Magazine Diario personale

La gratitidine dei numeri primi

Da Maricappi

LA GRATITIDINE DEI NUMERI PRIMI

 “….La persona più saggia è quella che sa di non sapere….”(Socrate).

Dinanzi a coloro che si atteggiano a “professor d’ogni cosa” bisognerebbe rinnovare questo dotto pensiero e chissà che tacendo diventino più saggi.Quanti e quante “professor d’ogni cosa” conosciamo nella nostra vita:
il marito, la moglie direbbero i mariti, la suocera, il suocero, per par condicio, il cognato, l’amante del marito, l’amico di famiglia avariato, la fidanzata del figlio, il capo, il tuo collega di lavoro, la tua collega divina, il diretto vicino del portone accanto al tuo pianerottolo che alla riunione condominiale vorresti fulminare con un raggio laser, la mamma della bambina che va a scuola con la tua che ha la risposta giusta sempre al momento gusto,…..forse anche te stesso/a, me stessa, inconsapevolmente “professor d’ogni cosa”. Facciamoci dunque un esame di coscienza e mettiamo sul piatto vizi e virtù non solo nella nostra vita privata ma anche e soprattutto del nostro essere nel mondo con gli altri.
Socrate era convinto che una volta ottenuto il sapere non solo si diventa sapienti, ma anche buoni. Mah….Uomo d’altri tempi!!Purtroppo, se diamo uno sguardo intorno a noi ci rendiamo conto che l’affermazione di Socrate non è molto veritiera, e di esempi ne abbiamo tanti, ogni giorno. Il che vuol dire che mi sto barcamenando su un terreno difficile….mettere in discussione il sommo FILOSOFO, dove andremo a finire? Cioè, sapere che una determinata cosa o un determinato agire faccia male, non ci esonera dal comportarci male. Se sappiamo che mangiare cioccolato fa male al nostro diabete, a volte questo non ci fa desistere dal mangiarlo; se sono poco educata con le persone, e poco educata è la cosa più educata che io possa dire, se alzo la cornetta del telefono ed inizio ad insultare o a maltrattare il/la collega senza alcun motivo ma solo per il gusto di farlo o perché fondamentalmente oggi mi gira così e mi sono alzata con il piede sbagliato (destro o sinistro non si sa, e se qualcuno sa quale sia il piede storto lo dica adesso o taccia per sempre), sappiamo che non è educato farlo, appunto, ma lo faccio ugualmente perché mi “gira così”.
E’ quella che Aristotele definisce “debolezza della volontà”. Sii volenterosa allora collega scontrosa/o. Te ne preghiamo, e “volenteriamoci” tutti.  Bisogna lavorare sino a centoventi anni. Lavoriamo con il sorriso e la gentilezza. E ricordiamoci che risulta piuttosto difficile essere felici se si causa l’infelicità degli altri.E con questa mini parentesi filosofica mi sono auto-promossa filosofa tra le corsie, nuova corrente della filosofia del “presuntuosalismo”.La società in cui viviamo ci destabilizza, questa crisi che in quanto crisi dovrebbe essere passeggera, invece pare dilatata, pare essersi consolidata a crisi stabile, non se ne vede la fine, ci crea un tale senso d’impotenza che sprigiona di conseguenza un pessimismo generalizzato: tanto non cambia nulla, tassa, sovrattassa, supertassa, è tutto un malaffare, sono tutti uguali, sono dei ladri, chi ruba di qua e chi Ruby di là, di destra o di sinistra sono rimaste solo le frecce sui cartelli stradali, andremo in pensione ad ottant’anni o anche a centoventi, gireremo tra le corsie con i deambulatori, avremo fondi di bottiglia per leggere le sempre più piccole indicazioni sui foglietti illustrativi, apparecchi acustici per sentire i campanelli delle camere, e poi ci butteranno via, sacco rosso o sacco nero non si sa. La pensione non ce la daranno mai e se saltellando tra le corsie ci romperemo un femore, probabilità non del tutto remota data la metusallemme età, che non potremmo operare perché intanto la sanità si è privatizzata e noi pubblici impiegati, ex pensionati, non ce la possiamo permettere più perché da ceto sotto-sotto-medio ci siamo così  impoveriti da diventare ceto sotto la soglia di povertà a causa dei tanti tagli allo stipendio. E’ uno scenario a dir poco apocalittico, ma vi sembra tanto paradossale visti i tempi che corrono?E così mi sono auto-promossa attivista pessimista tra le corsie.Pensiamo dunque che agire non serva, che non possiamo avere nessuna influenza sull’ambiente e possiamo cadere lentamente verso la passività, nemmeno ci sforziamo più d’indignarci, oppure arrivare all’altro capo estremo, criticare tutto e tutti in maniera distruttiva, senza senso, e il rischio è quello di sviluppare gradualmente sindromi ansiose-depressive. La sindrome della “cornetta telefonica scontrosa”, la sindrome “dell’attacco di tutti contro tutti” e la sindrome del “burnout” sono in agguato.Psicologia spicciola? No.E’ l’agire del pensiero negli ingranaggi della mente, comprovato da studi scientifici.La professione infermieristica è una delle professioni più difficili del panorama lavorativo, abbiamo a che fare tutti i giorni con la malattia, conviviamo con dolori profondi, assistiamo alla morte, sentimenti ed emozioni forti, ed anche se ci creiamo quelle barriere che apparentemente ci rendono immuni, questi pensieri carichi di tensione ce li portiamo dentro lo stesso, ovunque andiamo.Dove possiamo trarre quell’energia essenziale per poter affrontare con la giusta serenità il nostro percorso lavorativo? Concedetemi un momento di leggera ilarità:
Tu andrai d’Andrade al verde colle/    Lesta l’estate trascorrerà/    Trarrà tra rari nappi il suon folle/    
D’ilari lari la lira là/    Li ti rimiri nell’onda viva/ 
Li ti ritiri tra l’erbe e i fior/    Lì sull’arborica verzura estiva/    Il carco corica, carico cor!
Chi non trae beneficio nel ricordare e ripetere il verso “d’ilari lari la lira là”. Dopo averla letta non ho potuto scordare i suoi versi e ve l’ho voluta citare. Per destarci dalle grigie e fredde giornate invernali, intanto, consoliamoci con questa fantastica ottava di Arrigo Boito, calda e frizzante come una giornata estiva. Quando il gioco si fa duro, e non mancano le occasioni, andiam saltellando tra le corsie al suon di “d’ilari lari la liri là”, con professionalità però, mi raccomando colleghi, e senza rompere femori e prima che il governo, per la spending rewiev, ci tagli anche le corsie.
La gentilezza, il sorriso, così come la poesia, sono calde giornate estive, alimentano la positività dei sentimenti e ci rendono felici, aperti alla vita, contribuiscono a favorire empatia, creatività e ottimismo. L’ansia, la depressione, i pensieri negativi contrastano con tutto ciò.  Ovviamente non lo sostengo io,  non mi sono auto-promossa anche vice-psicologa tra le corsie, ma lo sostengono studi psicologici che si orientano sul filone della psicologia positiva, una corrente nuova che apre orizzonti diversi dai classici approcci clinici aiutando gli individui a difendersi dallo stress e li guida alla ricerca della felicità. La psicologia positiva non ha l’obiettivo di rendere la felicità un dovere ma permette di sviluppare gli strumenti per stare meglio.Vado avanti nella disquisizione in cui mi sono barcamenata con domande sempre più difficili? E così mi sono auto promossa intervistatrice di me stessa tra le corsie. Cos’è la felicità? Si compra alla Coop o in farmacia? Si ottiene con alchimie o porzioni magiche? Qualcuno di voi sa dove andarla a cercare, dove si nasconde, in quale parte del mondo bisogna arrivare? Come si riconosce? Sono domande che sin dagli albori della civiltà tendono risposta fior fiore di personaggi.
Scriveva Epicuro, nella sua lettera sulla felicità a Meneceo: Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell'animo nostro. Chi sostiene che non è ancora giunto il momento di dedicarsi alla conoscenza di essa, o che ormai è troppo tardi, è come se andasse dicendo che non è ancora il momento di essere felice, o che ormai è passata l'età. Ecco che da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità
La soluzione? Forse “far bene fa sentire bene”, come recita uno dei tanti slogan positivi che costellano il sito di “Action for Happiness” ,  movimento fondato nel 2010 dall’economista Richard Layard, per raccogliere persone che s’impegnano a creare più felicità e meno infelicità nel mondo, essere gentili verso gli altri, trovare in una giornata tre cose di cui essere grati, aiutare un amico nel bisogno. Quando ci si abitua alla felicità si è felici e la felicità è contagiosa. La filosofia del movimento parte dalla constatazione che l’umanità ha trascorso l’ultimo mezzo secolo concentrandosi sulla crescita economica, e guardate un po’ con che risultato? Serge Latuoche, economista e filosofo francese, è il principale fautore invece della decrescita felice. Egli critica il concetto di “sviluppo sostenibile” che fa credere che il benessere dei popoli dipenda dalla crescita economica. I maggior problemi sociali ed ambientali sono dovuti alla crescita e a ciò che ha comportato. E’ necessaria dunque una strategia di decrescita incentrata sulla sobrietà, sul senso del limite, sulla tutela dell’ambiente e sulla partecipazione di tutti i cittadini alla vita sociale e non solo di pochi “paperoni”.La felicità presuppone ottimismo. L’ottimismo porta  con se l’idea che in un futuro prossimo le cose possano andare meglio, e che le nostre azioni possano avere conseguenze positive, e che l’atteggiamento sia quello di poter sempre perfezionare e tendere al meglio e non guardare verso il meno peggio e galleggiare sino allo sfinimento.

Scriveva Adorno, filosofo e musicologo tedesco, “ la felicità è come la verità: non la si ha, ci si è ”. Per questo nessuno che sia felice può sapere di esserlo. Per vedere la felicità, ne dovrebbe uscire. “L’unico rapporto fra coscienza e felicità è la gratitudine.” Ed è qui che si apre il sipario. ESSERE GRATI

La gratitudine, sentimento per eccellenza, è un’emozione positiva, richiede consapevolezza e impegno, non solo dobbiamo sentirla, ma esprimerla. Apre la nostra mente. Grazie ad essa diventiamo consapevoli delle meraviglie delle cose più piccole e la gratitudine ispira felicità. L’etimologia della parola è latina: gratia che significa favore, ed è al favore e al dono che si associa questa emozione positiva, sia esso un regalo, una poesia o un semplice atto di cortesia.Riconoscere l'importanza di ciò che si ha, esprimendo sentimenti di gratitudine e manifestando gentilezza verso gli altri, rende la vita più facile e aumenta le probabilità di successo nei diversi campi. Non è una novità, ma ogni tanto è bene ricordarlo. Gratifichiamoci colleghi, anche tra di noi.
La gratitudine è un sentimento che nobilita chi la prova e arricchisce il donatore. Noi donatori d’assistenza e si spera di sorrisi, siamo soddisfatti se i pazienti provano gratitudine perché è un sentimento di profonda riconoscenza che porta ad uno stato di benessere. E’ un interscambio pazienti/infermieri che porta ad un arricchimento per entrambi, allo sviluppo di quella solidarietà sociale e al sostegno degli altri che tanto manca in quest’epoca troppo liquida, bulimica e compulsava, del tutto e del niente, in questo presente inconcluso e sospeso. Gli infermieri sopperiscono a mancanze d’ogni  genere, lavoratori instancabili, a volte sopportano anche malumori di persone a dir poco maleducate, utenti ma anche operatori che non fanno nessuna distinzione tra vita privata e vita professionale e portano a lavoro scontentezze e insoddisfazioni che scaraventano addosso ad altri. Gli infermieri sono forti anelli di congiunzione che sostengono la sanità ed interi ospedali, compatti, devoti sino all’ultimo minuto, sempre in trincea e in prima linea.Sto esagerando? Qualcuno dirà: tu sei di parte. Allora continuo.
Anche se nessuno ce lo viene a dire siamo indispensabili motrici nell’andamento delle singole Unità Operative, quelli che lavorano duro e non se ne vantano perché è insito nella personalità degli infermieri donare senza ricevere nulla in cambio, tranne lo stipendio, ovviamente. E così mi sono auto-promossa a “professor d’ogni cosa” tra le corsie. Ed ora tutto torna!Facciamo dunque tesoro di tutta la gratitudine che i pazienti ci regalano, nessuno mai ci dirà che siamo bravi, tuteliamola nella banca anti-burnout e preleviamola con parsimonia per tutto il tempo lavorativo sino alla pensione, semmai ce la daranno.Permettetemi infine di esprimere tutta la gratitudine nei confronti dei colleghi dell’UTIC. Una solidarietà di fondo ci lega,  con rispetto e dignità partecipiamo alle nostre vite che viaggiano parallele. Con professionalità, leggerezza, ironia, sorrisi, felicità e gratitudine per quello che siamo, offriamo assistenza alle persone che hanno bisogno di noi. E noi siamo grati alla loro e nostra gratitudine. Se non fosse del tutto chiaro: INFERMIERI= NUMERI PRIMI     
 SORRIDETE!
   maria cappello

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