Magazine Opinioni

La Political Isolation Law: un autogol per la Libia?

Creato il 23 maggio 2013 da Bloglobal @bloglobal_opi
Print Friendly Version of this pagePrint Get a PDF version of this webpagePDF

di Marta Ciranda

libia-isolation-law
I Libici, si sa, adorano il calcio: e ammirano in particolare quello nostrano. I caroselli di auto abbondano, a Tripoli, per festeggiare l’ultimo successo dell’una o dell’altra squadra, in questo o in quel campionato. Nelle scorse settimane, però, il paesaggio urbano si è un po’ modificato: niente automobili in festa, ma pick up – a bordo giovani thuwwar, spesso armati di fucile – ad assediare i Ministeri. Si trattava, in ogni caso, di un’importantissima partita: in palio, il futuro non di una squadra, ma di una nazione intera. Una partita che – col senno di poi – appare più zeppa che mai di autogol.

Un obiettivo nobile… - Perché tanto movimento per le strade? Perché tante armi in giro, perché tanta tensione? I “rivoluzionari” – ma chi può dire chi di loro ha combattuto davvero e chi si è, solo in seguito, gettato nella mischia? – sono scesi per le strade, sotto i luoghi del potere, a chiedere una sola cosa: l’approvazione della tanto discussa, tanto criticata, e da loro, forse, idealizzata Political Isolation Law, da parte del GNC – General National Congress.

Almeno in teoria, l’obiettivo della Political Isolation Law – approvata, infine, a grandissima maggioranza, il 5 maggio – è più che nobile: creare una Libia nuova, libera davvero da ogni legame con un passato scomodo, allontanando dalle cariche pubbliche presenti e future tutti coloro i quali abbiano avuto incarichi nel corso dei quarant’anni di regime del Colonnello Gheddafi, o che, pur non avendone rivestiti, si siano macchiati di crimini di corruzione o contro i diritti umani.

La lista di coloro i quali devono essere “isolati”, contenuta nel testo di legge, è impressionante: ben ventidue i commi che la compongono. Ovviamente, nessuno spazio nella “nuova Libia” ai più stretti collaboratori del Ra’is; ma nessuno spazio nemmeno a rappresentanti locali, diplomatici, membri di board di aziende collegate alla famiglia Gheddafi. Nessun futuro nemmeno per gli ex Rettori universitari, per gli ex membri di comitati scientifici collegati al passato regime, per i Capi Dipartimento degli enti di sicurezza, per coloro i quali abbiano mostrato di avere posizioni ostili verso la “Rivoluzione del 17 febbraio”… e l’elenco potrebbe continuare ancora per molto.

…Per un risultato pericoloso - Il modo in cui la Political Isolation Law troverà – se ne troverà davvero – attuazione è ancora tutto da vedere. Secondo fonti di stampa, solo i primi di giugno, infatti, dovrebbe vedere la luce un comitato ad hoc – la “Commissione suprema per l’applicazione degli standard richiesti per gli incarichi pubblici” – che, secondo quanto previsto dalla legge stessa, avrà il compito di analizzare i singoli casi, verificando la possibilità o meno, per ciascuno, di assumere un incarico. Un lavoro evidentemente immane: non solo per la quantità di casi specifici da analizzare – basti pensare al numero di cariche pubbliche esistenti durante il regime, data la ramificazione estrema della Jamahiriyya, organizzata piramidalmente, e data la pervasività del settore pubblico in un regime di stampo pseudo-socialista – ma anche, e soprattutto, per la discrezionalità di cui, inevitabilmente, disporranno i membri di commissione, data la vaghezza, celata dietro l’apparente minuzia di dettagli, della legge.

Il rischio reale, poi, è che la Libia perda, nel suo slancio “purificatore”, le competenze che finora l’hanno sostenuta, nonostante tutto. Non si tratta tanto dei personaggi più simbolici, più legati alla figura di Mu’ammar Gheddafi, di quelli che, talvolta, si sono davvero macchiati di crimini orrendi – di cui l’opinione pubblica vuole giustamente fare a meno – e nemmeno, forse, di coloro i quali hanno rivestito incarichi politici. Si tratta, piuttosto, dell’ossatura amministrativa e culturale – capi dipartimento, funzionari ministeriali di alto livello, rettori, esponenti di aziende di Stato, ricercatori, studiosi – della Libia. Della vecchia come della nuova: e della nuova, in un momento in cui molto è da ricostruire. Si tratta di competenze – chissà, magari da migliorare, da innovare; ma pur sempre delle uniche, o quasi, competenze che il Paese abbia a disposizione in questo momento difficile. Insomma, invece di una forse più ragionevole riconciliazione, la Libia pare abbia scelto la strada di una definitiva, certo non indolore, rottura con il passato.

Le prime vittime - Pur non essendo ancora pienamente operativa, la Political Isolation Law potrebbe fare a breve le sue prime vittime. Mahmud Jibril, ex capo del CNT (Consiglio Nazionale di Transizione libico), oggi leader dell’Alleanza delle Forze Nazionali ed, effettivamente, collaboratore di Gheddafi fino a pochi mesi prima della rivoluzione, è indicato da alcuni come il primo destinatario della legge, sebbene resti – almeno al momento – ancora al suo posto.

Si vociferano, poi, dimissioni a brevissimo per Muhammad Magarief, Presidente del GNC: Ambasciatore della Jamahiriyya in India, prima di passare all’opposizione, e all’esilio, nei primi anni Ottanta, potrebbe pagare con l’isolamento politico una scelta di gioventù. Il suo caso è emblematico: un uomo che ha fatto della lotta al regime del Ra’is il suo cavallo di battaglia, e che ha pagato, per questo, con l’allontanamento dal suo Paese, potrebbe – e a norma di legge! – esser costretto a pagare una seconda volta.

Già dimissionario, infine, il titolare del Dicastero degli Interni del Governo Zeidan, Ashur Shuwail, ex ufficiale, che ha lasciato all’indomani dell’approvazione della legge, e che è già stato sostituito.

Il rischio di una sconfitta - Se davvero la legge diverrà pienamente operativa, e se non verranno apportate modifiche sostanziali, il rischio è che a perdere davvero la partita non sia questo o quell’esponente politico, ma la Libia intera – e il suo futuro.

Certamente, l’approvazione della legge è un fatto altamente simbolico e positivo è il messaggio di cambiamento che vuole lanciare. Ma il cambiamento ha bisogno di basi su cui poggiare; il rinnovamento, di competenze che lo sostengano: il futuro di un Paese, purtroppo, non può essere il risultato di un’improvvisazione, per quanto appassionata.

Chissà che la Libia non se ne renda conto e non riesca, al novantesimo minuto, a regalarci una splendida rimonta.

* Marta Ciranda è Dottoressa in Cooperazione internazionale e tutela dei diritti umani nel Mediterraneo e in Eurasia (Università di Bologna)

Share on Tumblr

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :