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“La selva oscura” di Francesco Fioretti: il viaggio all’inferno di Dante rivisitato in chiave moderna

Creato il 17 febbraio 2015 da Alessiamocci

“Virgilio sembrava suggerirgli che era quello il suo destino: ritrovare il bene dopo avere attraversato tutto il male, arrivare al Paradiso passando per l’Inferno. Forse il dolore che aveva provato non era stato vano. Forse, in quell’epoca di smarrimento collettivo, il suo compito consisteva proprio nel raccontare il viaggio…”.

È uscito il 5 febbraio 2015, nelle librerie italiane, l’ultimo romanzo di Francesco Fioretti “La selva oscura”. Lo scrittore è nato nel 1960 a Lanciano, in Abruzzo, ed è ricercatore dantesco presso l’Università di Einchstatt in Germania. L’opera è edita da Rizzoli e riporta il sottotitolo “Il grande romanzo dell’Inferno”.

Nella postfazione, l’autore stesso definisce questo scritto come un “remake dell’Inferno”, una rivisitazione in prosa, e quindi in chiave moderna, di quello che fu il viaggio allegorico di Dante nel regno del peccato.

Studi scolastici ci hanno abituato ad un linguaggio ostico, poiché la “Divina Commedia” di Dante Alighieri è stata scritta in terzine di endecasillabi in lingua volgare fiorentina, che vanno ad aggiungere ulteriori difficoltà a quella che è una struttura narrativa già di per sé molto articolata. Mentre Dante parlava in prima persona, qui l’io narrante è un uomo di oggi, che si esprime con termini ed epiteti moderni, portando contemporaneità ed ironia alla trama.

A scuola c’è sempre poco tempo e, per appassionare gli studenti al Poema, solitamente si curano molto i primi canti e quelli finali. Mentre siamo tutti consapevoli che, circa all’età di 33 o 35 anni, Dante si sia “perso” in una selva oscura e che ad un certo punto, dopo mille peripezie e aver raggiunto il cuore dell’inferno, lui e la sua guida Virgilio siano usciti “a riveder le stelle”, dobbiamo confessare un po’ tutti che manca la successione cronologica della parte centrale.

Cosa succede esattamente nel mezzo del Poema? Quali sono i personaggi che qui compaiono? Deve avere pensato questo, Fioretti, quando ha concepito il suo romanzo, ovvero di dare la possibilità al lettore non specialista di leggere la prima cantica del poema dantesco, come fosse un romanzo di oggi. Una “traduzione”, se vogliamo, giunta a sette secoli di distanza, che ha mantenuto finché possibile le parole di Dante, così come avviene per i lettori stranieri che leggono i grandi classici nella loro lingua originale.

Rivisto alla luce dei nostri giorni, si tratta di un “grande atlante di psicologia”, in cui vi sono già delle anticipazioni della psicologia contemporanea. Una cosa che mi ha colpito molto, è che Fioretti tratta l’accidia come una forma di depressione. Se ci pensiamo è vero. L’uomo che per Dante era immobile e non prendeva posizione, altro non era che un essere che per qualche motivo  era caduto in uno stato di depressione, avendo perduto ogni interesse per il mondo circostante. Se solo si fosse saputo allora, ci sarebbero state semplicemente delle persona malate, da curare, e non dei sordidi peccatori.

Il sistema morale del poema è stato quasi interamente rispettato, tranne in due eccezioni: ai sodomiti si avvicendano i responsabili di gravi disastri ambientali, e al posto di Maometto, quale seminatore di scismi, compare un integralista di religione incerta. Questo perché il nostro tempo tratta le condizioni dell’anima con atteggiamento diverso rispetto a quello di Dante.

Dopo avere smarrito quella che viene chiamata “la speranza dell’altezza”, Dante scende all’inferno con la sua guida Virgilio di balza in balza, per conoscere il male fino in fondo. Naturalmente rimane l’idea che l’eterno presente sia solo quello dell’aldilà, concetto che rende Dante attuale. E poi, al tempo stesso, idea un po’ superata, che si possano compiere tutti i peccati del mondo, nella vita, ma sia solo uno quello che porta alla dannazione. Un girone dell’Inferno è sempre lì a fissare il luogo in cui si viene relegati.

Dante incarna la figura dell’eroe moderno, qui portato da Fioretti ad una condizione più umana e meno da “divo”, se mi concedete il termine. È un uomo che ha paura di quello che vede, si commuove, vorrebbe più volte fuggire ed ha bisogno quindi di essere condotto letteralmente per mano, se non addirittura in braccio, dal suo mentore.

“La selva oscura” di Francesco Fioretti è un romanzo molto ben curato, anche dal punto di vista dell’edizione, totalmente esente da refusi o problemi di forma. Un’opera dal grande potere didattico e propedeutico, in cui è racchiusa e compendiata in lingua moderna l’essenza della prima cantica della Divina Commedia, l’Inferno.

Speriamo di poter leggere al più presto anche le altre due cantiche, Purgatorio e Paradiso, che sicuramente saranno già in fase di stesura. Sarebbe bello se potessero essere altrettanto appassionanti.

 

Written by Cristina Biolcati

 


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