Magazine Cinema

la talpa

Creato il 29 gennaio 2012 da Albertogallo

TINKER TAILOR SOLDIER SPY (Uk-Francia-Germania 2011)

locandina la talpa

“Aaah, i cari vecchi film di spionaggio ambientati durante la guerra fredda…”, scrisse il recensore con aria sognante, guardando l’orizzonte. “Non ci ho mai capito una mazza”, concluse, tornando alla cruda realtà. Eh sì, devo dire che questi film pieni di nomi, nomi in codice, soprannomi, tradimenti, sotterfugi e mentite spoglie non sono proprio il mio forte. Mi distraggo, c’è poco da fare, perdo il filo e dopo un’ora di proiezione comincio a guardare l’orologio chiedendomi quanto manchi alla fine della pellicola (in questo caso tantissimo: 127 minuti di cui almeno 27 superflui).

Con ciò non voglio dire che La talpa (titolo italiano sciatto come non mai) sia un brutto film. Fa strano pensare, piuttosto, che il regista di un’opera così classicamente elegante, compassata e sotto le righe, lo svedese Tomas Alfredson, sia lo stesso che nel 2008 fece gridare al miracolo con uno degli horror (se così possiamo definirlo) più originali e amati del XXI secolo, Lasciami entrare. Ok, per fortuna non c’è stata una caduta di stile paragonabile a quella di Florian Henckel von Donnersmarck*, che è riuscito a passare dal capolavoro (Le vite degli altri) alla schifezza pietosa (The tourist) nel giro di un solo film, ma la differenza – non tanto qualitativa quanto piuttosto di stile e ambizioni – tra l’opera prima e seconda di Alfredson è lampante.

La trama, avrete capito, non sono in grado di riportarvela in maniera particolarmente dettagliata, ma posso dirvi che siamo in Inghilterra, nel 1973, e tutto ruota intorno alla presunta presenza di un traditore tra alcuni membri del servizio segreto di Sua Maestà. Pregi del film: l’ottimo cast, ricco di nomi di spicco del panorama cinematografico britannico (Gary Oldman, Colin Firth, il già Sherlock Holmes Benedict Cumberbatch, l’immancabile Stephen Graham, ormai il Pierfrancesco Favino inglese quanto a presenzialismo), e la malinconica eleganza di fondo, capace di trasformare una spy story non troppo originale in una dolente riflessione sulla morte delle speranze, sulla vecchiaia, sulla disillusione. Difetti: troppo lungo, a tratti confuso, talvolta noiosetto. Una pellicola sopravvalutata, in definitiva, sebbene la nomination all’Oscar per un Gary Oldman mai così vecchio e triste, che giganteggia dalla prima all’ultima scena, ci stia tutta.

Alberto Gallo

* Tanto per rimanere nell’Europa del Nord.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines