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La situazione del rugby in Italia

Da Superale @superale76
La situazione del rugby in ItaliaMancano pochi giorni all'inizio del Sei Nazioni 2012 e provo a tastare un po' il polso del nostro movimento rugbystico per cercare di delineare i presupposti con cui la nostra nazionale si avvicina all'appuntamento col torneo più prestigioso in Europa.
Capitolo franchigie celtiche
Benetton e Aironi dovrebbero essere la punta di diamante di un movimento ancorato su basi solide, in realtà sono due realtà ad anni luce dal resto, per di più i risultati di Treviso sono incoraggianti mentre quelli degli Aironi, soprattutto in Heineken Cup, sono a dir poco deludenti.
Aggiungiamo anche i ben noti bisticci tra Benetton e Federazione e quella che si delinea all'orizzonte è una situazione che invece di fungere da volano si trasforma in un pantano in cui si arena l'elite del nostro rugby.
Capitolo squadre di eccellenza
E' indubbio che il confrontarsi con squadre di alto livello non può che far bene però i risultati di Amlin Challenge Cup sono devastanti per il morale: 1036 punti subiti in 24 partite, 43.16 a partita, a fronte di 199 fatti, 8.39 a match, 1 punto ottenuto in classifica dalle nostre 4 squadre.
Ho assistito a Petrarca, campione d'Italia in carica, contro Toulon e la cosa che più è balzata agli occhi è che il Petrarca, pur non commettendo grossi errori, ha subito 50 punti in totale scioltezza da una squadra, quella francese, che ha palesato una superiorità disarmante. Ora si può dire che Francesi e Inglesi siano ad un altro livello, ma resta il fatto che i Crociati hanno perso due match anche con Bucarest e Prato ha perso ambo i match con Newport.
Conclusione
Sono state create le franchigie celtiche, sono state create le accademie ma ho l'impressione che anziché creare un buon amalgama per gettare delle fondamenta solide si sia pensato alla facciata o ci si preoccupi che il tetto sia impermeabile.
La base è la linfa del movimento, il resto poi viene da se; ho avuto l'opportunità di arbitrare i ragazzi dai 14 ai 18 anni qui nel Triveneto e la cosa che mi ha lasciato più perplesso è che c'erano tanti giovani di talento con il delirio di onnipotenza inculcatogli da allenatori che invece di pensare ad allenare, troppo spesso, scaricavano sull'arbitro le colpe dei loro insuccessi. Ecco che quindi che se c'è la giustificazione il talento si adagia, non cura i fondamentali e quando ha 18 anni è troppo tardi e pensa più alla giocata ad effetto piuttosto che al passaggio semplice.
Badate bene è un discorso generale che non vuol fare di tutta l'erba un fascio, però l'ho riscontrato un po' ovunque sia andato, anche in società blasonate, quelle cioè che dovrebbero essere il motore pulsante del movimento.
Chiudo dicendo che si può cambiare allenatore ogni 2-3-4 anni e possiamo anche vincere qualche partita di prestigio ma siamo molto lontani dal raggiungere quella continuità che può essere conseguita solo quando si presterà la dovuta attenzione a curare la base del movimento

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