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La vera storia del Necronomicon, il libro maledetto di H.P. Lovecraft

Creato il 21 dicembre 2014 da Justnewsitpietro

La vera storia del Necronomicon, il libro maledetto di H.P. Lovecraft
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La notte s’apre sull’orlo dell’abisso.

Le porte dell’Inferno sono chiuse:

A tuo rischio le tenti.

Al tuo richiamo

Si desterà qualcosa per risponderti.

Questo regalo lascio all’umanità:

Ecco le chiavi.

Cerca le serrature; sii soddisfatto.

Ma ascolta ciò che dice Abdul Alhazred:

Per primo io le ho trovate: e sono matto

By Shubi(Shubi) (Self-made just for fun.) [Public domain], via Wikimedia Commons

By Shubi(Shubi) (Self-made just for fun.) [Public domain], via Wikimedia Commons

Così si apre la prefazione al Necronomicon, la più grande invenzione letteraria di Howard Phillips Lovecraft. Il solitario di Providence, uno dei padri della narrativa fantastica insieme a Edgar Allan Poe, è noto soprattutto per i racconti che costituiscono il cosiddetto “ciclo di Cthulhu”, incentrati sull’adorazione dei Grandi Antichi, semi-divinità aliene che dominerebbero la Terra da ere di gran lunga precedenti alla comparsa dell’uomo. E il Necronomicon, il «Libro delle leggi che governano i morti», è lo strumento per richiamare queste creature terribili dalle viscere della Terra. Si tratta di un libro maledetto, scritto con il sangue e rilegato in pelle umana. Chi lo legge è perduto. Ed è proprio sul Necronomicon e sulla sua mitologia che Lovecraft ha costruito parte della propria fortuna, purtroppo solamente postuma.

Secondo Lovecraft, l’autore del Necronomicon sarebbe stato l’arabo pazzo Abdul Alhazred, derivazione probabile dell’inglese “all has read”. Lo stesso Lovecraft, in una lettera a Robert E. Howard del 1932, ammette che questo può essere considerato il suo pseudonimo:

Quanti sogni mi ha suscitato Le Mille e una Notte! Ed io lo so bene, perché all’età di 5 anni ero anch’io un arabo! Non avevo ancora scoperto la mitologia greco-romana, ma per me l’edizione di Lang delle Mille e una Notte divenne un portale verso scintillanti panorami di meraviglia e libertà. Fu allora che inventai il mio soprannome Abdul Alhazred, e costrinsi mia madre a portarmi in tutti i negozietti di curiosità orientali a portata di mano ed allestire un angolo arabo nella mia cameretta.

LovecraftLovecraft, insomma, immerso nella lettura del classico arabo, sognava di lasciare la cupa Providence per viaggiare nei deserti misteriosi dell’Oriente. Proprio nel deserto, sempre a livello fittizio, avrebbe vissuto Abdul Alhazred: dieci anni in solitudine, «nel grande deserto dell’Arabia meridionale […], e Dahna, o “Deserto Cremisi” dei moderni, ritenuto dimora di spiriti maligni e mostri mortiferi. Di questo deserto coloro che pretendono di averlo attraversato, narrano molte strane ed incredibili meraviglie.»

Ma il Necronomicon, o “Al Azif”, fu scritto a Damasco, dove l’arabo pazzo avrebbe vissuto i suoi ultimi anni. E fu proprio nell’Al Azif che per la prima volta si nominarono due divinità sconosciute come Cthulhu e Yog. Successivamente alla morte di Abdul Alhazred, il libro sarebbe stato tradotto in greco da Teodoro Fileta, che l’avrebbe intitolato Necronomicon.

Sempre nella storia editoriale (fittizia) del libro maledetto, Lovecraft accenna poi ad altre traduzioni, come quella in latino del danese Olaus Wormius nel Medioevo o quella inglese del mago elisabettiano John Dee.

Si trattava di dati inventati, come Lovecraft ha detto in più di una lettera, ma ormai aver parlato del Necronomicon in maniera così dettagliata aveva suscitato la fantasia di molti appassionati di occultismo, tanto da creare appositi falsi del libro maledetto, spacciandoli per reali.

Nel 1968, Sprague de Camp, il più importante biografo di Lovecraft nonché autore di romanzi fantasy e scii-fii, acquistò a Baghdad un volume il cui titolo era stato tradotto dalla Direzione Generale delle Antichità Irachene: “Al Azif”. La lingua era un oscuro dialetto curdo conosciuto da pochi intimi in un villaggio dell’Iraq meridionale. Quando si decise a pubblicarlo, nella presentazione De Camp disse anche che tre filologi arabi erano scomparsi mentre leggevano quel misterioso volume.

necronomicon

Immagine: Pixabay

Anche Colin Wilson ha contribuito alla diffusione della mitologia del Necronomicon. Lo scrittore inglese era riuscito a risalire a un legame tra Winfield Lovecraft e la Massoneria Egizia fondata da Cagliostro, grazie alla quale il padre di Howard era venuto in possesso della traduzione inglese dell’Al Azif di John Dee. Secondo Wilson, il piccolo Lovecraft si sarebbe ritrovato tra le mani il testo maledetto e avrebbe costruito attorno a esso gran parte dei suoi racconti, fingendo di averlo inventato lui stesso.

Nel 1972 fu poi la volta di un certo Simon, che in un negozio di occultismo di Brooklyn mostrò al proprietario un manoscritto antico intitolato Necronomicon. Spacciato per vero, questo testo giunse alla Avon Press, che lo stampò e contribuì alla sua diffusione. Nel libro di Simon ci sono una serie di invocazioni e di formule magiche della mitologia sumera. Sono menzionati i lovecraftiani Cthulhu e Azathoth ma il resto non ha niente a che fare con la cosmogonia del solitario di Providence. Tra l’altro questo, in base al numero di pagine, non può essere il Necronomicon di Abdul Alhazred, visto che Lovecraft parla di un volume di oltre settecento pagine, mentre il libro di Simon pare molto più snello.

Ma l’inganno di Simon era evidente: il sumero del manoscritto era fasullo e pieno di incongruenze storiche. Questo fantomatico Simon sarebbe in realtà Peter Levenda, uno studioso di occultismo e nazismo esoterico, ben conscio delle potenzialità commerciali del Libro dei Morti.

Il paradosso, però, era che molti credevano a qualcosa che era palesemente finta, tant’è che Lovecraft scrisse:

Se la leggenda del Necronomicon continua a crescere in questo modo, la gente finirà per crederci davvero, ed accuserà me di falso per aver affermato di averlo inventato io!

La grande novità apportata al genere horror e alla fantascienza è stata riconosciuta a Lovecraft solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1937 per un cancro all’intestino. Tuttavia, è stato proprio da allora che la stella del solitario di Providence ha incominciato a brillare. Al di là dei tanti film ispirati ai suoi racconti e ai fumetti in cui ricompare la minacciosa figura di Cthulhu, anche il Necronomicon ha continuato a vivere.

necronomicon

By Dominique Signoret (http://signodom.club.fr/) [GFDL, CC-BY-SA-3.0 or CC BY-SA 2.5-2.0-1.0], via Wikimedia Commons

Nel cinema, per esempio, la sua apparizione più famosa, a parte l’omonimo film del 1993, avviene nella serie della Casa di Sam Raimi. Qui lo si chiama Necronomicon Ex Mortis, o soltanto Necronomicon, ma il riferimento a Lovecraft è evidente, nonostante qualche differenza, la prima delle quali sarebbe la datazione: per il solitario di Providence è l’ottavo secolo, mentre per Raimi risalirebbe addirittura agli antichi sumeri, che l’avrebbero intitolato “Naturom Demonto”, il libro dei morti. Le sue pagine contengono profezie, incantesimi funerari e passaggi per la resurrezione di un demone infernale che potrà impossessarsi dei vivi dopo la citazione delle formule, scacciato dal corpo solo con altre formule, sempre citate nel libro. La trilogia di Sam Raimi attribuisce, inoltre, al Necronomicon più una valenza demoniaca. Lovecraft si rifà invece a divinità pagane come Cthulhu.

Sprague de Camp, in un articolo intitolato I classici mai scritti, approfondì la natura degli pseudobiblion, vale a dire libri inventati come artificio narrativo, di cui il Necronomicon lovecraftiano non ne è che uno dei tanti esempi. Un espediente che, non a caso, è stato adottato da moltissimi altri scrittori: Douglas Adams (Guida galattica per gli autostoppisti); Umberto Eco con il Manoscritto di Adso da Melk (Il nome della rosa), che a sua volta parla di un altro libro mai scritto, il secondo della Poetica aristotelica; Carlos Ruiz Zafon con l’Ombra del vento, che nella finzione letteraria è stato scritto da Julián Carax; Jorge Luis Borges con Il libro di sabbia; J.R.R Tolkien con Il Libro Rosso dei Confini Occidentali di Bilbo Baggins; per non parlare poi, infine, nella miriade di libri di testo citati da J.K. Rowling nella saga di Harry Potter.

Nessuno di questi libri mai scritti ha però avuto la stessa fortuna del Necronomicon di Abdul Alhazred: sono libri inventati, punto e basta. La differenza l’ha fatta, probabilmente, l’inquietudine notevole che lo stesso Lovecraft provava quando, per esempio, in uno dei suoi racconti migliori, La città senza nome, nominava il libro maledetto:

Remota, nel deserto dell’Arabia, si stende la Città senza Nome, sgretolata e diruta, le basse mura seminascoste dalla sabbia di innumerevoli ere. Doveva essere così prima che fossero gettate le fondamenta di Menfi, e quando i mattoni di Babilonia ancora non erano cotti. Non esiste nessuna leggenda tanto antica da darle un nome, o da ricordarla viva. Ma se ne sussurra intorno ai fuochi degli accampamenti, e le vecchie ne mormorano nelle tende degli sceicchi, cosicché tutte le tribù la evitano senza sapere assolutamente perché. Fu di quella città che Abdul Alhazred, il poeta pazzo, sognò la notte prima di creare il suo inspiegabile distico:

Non è morto ciò che può vivere in eterno,

E in strani eoni anche la morte può morire.

By derivative version: Angelus (Lovecraftsig.jpg) [CC BY-SA 3.0 or GFDL], via Wikimedia Commons

By derivative version: Angelus (Lovecraftsig.jpg) [CC BY-SA 3.0 or GFDL], via Wikimedia Commons

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