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La Giudice: Errore Grammaticale o Sociale?

Creato il 25 ottobre 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
La Giudice: Errore Grammaticale o Sociale?

Di solito quando comincio a parlare di un libro mi piace lasciare che sia lui a presentarsi anche solo con una frase, come fosse un buon vino che si fa assaggiare prima di servirlo. In quella citazione offro al lettore il sorso per decidere se proseguire a bere o cambiare bottiglia. In questo caso “l’assaggio” che voglio offrire è solo un nome: Paola Di Nicola, un nome che troverete in calce ad una sentenza o ricamato all’interno di una toga. Paola Di Nicola è giudice, madre, giurista e donna. La giudice – Una donna in magistratura (edito da Ghena) è il suo libro di esordio ma è anche, e prima di tutto, una storia, fatta di quotidiane discriminazioni invisibili agli occhi di coloro che non sentono sulla loro pelle la fatica delle conquiste e le lotte per conseguirle. O tempora, o mores! La loro evoluzione ha portato a cambiamenti radicali per cui i pregiudizi e le discriminazioni sessiste sono state forzatamente cancellate dai codici e dalla nostra cultura, eppure sopravvivono nelle consuetudini, mascherate da modi gentili e forme linguistiche discutibili. Questa è la storia di una donna magistrato costretta, in quanto tale, sotto un «tetto di cristallo», che la inchioda al primo piano di un tribunale lasciando i piani alti agli uomini. L’autrice affronta, con sensibilità verso l’uomo, inteso non come genere ma nell’accezione di essere umano, il tema di una «inadeguatezza indotta» tutta femminile, che riaffiora nel momento in cui si ricopre un ruolo che nell’immaginario e nel vocabolario è appannaggio dell’universo maschile. Così si spiega l’orgoglio di una pettina ricamata e dell’articolo “la” di fronte alla parola giudice; cacofonico forse, grammaticalmente scorretto, certo, ma socialmente rappresentativo di un disagio e di una condizione che nega la donna. Non è subito evidente, non si tratta di uno sbarramento legale ma più che altro sociale, e si mostra in un confuso malessere interiore mentre si percorrono i corridoi di un istituto penitenziario indossando tacchi e camicia a fiori, piuttosto che doppiopetto.

una immagine di Paola Di Nicola 1 620x928 su La Giudice: Errore Grammaticale o Sociale?

Il saggio prende vita attraverso i tempi del processo; un percorso lungo, tramite cui si sviluppano e trovano fine (?) non solo i fatti per i quali si “dà luogo a procedere” ma anche quelli che portano alla riscoperta della propria identità, dentro una toga spesso troppo grande, e a riflettere su se stessi, sul compito che si è chiamati ad assolvere e sul ruolo che questo compito si ritaglia, scava nella vita quotidiana. Assolvere o condannare, abbattere o lasciarsi abbattere, una scelta senza vie di fuga che ogni giorno “la” giudice deve affrontare nel suo lavoro e nel suo “essere donna”, spesso in bilico tra un femminismo estremo e irrazionale e la difesa dei propri diritti. E se il tribunale è palcoscenico, la toga, simbolo di una cultura e di un’istituzione allo stesso tempo, è costume di scena. Nera, senza forma né misure, avvolge e copre, proteggendo chi vi sta sotto come un’armatura nel campo di battaglia delle aule del tribunale, insensibile alle differenze di forme e colore che cela sotto troppa stoffa. È appunto l’involucro dentro il quale vengono confezionati uomini e donne ogni giorno, affinché nell’assolvere il loro compito possano svestire i panni di comuni cittadini e riporre su una sedia insieme alla giacca anche il loro quotidiano. Ma se da un lato protegge dall’altro annulla, divenendo il simbolo più estremo di una parità dei sessi costruita sulla più ipocrita delle pretese: quella che ci vuole uguali. Questa ipocrisia travestita da pari opportunità sta proprio nel ricercare l’uguaglianza lì dove per natura non può essere trovata, che annulla la sessualità individuale per poter riconoscere pari diritti, incapace di vedere nella diversità un arricchimento più che un limite.

una immagine di Copertina de La giudice Ghena 2012 su La Giudice: Errore Grammaticale o Sociale?


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