un fenomeno di società, proprio come ogni altra notizia.   

Tutti uguali davanti alla morte

Per il filosofo Michael Foessel “L’Apocalisse è il prototipo di notizia”. “Ognuno è interessato a questo tema, questo è un fenomeno che crea l’uguaglianza poiché, per definizione, non si può sfuggire”. In sintesi, “con la fine del mondo, tutti sono uguali nella morte”. 

Il declino della civiltà occidentale

Inoltre, per il filosofo Foessel si parla dell’Apocalisse non tanto traducendo la paura della fine del mondo nella sua integralità, ma della fine del “nostro mondo”. Di fronte alla crisi e all’ascesa dei paesi emergenti (Cina, Brasile, India), l’Apocalisse non è altro che un discorso di declino. “Il futuro è visto in modo spaventoso, terrificante; esso sarà per forza di cose meno soddisfacente del presente, il catastrofismo ha trionfato sul progressismo”. A questo proposito, il pessimismo degli italiani potrebbe fornire un terreno fertile per la mania apocalittica. Nel settembre dello scorso anno proprio il 68% di italiani affermavano di essere pessimisti sul loro futuro. In Sud America, dove la crisi non ha avuto alcun impatto, la fine del mondo non sta avendo tutta questa rilevanza come in Occidente.

L’emergerza delle sette apocalittiche

Espressione di una società senza ideologia, l’Apocalisse è anche fenomeno new age che ha visto l’emergere di sette. Dietro la retorica della fine del mondo, ci sono persone che ci credono davvero, e altre che vogliono farvi crederci. “L’Apocalisse è quasi un argomento per guru del marketing“, dice il sociologo Sauvrayre Romy. Alcuni ci credono davvero. Questi sono chiamati “survivalists”.   Il filosofo ha raccolto i pareri di 48 individui appartenenti a una setta apocalittica. “Non esiste un profilo tipico”, ha detto, “i seguaci dell’Apocalisse non sono né irrazionali né folli, alcuni hanno anche una solida formazione intellettuale”. Si aderisce a questi gruppi perché ognuna vi trova un buon motivo, e alle volte perché ognuno vuole trovarvi un buon motivo per crederci. 

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