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La scienza non spiega tutto, se anche “Nature” se ne accorge….

Creato il 10 ottobre 2012 da Uccronline

La scienza non spiega tutto, se anche “Nature” se ne accorge….
 

di Alessandro Giuliani*
*biostatistico e primo ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità

L’articolo apparso su Discovery Magazine dal titolo ‘I limiti della Scienza – (e degli scienziati)’ è un po’ surreale ma decisamente interessante. L’interesse scaturisce in larga misura dall’altezza del pulpito da cui proviene (l’autore è niente di meno che l’editore principale della versione on-line di Nature), il suo carattere surreale dalla sconcertante ingenuità (e quasi totale assenza di buon senso e discernimento) degli agonisti del dibattito stesso ma, a onor del vero, non dell’autore del pezzo, Ananyo Bhattacharya che ci fornisce delle considerazioni un pochino ovvie ma che, in uno sfondo di totale mancanza di buon senso, assurgono al rango di verità filosofiche profondissime.

Se andiamo con ordine forse dall’analisi di questo pezzo trarremo degli insegnamenti (io almeno ne ho tratti) ed anche dei motivi di soddisfazione per il livello del dibattito che si svolge sul nostro sito. Allora, l’autore commenta sconcertato la veemente reazione che si è sollevata contro un povero commentatore scientifico (Daniel Sarewitz) che ha osato affermare che su argomenti esoterici come il bosone di Higgs la scienza richiede di essere creduta ‘per fede cieca’ dai non esperti, in ciò non differendo da un credo religioso, il nostro aggiunge che questi pensamenti gli sono stati suggeriti da una visita ai templi di Angkor Vat in Cambogia dove ha compreso che la religione ha, tutto sommato, una sua funzione. Sorvoliamo su dei particolari quanto meno sconcertanti, il cognome del nostro è ‘Sarewitz’ , un cognome europeo di probabile origine ebraica, è vero che lo Spirito soffia dove vuole, ma dover arrivare fino in Cambogia per capire che non tutto è scienza senza mai essersi chiesti a cosa servissero campanili, cupole, sinagoghe, e cosa facessero uomini e donne vestiti con strani sai e tonache (o anche semplicemente gruppi di umani all’uscita da Messa), mi fa un po’ bizzarro, insomma uno che si chiama Daniel Sarewitz ne avrà sicuramente parlato e visto nella sua vita…

D’altro canto sogghigno dentro di me al pensiero che già nel XIII secolo S.Tommaso d’Aquino sentenziasse ‘In fide est assensus et cogitatio ex aequo’ , insomma non è pura irrazionalità la fede anzi, proprio le cattedrali di cui parlavamo poc’anzi avrebbero dovuto far venire qualche dubbio a Daniel sulla ‘fede cieca’. Vabbè dai non esageriamo, forse noi chiediamo troppo e siamo decisamente troppo colti e raffinati, magari dalle parti della scienza anglosassone (che bello però sentire le assonanze indiane dell’autore dell’articolo, che veramente l’invasione delle Università britanniche da parte di persone che hanno sempre visto il sacro come una presenza quotidiana sia prodromo di un rinsavimento generale?), questo è stato visto come una specie di sacrilegio, e giù critiche al povero Sarewitz colpevole di blasfemia antiscientifica (ed anche ad Ananyo Bhattacharya sono arrivati migliaia di messaggi pieni di livore). Nel suo pezzo comunque Ananyo si stupisce (o finge di stupirsi) per questo e ci dà un saggio di cultura filosofica citando il fatto che Ludwig Wittgenstein molto tempo fa aveva già capito la sostanziale idiozia di pensare che la scienza esaurisse tutto lo spettro delle attività conoscitive umane e che alle riunioni di quei saccenti del circolo neopositivista di Vienna ostentasse una netta separazione dal resto dei congregati fischiettando e recitando ad alta voce Tagore. Ananyo ci fa perfidamente notare come  tutti questi cervelloni in circolo non abbiano mai inventato niente di rilevante e chiude con la notazione che non è che se anche uno sapesse tutto del profilo di risonanza magnetica funzionale del suo cervello poi capirebbe tutto della sua vita e di come comportarsi . Questo, a grandi linee, il pezzo.

Ora, anche se uno non è credente, non dovrebbe avere alcuna difficoltà, se solo un briciolo onesto, a guardare indietro alla sua vita e scoprire che la grandissima parte delle cose rilevanti che ha appreso non le ha imparate dai libri di scienze ma dai genitori, dalla prima fidanzatina, dagli amici, e perché no, forse anche da un prete al catechismo e dal primo da cui ha preso un po’ di botte o con cui la sua ragazza lo ha tradito. La possibilità che tutto questo insieme di insegnamenti non sia altro che una ‘brutta copia’ di qualcosa che si può (almeno in linea tendenziale) ridurre a un teorema non può essere definitivamente esclusa (quasi niente può essere definitivamente escluso) ma fa parte della classe di affermazioni del genere ‘sono la vittima di un complotto internazionale come è evidente dal fatto che tutti lo neghino’ che, se troppo reiterate, spesso portano al TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio).

Allora perché tanta gazzarra? Coda di paglia? Insomma è chiaro che solo una percentuale minima (direi, a star largo, sotto 1 su 100000) degli abitanti del pianeta abbia gli strumenti per argomentare su temi come il bosone di Higgs e quindi (posto che la cosa sia per qualcuno di grande interesse) per definizione ci deve credere, questo d’altronde, a ben vedere, è vero per quasi tutte le affermazioni (con la curiosa esclusione di quelle più importanti, ma non divaghiamo..), insomma quanto a me, che non ci sono mai stato, potrei anche pensare che l’esistenza di Biella sia assolutamente fantomatica e frutto di un oscuro complotto di chi vuol farmi passare una visione distorta delle geografia della mia nazione. Il punto dolente ce lo svela il tenore degli interventi critici che più o meno sono del genere ‘Non bisogna avere fede nella scienza ma negli scienziati’, il che se ci si pensa un attimo è abbastanza paradossale da essere rimarcato, in quanto implica la possibile esistenza di una scienza disincarnata che possa esistere senza gli scienziati, ma è davvero così ? Qui arriviamo al nucleo caldo della deviazione del pensiero che ci ha portato all’odierna difficoltà di capirci veramente.

La grande differenza tra la fede cristiana e altre religioni è che noi cristiani adoriamo un Dio che si è fatto persona, uno di noi insomma, quindi non è che amiamo un’idea o un concetto, noi amiamo una persona. I fondamenti della fede sono quindi legati strettamente alla fiducia che nutriamo verso alcuni nostri simili, come mirabilmente sintetizzava Pascal ‘tendo a credere alla verità espressa da persone che sono disposte a farsi uccidere per essa’ , per questo la dicotomia tra scienza e scienziati ci appare paradossale, ma le cose non stanno così per un mondo dove l’idealismo (l’esistenza cioè di idee indipendenti dalle persone che le pensano) ha preso piede. Se capiamo bene questo punto, il resto arriva facile facile: è chiaro che non ha alcun senso pretendere che i ‘concetti scientifici siano immediatamente coerenti con la lettera della Bibbia’ (questo lo lasciamo fare agli eretici) ma è altrettanto chiaro che, siccome la scienza (così come il calcio, la gastronomia, la musica, l’agricoltura..) è un’attività umana essa porterà in sé TUTTO CIO’ CHE E’ UMANO e quando dico tutto, dico tutto, nessuna cosa esclusa.

Venerdì scorso ho passato una gran bella giornata con i miei cari amici con cui collaboro da qualche anno su una linea di ricerca che ha per obiettivo la costruzione di un formalismo simile alle formule di struttura della chimica organica per le proteine, in cui ha un ruolo preminente la considerazione delle strutture tridimensionali delle macromolecole come reti di contatto tra elementi (aminoacidi) adiacenti. Questo lavoro ci sta offrendo delle belle soddisfazioni ma soprattutto ci sta facendo approfondire la nostra amicizia reciproca, mi sono trovato a considerare come un certo modo di porre i problemi fosse ad esempio molto tipico di Paola e fosse molto consono al suo sguardo leggero (tipicamente romano) sul mondo, oppure di come Luisa riuscisse ad arrivare al nocciolo della situazione grazie alla sua capacità di fare ordine e di ascoltare attentamente tutti, di come Daniele riuscisse a trovare subito i difetti di un ragionamento apparentemente impeccabile … Insomma di come ciascuno, così come accade in un gruppo veramente affiatato, riuscisse ad amalgamare il suo unico e personalissimo modo di essere in qualcosa di diverso e di più grande. Mi immagino che lo stesso accada per una squadra di calcio o per un’orchestra, il bello del lavoro scientifico è che queste esperienze possono essere protratte fino ad età abbastanza avanzate e che la società ancora riesce a mettere da parte dei denari per pagare i nostri stipendi liberando tempo ed energie da utilizzare senza pensieri in questo gioco meravigliosamente divertente e appagante. E’ chiaro che, essendo un’esperienza così totale, se uno è credente (cioè innamorato) si trovi a pensare all’oggetto del suo amore, così come può succedere a un pescatore credente che guardi un tramonto sul mare o a un contadino che osservi nascere le sue pianticelle. Come giustamente fece notare don Giussani, il senso religioso non è altro che il senso di un’unità fondamentale di tutte le cose’, essere religiosi vuol dire  prendere sul serio ‘il tutto’.

Detto questo direi che non abbiamo molto altro da aggiungere, e dare una scorsa ai messaggi di risposta al pezzo di Ananyo mi ha fatto rimanere perplesso e un po’ triste, c’è ad esempio chi dice ‘certo la poesia è importante, ma che c’entra con la scienza..’ (la poesia??). La tristezza e il disappunto mi derivano anche dalla considerazione che quelli che pretendono che la scienza elimini ogni dubbio ed ogni angoscia rendendo inutile ogni altro tipo di sapienza umana sono magari gli stessi che montano su tutte le furie quando la figlia adolescente esce di casa in una tenuta da bordello di New Orleans e non li saluta neanche (ma non dicevi che tutto ha una motivazione scientifica? Ma non li hai letti i lavori sugli squilibri ormonali dell’adolescenza e la loro ragione evolutiva?) oppure quando trovano la macchina abbozzata o il volo aereo gli viene cancellato..

Ecco, ognuno la pensa come vuole ovviamente, ma perché abbracciare un modo di pensiero che vale solo in ambito limitato (una porzione dell’orario di lavoro, la scrittura di un saggio scientifico o di una mail in un blog) invece di cercare qualcosa che sia applicabile (e che quindi offra delle buone dritte) anche a tavola, a letto, allo stadio, in macchina e al mare? Se solo considerassimo rilevante per la scienza tutto lo spettro di ciò che è umano forse ci risparmieremmo molti fraintendimenti e, chissà, vivremmo molto meglio. Ma che l’editore capo di Nature on-line accenni a questo discorso è già un buon inizio…..


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